La convivenza forzata tra due coniugi che si lanciano contro i piatti perché sarebbe troppo oneroso, in tempi di crisi, separarsi, è la metafora giusta per raccontare cosa sta accadendo in casa Milan. L'onnipotente Adriano Galliani, come ha giustamente detto Maldini, non molla la poltrona se non gli versano una cospicua buonauscita. E per una società che fatica a far quadrare i conti, concedere tale bonus vorrebbe dire bancarotta. La Delfina Barbara ha scoperto gli altarini: mercati fatti con la compiacenza dei procuratori, assenza di un programma lungimirante (nonostante la richiesta, in tal senso, da parte della proprietà), noncuranza sui report fatti dalla squadra degli osservatori (vedi il mancato acquisto di Stootman), riscatto di giocatori dal tasso tecnico pari a zero ( Constant, Zapata) a cifre folli, ingaggi ai parametri zero da suicidio. Nonostante ciò, L'Ad Galliani si permette di fare la voce grossa: il coltello dalla parte del manico ce l'ha lui. E Berlusconi lo sa. La squadra risente di questo dualismo, di due visioni di gestire il Milan agli antipodi. O Berlusconi prende in mano la situazione come nel 1986 e fa di testa sua, oppure si andrà inevitabilmente alla deriva.