RedBull, società dell’austriaco Dietrich Mateschitz, da sempre propone un'idea di business innovativa e fin dagli albori ha avuto la pretesa di allargare i propri orizzonti in campo sportivo sbarcando in primis nel mondo degli sport estremi, proseguendo con la Formula 1 e allargandosi fino al mondo del calcio. Nei suoi progetti calcistici si è rivelata estremamente metodica, ponendosi tappe e obiettivi praticamente sempre centrati. Tutto ebbe inizio nel 2005, con la decisione di acquistare la squadra dell'Austria Salisburgo stravolgendo nome, colori sociali e stemma e trasformandoli nel RedBull Salisburgo, club attualmente militante nella massima serie austriaca e novella qualificata alle fasi ad eliminazione diretta di Champions League. Nel 2006 poi, sbarca negli Stati Uniti per puntare sul valore commerciale della MLS acquistando i New York Metrostars i quali diventarono gli attuali New York Red Bull. Questa squadra non si rivelerà essere la punta di diamante del progetto di Mateschitz, ma svolgerà un ruolo fondamentale in chiave marketing, passando attraverso l'acquisto di giocatori simbolo come Thierry Henry, Rafa Marquez e Tim Cahill i quali non hanno portato a risultati sportivi degni di nota ma hanno attirato mercati importanti a livello globale. Nel 2007 si cambia modus operandi; viene infatti fondata da zero una squadra nella città di San Paolo, che verrà denominata RedBull Brazil, per inserirsi in uno dei mercati potenzialmente più proficui nel mondo del calcio, ovvero quello della valorizzazione dei giovani talenti scuola carioca. Questo fu un esperimento riuscito solo a metà; l’RB Brazil non è infatti mai riuscito a raggiungere la massima serie brasiliana ed è stato costretto a fondersi con un altro team della città di San Paolo ovvero il Bragantino. L’anno successivo, il 2008, ha visto quello che forse si è rivelato il fallimento più grande della campagna calcistica della multinazionale, il progetto africano del RedBull Ghana, fondato anch’esso da zero sulla falsa riga della società brasiliana per formare giovani giocatori e membri dello staff tecnico. L’esperimento non è però andato a buon fine, e il club ha dovuto chiudere i battenti nel 2014. Dopo il fallimento dell’anno precedente, nel 2009 arriva invece l’operazione centrale dell’azienda: l’acquisizione del Markranstadt, società tedesca di quinta divisione. A questa toccherà la stessa sorte delle precedenti; verrà quindi smantellata per arrivare alla fondazione del RedBull Lipsia, ufficialmente RasenBallsport Lipsia per il divieto di sponsorizzazione di prodotti imposta dalla Federcalcio tedesca, società con l’obiettivo dichiarato di arrivare a giocare in Bundesliga entro 10 anni. Obiettivo che è stato rispettato e ampiamente superato, considerando che a poco più di un decennio di distanza i tedeschi hanno collezionato già 5 partecipazioni alla massima serie tedesca, strappando anche un secondo posto, e tre partecipazioni alla Champions League, raggiungendo in un'occasione addirittura le semifinali.

Ad aggiungersi alla difficoltà di portare avanti un progetto così ambizioso però, ci sono stati anche ostacoli posti da fattori esterni; uno su tutti è stata l’ondata di proteste, di manifestazioni con scontri e violenze annessi, e di odio nei confronti dei club. Specialmente per quanto riguarda il team tedesco, il mondo del calcio e in particolare delle tifoserie ha reagito malissimo all’evolversi del progetto RedBull. Famoso l’episodio avvenuto in una partita di Zweite Bundesliga, l’equivalente tedesca della nostra Serie B, in cui i tifosi della Dinamo Dresda hanno accolto quelli del RB Lipsia scagliando una testa di toro mozzata nel campo, con tanto di striscioni che recitavano frasi come: “La tradizione non si compra”. Dietro tutta questa insofferenza infatti, si nasconde un’indignazione profonda da parte dei tifosi più radicali e conservatori i quali accusano la multinazionale austriaca di portare all’interno del sistema calcio, da sempre popolare, un modello di business e marketing che poco ha a che fare con le tradizioni povere di questo sport. Nonostante questi ulteriori ostacoli però, il colosso RedBull non si è piegato ed ha portato avanti un progetto solido che negli anni si è rivelato vincente. Ciò che ha portato la multiproprietà austriaca a raggiungere traguardi impensabili in così poco tempo è riassumibile in alcuni punti chiave; la linea progettuale infatti è molto limpida. Fin da subito è stato chiaro come l’obiettivo principale fosse il raggiungimento di risultati importanti, anche a discapito di un ritorno economico che effettivamente nell’immediato non c’è stato; questo però passa attraverso delle tappe fondamentali. Una di queste è sicuramente rappresentata dalla rete di scouting costruita dai club marchiati RedBull attraverso una struttura organizzata al minimo dettaglio e soprattutto estesa a livello globale; non è di certo un caso che nei soli ultimi tre anni dalle squadre di proprietà di Mateschitz siano usciti protagonisti del calcio mondiale come ad esempio Erling Haaland, Dayot Upamecano e Timo Werner, tralasciandone molti altri. Altra chiave del successo del progetto RedBull è stata sicuramente la minuziosità nell’istituzione e nella formazione di staff tecnici professionali ma soprattutto moderni; tra le figure di maggior spicco non si può non citare Julian Nagelsmann e Ralf Rangnick, attuali allenatori rispettivamente di Bayern Monaco e Manchester United. Ultima e non per importanza è sicuramente l’implementazione e la costruzione di strutture avanguardistiche pronte a sfidare quelle dei migliori club al mondo. Nonostante dunque un modus operandi che ha fatto discutere molti, attraverso l'intreccio di tutti questi fattori si è andato a delineare un sistema efficiente al di sopra delle più rosee aspettative che ha portato due dei club di proprietà, Lipsia e Salisburgo, a competere insieme all'elite del calcio mondiale. Ad essere estraneo al mondo RedBull, fino a qualche giorno fa, è stato il calcio italiano, mai venuto a contatto con figure legate all'ambiente della multinazionale austriaca. Questo tabù è stato però infranto dal Genoa il quale, in linea con il progetto internazionale della nuova proprietà statunitense, ha assunto nella figura di General Manager Johannes Spors. Il tedesco ex direttore sportivo degli olandesi del Vitesse ha infatti lavorato proprio con il RB Lipsia, scelto personalmente come suo braccio destro da Rangnick nel ruolo di match analyst e capo osservatore.
Che sia solo un antipasto che anticipi lo sbarco del colosso austriaco anche in Italia?