Gli sceicchi sauditi bussano alla porta di Cardinale. La Repubblica, nell’edizione di oggi, scrive che da qualche giorno sono a Milano gli emissari del PIF, il fondo d’investimento saudita che è molto attento al mondo del calcio ed è lestissimo nel coglierne le opportunità d’investimento. Il calcio italiano da qualche anno è dominato in buona parte dai fondi USA. La mossa saudita è da leggere anche in chiave geopolitica.
Come ci è capitato di scrivere, in un precedente post, ormai il famoso aforisma di Carl Philip Gottlieb von Clausewitz (autore del famoso saggio “Della Guerra”) La guerra è la prosecuzione della politica con altri mezzi va aggiornato con Il calcio è la prosecuzione della politica con altri mezzi. Alla luce di questo aggiornato aforisma, a nostro parere la mossa saudita è anche un modo per spezzare l’egemonia, a stelle e strisce, sul calcio italiano. Stando alle indiscrezioni, pochissime, che trapelano e che cominciano a correre sul Web, i sauditi entrerebbero nella società rossonera, inizialmente, con una quota di minoranza, all’incirca il 50% che, più o meno, è pari al debito ( 550 milioni di euro più interessi) di RedBird nei confronti del fondo angloamericano Elliott della famiglia Singer.
Ma i manager della Saudi Aramco
(l’azienda che gestisce i giacimenti petroliferi dell’Arabia Saudita) chiaramente puntano alla maggioranza. Insomma, entro fine stagione, gradirebbero diventare i proprietari del Milan. Come replicano i Cardinale Boys a questa offerta? Non abbiamo fretta di vendere. La società si è apprezzata finanziariamente e se quando l’abbiamo presa, ad agosto 2022, valeva 1,2 miliardi oggi, grazie alla nostra gestione ne vale almeno 1,6 miliardi. Personalmente, non credo che questa cifra spaventi gli uomini  di Mohammed bin Salman , figlio del re saudita Salman bin-Abdul-Aziz al-Saudm e Primo ministro del paese dal 2022, che a Ryad fa il bello e il cattivo tempo. Tanto per inquadrarlo meglio è quel personaggio che , nel 2017, si tolse il ‘capriccio’ di acquistare il famoso Salvator Mundi  un dipinto – olio su tavola di noce – attribuito a Leonardo Da Vinci. Lo pagò cash, senza battere ciglio, 450 milioni di dollari. La sua più grande aspirazione è quella di fare dell’Arabia Saudita una potenza calcistica globale. Il primo tassello di questo ambizioso sogno è l’organizzazione della Coppa del Mondo del 2034. L’interesse per il calcio da parte dell’Arabia Saudita è recente, ma, grazie alle sue  enormi capacità di investimento , ha già avuto un impatto significativo. In un solo anno ha investito quasi un miliardo di euro nel suo campionato, la Saudi Pro League, che in questo modo ha attirato alcuni dei più famosi calciatori in attività, come Cristiano Ronaldo, Neymar e Karim Benzema. Rammentiamo, per descrivere più compiutamente, con chi abbiamo a che fare che i sauditi sono i proprietari del Newscastle, la squadra inglese che acquistò Tonali – l’ex bimbo rossonero – per 80 milioni. Sborsati senza se e senza ma.

L’UOMO FORTE DI RYAD
Chi è Mohammed bin Salman che, la stampa sportiva e non, da tempo indica con l’acronimo MbS?  
Per capire meglio di che pasta è fatto il personaggio, citiamo la risposta che ha dato a un giornalista, nel corso di un’intervista a Fox News, quando gli è stato chiesto se tutto questo suo interesse per il calcio non nascondesse, in realtà, un’operazione di sportwashing.
Bene - 
ha risposto MbS - se lo sportwashing aumenterà dell’1% il mio PIL allora continuerò a farlo. Anzi, punto all’1,5%. Chiamatelo come volete,  non mi interessa, noi otterremo quel punto e mezzo di crescita.”
Il rampante  principe ha notevoli disponibilità personali. La sua fortuna, dollaro più, dollaro meno, dovrebbe aggirarsi intorno ai 10 miliardi di dollari. Possiede una villa fiabesca –Chateau Louis XIV – vicino Parigi e uno yacht che in realtà è un transatlantico costato 500 milioni di dollari.
Ma, la mente fervida del machiavellico principe saudita è proprio come la descrive Lawrence d’Arabia: "una mente con più ardore e più fertile di fede di ogni altra al mondo”. Fede sicuramente, ma anche disponibilità finanziarie immense come il deserto del Rub al-Khali.
Per capire meglio seguiamo la pista del follow the money.
Partiamo, dunque, da una capiente cassaforte: il PIF.

