Spesso viene detto che lo sport è una metafora della vita. Quella vita classista che spesso sembra dettare il destino delle persone classificandole in quelli nati sotto una buona stella, quelli primi della classe e tutti gli altri. I primi hanno la strada spianata per "diritto di nascita"; i secondi arriveranno sicuramente a ricoprire qualche carica importante; i terzi dovranno combattere, sebbene su di loro nessuno ci scommette più di tanto. Tra questi ultimi, però, ci sono degli individui incompresi; persone che, sebbene siano sognatrici, inconcludenti, disordinate... mescolano una sottile vena geniale, che nessuno ha saputo cogliere. Steve Jobs era uno di loro... la Roma un altro esempio. Dopo due anni strani e stravolti da alti e bassi in tutti i suoi contesti (dirigenza, mercato, guida tecnica), ha trovato finalmente consacrazione in un sogno concreto. Sfidare le prime della classe e/o quelle protette dalle buone stelle, e vincerle. Non è il trofeo a fare uno Steve Jobs (lui stesso fu cacciato dalla Apple), ma la consapevolezza di quello che si è e delle proprie potenzialità. Abbiamo affrontato la Juve a viso aperto e l'abbiamo dominata; la stessa Juve che, anche in campionato con tutti i titolari, aveva dovuto chiudersi non potendosela giocare "face to face": in quell'occasione qualcuno aveva parlato di tattica vincente di Conte, ma per me era più il coraggio della Roma, sempre e comunque di imporre il proprio gioco. Si è aperto un ciclo. Diamo atto a questa Roma di aver incarnato gli ideali di quello Steve Jobs che in un famoso discorso andava gridando: "Siate affamati. Siate folli". Forza Roma E.S.