«Essere il proprietario di una società di calcio porta un certo stress, se proprio devo essere sincero. In un modo che non ho mai sperimentato prima. La mia idea è sempre stata quella di guardare allo sport come a un qualsiasi altro settore. Si possono produrre widget a Omaha o possedere i Giants a New York. Dovrebbe essere la stessa cosa».

La clamorosa confessione è di Gerry Cardinale, manager statunitense che attraverso il fondo di investimento RedBird controlla il Milan. L’ha fatta nel corso di un’intervista al magazine GQ Sports edizione USA, a Milano, realizzata a cavallo della sfida di Champions League contro il PSG a San Siro, poi vinta dai rossoneri.
Il boss rossonero ha poi aggiunto:«È stressante possedere cose in generale ,trattare questo tipo di denaro, essere un fiduciario per il capitale di terzi. Ora ho un nuovo livello di stress che non ho mai sperimentato prima». Su precisa domanda del giornalista sulle modalità particolari che caratterizzano le trattative per l’acquisto di una società di calcio Cardinale ha detto: «Se stai comprando qualsiasi altro tipo di azienda, prima di fare un’offerta si commissiona una ricerca dettagliata sulle azioni. Mentre per una squadra di calcio non c’è molto rigore analitico dietro tali valutazioni. Vale semplicemente quanto qualcuno è disposto a pagare».
L’intervistatore ha chiesto poi a Cardinale cosa aspettarsi dagli investimenti nel mondo del calcio e  del ruolo dei fondi di investimento. Nella risposta non ha avuto esitazioni, ha parlato chiaro e tondo: «Una volta che il capitalismo viene coinvolto, non c’è modo di moderarlo. Stiamo andando verso un modello di proprietà corporate. È una corsa agli armamenti. E continuerà ad andare avanti. Il capitalismo troverà la sua strada tra le crepe».Alla domanda, cosa lo ha portato a decidere di investire nel Milan, ha detto: “Investire nel calcio europeo è facile. Non ci sono leggi che pongono restrizioni sulla proprietà ( salvo che in Germania ndr) Governi, sovrani oligarchi – ha aggiunto Cardinale – possono tutti acquistare squadre. E sul salary cap ( tetto agli ingaggi). “Quelli del calcio europeo sono tutti dati molto istruttivi per la NFL, la NBA e la MLB, dove questa regola esiste. Così possono vedere i pro e i contro di un completo Far West. “A questo proposito, il manager USA, ha detto che inizialmente voleva investire in Francia poi si è presentata l’occasione Milan. Non mancano, nelle risposte di Cardinale, sottolineature etiche, come questa ad esempio: Lo sport cattura in un arco di tempo che va dalle due alle quattro ore l’intero spirito umano. Se tutte le nostre squadre sportive finiscono per essere di proprietà di aziende che siano istituzioni finanziarie o governi, cosa succede? Il grande business. L’elemento umano. Come fanno queste cose a non distruggersi a vicenda?».

QUALI SVILUPPI?
E’ un’intervista che può essere il preludio a tutta una serie di sviluppi che, allo stato attuale, non possiamo prevedere. Sarebbe un azzardo. Qualche notazione di piccolo cabotaggio però siamo in grado di farla. L’intervista è stata rilasciata il giorno della partita di ritorno con il PSG. Siamo, dunque, in novembre . E’ un periodo in cui il Milan viaggia tra alti e bassi. Le cose si possono ancora raddrizzare, però già allora Cardinale confessa di essere stressato. Soltanto pochi mesi prima di questa depressa intervista a GQ Sports, ne aveva rilasciata un’altra di ben diverso e ottimistico tenore.
Vi riporto un passaggio: “Credo che il Milan sia uno dei più grandi brand del calcio europeo. Berlusconi è stato il primo oligarca.. Una delle cose che mi sorprende è che il Milan è il secondo club per vittorie in Champions League dopo il Real Madrid; Non ne ero consapevole. È un bene sottoutilizzato per quello che potrebbe essere il suo valore e il suo livello, come la Serie A. Il campionato italiano ha il diritto di sedersi al tavolo con i migliori, così come il Milan ha un posto a questo tavolo. Il nostro compito è portarlo lì. Ci siamo fatti le ossa in questo campo è poter portare la nostra mentalità e i nostri metodi in Europa ed essere di grande aiuto. E c’è bisogno di farlo perché qui ti stai muovendo in qualcosa che assomiglia un po’ al selvaggio West; non esiste una regolamentazione sulla proprietà: chiunque può acquistare questi beni. E quindi si vede un allontanamento dell’Inghilterra dal continente. Credo che gli unici due proprietari istituzionali nel continente siano RedBird e Qatar nel PSG”.
Cosa è accaduto nel lasso di tempo che separano queste due interviste?