CHE COS’E’ IL FONDO PIF?
PIF
è l’acronimo di Public Investment Fund. E’ il fondo sovrano dell’Arabia Saudita. Uno dei più grandi al mondo che ha consentito al Regno l’ingresso nel G20. Il fondo ha favorito grandi  progressi nelle operazioni di investimento strategico, accordi di acquisizione, infrastrutture e creazione di partnership. Questi risultati significativi sono  in sintonia con la missione, i programmi e le iniziative di Saudi Vision 2030 volto a innescare un cambiamento alimentato da una solido affidabile braccio economico stabile. Il PIF svolge un ruolo strategico fondamentale nel realizzare gli obiettivi di questo grandioso piano che ha come obiettivo  la trasformazione economica dell’Arabia Saudita che nonostante le ricchezze del suo sottosuolo punta alla transizione energetica. Nella cassaforte del PIF sono stipati oltre 430 miliardi di euro. Un patrimonio dieci volte superiore a quello dello sceicco Mansour, proprietario del Manchester City e 50 volte a quello di Nasser Al-Khelaifi, presidente del PSG. Nel Regno, il PIF, svolge  anche una funzione di catalizzatore dell’economia. Ha creato diversi campioni nazionali nel settore privato, ovvero progetti e aziende che hanno avuto un impatto notevole sulla crescita economica del paese.

SAUDI VISION 2030
Saudi Vision 2030 è un progetto che racconta di una società futura in Arabia Saudita. E’ ben descritta, sembra un libro dei sogni, ma da loro i sogni si realizzano. Vogliono costruire una società  forte, felice e appagante come fondamento della prosperità economica. Assegna  grande  importanza alla  creazione di radici forti che abbraccino l’Islam moderno, l’orgoglio nazionale, l’eredità e la cultura saudita, fornendo allo stesso tempo una prospettiva mondiale. Opzioni di intrattenimento di classe, di vita sostenibile, sistemi sanitari e di assistenza sociale efficienti. Non mancano accenni lirici, nonostante l’inglese non si presti molto. Per raggiungere la vera felicità e la realizzazione di tutti i cittadini e residenti, diamo priorità al benessere fisico, psicologico e sociale, motivo per cui al centro della nostra visione c’è la creazione di una società in cui tutti possano godere di un’elevata qualità della vita, di uno stile di vita sano e di un ambiente di vita attraente.
Ci sembra giusto rilevare  che, nel lessico occidentale, di dossier, progetti e via discorrendo, la parola felicità non ricorra spesso. Probabilmente anche questa diversità semantica è da collegare a una letteratura - quella araba - dove sogni, visioni e forse incantesimi sono tratti distintivi. L’obiettivo è promuovere e rivitalizzare lo sviluppo sociale rafforzando l’istituzione famiglia e fornendo un’educazione che rafforzi il carattere e istituendo sistemi di sicurezza sociale responsabilizzanti.

MONDIALI 2034
L’organizzazione dei Mondiali del 2034 all’Arabia Saudita è un’assegnazione annunciata.
E’ una storia che ha per protagonisti principali due figure che contano parecchio nel calcio mondiale: Gianni Infantino, presidente della FIFA e Mohammed bin Salman, principe ereditario del Regno Saudita.
Del primo, tanto per fare un abbozzo biografico, diremo che è nato a Briga, in Svizzera da genitori italiani. Il padre è di Reggio Calabria, la madre del bresciano. Figlio dell’immigrazione dunque. Un daimon che significa ambizione o, se preferite, voglia di farcela. Ce l’ha fatta.
Della vita di Mohammed invece vi abbiamo abbondantemente reso edotti e non vi tedieremo più.
Infantino, negli ultimi tempi, ha impostato una politica, diciamo così, filo araba. Una scelta che si è felicemente coniugata con i paesi de Golfo Persico che aspirano a contare nel calcio globale. Il presidente della FIFA, ovviamente, con queste scelte, si è attirato le critiche di buona parte del foot ball mondiale. Molti hanno definito questa svolta come ‘fame di denaro’ da parte della massima organizzazione del calcio. L’assegnazione dei Mondiali all’Arabia Saudita ha dato l’impressione di essere stata predisposta, burocraticamente,  proprio con lo scopo preciso di portare la Coppa del Mondo a Riyad. Il Regno Saudita, nella gara d’appalto, era sola. L’Australia aveva rifiutato di partecipare a un processo accelerato della FIFA. Gli australiani si sono ritirati subito.
Rimane il fatto che la Coppa del Mondo dovrebbe portare nelle casse del governo calcistico mondiale qualcosa come 10 miliardi di dollari. La maggior parte esentasse. I legami di Infantino, con l’Arabia Saudita, sono sempre più profondi e, dal dicembre 2017, dopo una visita al Re Salman,
i critici hanno fatto maliziosamente notare che da allora gran parte del suo tempo lo trascorre con il figlio Mohammed bin Salman...