USA E IL CALCIO ITALIANO
In un report pubblicato dalla Federazione Italiana Giuoco Calcio a luglio in cui, in merito al contesto internazionale, si sottolineava “l’elevata attrattività dei club calcistici europei nonostante l’impatto del Covid-19: Nel biennio 2020-2021, ben 55 società calcistiche di prima divisione hanno cambiato proprietà, con un trend in crescita dalle 25 società del 2020 alle 30 del 2021; in 23 casi su 55 (42%), le nuove proprietà risultano straniere, provenienti in prevalenza dagli Stati Uniti (9 acquisizioni, di cui 4 nel calcio italiano)”.
Dal 2018 al 2022 il numero di società di calcio professionistico italiane con investitori statunitensi è cresciuto da 1 (la Roma) a 12 (compreso il detentore del titolo, il Milan).
Inoltre, secondo la stampa, ci sarebbero investitori statunitensi interessati ad altre cinque squadre: Inter, Napoli, Sampdoria, Udinese e Verona. Un altro report, pubblicato da International Trade Administration sottolinea che “Analisti, manager e giornalisti italiani ritengono che gli Stati Uniti e altri investitori stranieri porteranno molti elementi al mercato. Nuovi capitali, capacità di gestione del business sportivo, in particolare modelli finanziari statunitensi, e accesso a nuovi flussi di ricavi attraverso il marketing e il merchandising internazionali, la gestione dei social media e dei dati e le piattaforme di intrattenimento digitale”. Ci sono ampi margini: il fatturato della Serie A relativo a biglietti, distribuzione, merchandising, sponsorizzazioni e altre fonti vale 2,1 miliardi di euro.
“Per quanto impressionante, si tratta solo di circa due terzi di quello prodotto dalla Liga spagnola (3,3 miliardi di euro) e meno della metà di quello della Premier League britannica (5,2 miliardi di euro)”. La Premier League inglese ha raggiunto importanti dimensioni economiche e finanziarie come ha dimostrato il passaggio di proprietà del Chelsea dal russo Roman Abramovich all’americano Todd Boehly per quasi 5 miliardi di euro. La Liga e la Bundesliga rimangono saldamente nelle mani spagnole e tedesche. In questo contesto il calcio italiano sembra un’opportunità agli occhi americani, con un potenziale di quintuplicare il giro d’affari del calcio italiano.
Opportunità vengono individuate in diversi settori: servizi digitali (intelligenza artificiale, gestione ed estrazione di dati blockchain), marketing e merchandising sportivo, gestione della fan-base, sviluppo e progettazione di stadi. In Italia, la maggior parte degli impianti è decisamente obsoleta. Non a caso il report sottolinea la necessità del calcio italiano di modernizzare le strutture.“Potrebbero esistere opportunità per le società statunitensi – si legge nel report -di gestione e sviluppo di stadi e spettacoli dal vivo, per le imprese di costruzione specializzate in impianti sportivi e di intrattenimento, per gli studi di architettura, per i fornitori di materiali e prodotti per stadi e concerti e per le soluzioni digitali per la sicurezza negli stadi e la gestione dei flussi di pubblico”.

GOSSIP SU CONTE
La stampa sportiva italiana ha sempre palesato una certa ossequiosa riverenza al mondo del calcio italiano. La regola, per alcuni organi informativi, è non disturbare il manovratore. Il timore reverenziale si spiega con la paura di non rompere il giocattolo. Dal quale, naturalmente, discendono pane e companatico. Comprensibile atteggiamento, non è il caso di essere severi. Quindi, le notizie succose, quelle che fanno impazzire i tifosi vanno cercate altrove. Ad esempio su Dagospia di Roberto D’Agostino che è un profondo conoscitore di inciuci, attovagliamenti di potere nonché tradimenti sessuali, ci racconta che Antonio Conte sarebbe da tempo candidato alla panchina rossonera il prossimo anno.
Ma, sempre secondo Dagospia, il repulisti non si limiterebbe alla panchina, ma coinvolgerebbe sia Giorgio Furlani e probabilmente Paolo Scaroni .Il popolarissimo, e seguitissimo, magazine on line, ci rivela che il tecnico leccese starebbe trattando le condizioni per guidare il Milan nella prossima stagione. I colloqui si sarebbero svolti in estate con Zlatan Ibrahimovic, che da qualche tempo è il plenipotenziario di Gerry Cardinale. Alle trattative partecipa anche Rafaela Pimenta, zarina del calcio mondiale in ambito procure.
Conte, comunque, è considerata la figura più idonea per riportare il Milan al posto che merita. La società rossonera è per natura vincente. Non può navigare a vista come una provinciale. Comunque, stando ad altri rumors, oltre a Conte la società starebbe valutando altri possibili sostituti di Pioli. Si vocifera di Glasner, che è stato contattato dal traballante Crystal Palace. Poi Thiago Motta, ma sono anche in ascesa le quotazioni di Francesco Farioli artefice di un sorprendente Nizza.

CHI E’ RAFAELA PIMENTA?
Qualcuno l’ha definita la “Signora del mercato”. Altri, con deferenza, la chiamano semplicemente Rafaela Pimenta. E’ un avvocatessa brasiliana che ha ereditato la imponente e ricca scuderia di giocatori di Mino Raiola, un altro che in fatto di compravendite sapeva il fatto suo. Morto nell’aprile del 2022. Gelosissimo del suo portfolio di assi del pallone, non lo ha mai voluto gestire in comproprietà con nessuno.Ha invece accettato di condividere le quote della One, la sua società, che ha sede a Montecarlo, con Rafaela. Gestisce calciatori di tutto il mondo. I due pare si siano conosciuti nei primi anni 2000. Rafaela, oltre a essere una brillantissima legale, è un’appassionata di calcio. Lo ha addirittura praticato.
Le cronache raccontano che ha aiutato Rivaldo e Cesar Sampaio a fondare il Guaratinguetà, piccola società di calcio dello Stato di San Paolo, dove è nata anche lei. Conobbe Raiola a un evento correlato al progetto entrando poi 18 anni fa nella One. La Pimenta si avvale di non più di cinque collaboratori nella sede monegasca. Personale fidatissimo che si occupa dei rapporti con la stampa e dell’assistenza ai calciatori. Si avvale anche di una  rete capillare di collaboratori che nei vari angoli del mondo segue gli interessi dei giocatori assistiti dalla One. Tra queste persone c'era anche Vincenzo Raiola, cugino di Mino, che si occupava principalmente di giocatori italiani. I due di recente però si sono divisi la vecchia società che si è dunque spacchettata. Diversi giocatori hanno dovuto scegliere se far parte del gruppo Pimenta o del Team Raiola (nome reale dell'agenzia ndr). Una divisione assolutamente pacifica tra le parti.

PIF O INVESTCORP?
Furlani, stando sempre a quanto racconta Dagospia dovrebbe fare ritorno da Elliott , il fondo che ha ceduto la maggioranza del Milan a RedBird. Al boss non è andata giù la conferma di Stefano Pioli sulla panchina rossonera nonostante i risultati deludenti. .Il fatto che il Milan, a fine gennaio, sia fuori da quasi tutte le competizioni che contano ha deluso profondamente  la società e Gerry in particolare.  Per rimediare  a questa stagione horribilis non è rimasta che la partecipazione all’Europa League, sa di partecipazione consolatoria. Cardinale, in questi mesi, sta lavorando alacremente per saldare il debito di 600 milioni di euro che ha con l’ex-proprietario della società rossonera. Ci sono due fondi arabi, provenienti dalla stessa area geografica, Arabia Saudita, interessati al Milan. Investcorp e PIF. In pole position dovrebbe essere il primo perché PIF vuole tutto il Milan. Ma, Cardinale, che vede più vicina la prospettiva di avere uno stadio di proprietà, non vuole cedere la maggioranza. Punta a fare il botto. Ritiene di poter vendere la squadra rossonera. tra qualche anno, per l’esorbitante cifra di 3,5 milioni di euro.

LO SFOGO DI BRAIDA
Ariedo Braida non le manda a dire sulle ultime prestazioni del Milan. E’ una società che conosce bene. Ne è stato il direttore sportivo dal 1986 al 2002 e direttore generale fino al 2013. Nel corso di un’intervista a Radio Sportiva ha lungamente parlato del Milan, chiaramente è la squadra a cui è rimasto più legato. “La squadra che un tempo è stata protagonista del calcio italiano e europeo, ora è ridimensionata a realtà di media classifica. Braida ha parlato di una ‘rosa’ non all’altezza delle tradizioni rossonere. “L’uscita dalla Champions League è un chiaro esempio di come il Milan non sia più il colosso di un tempo. Sono innamorato dei rossoneri, mi piacerebbe vederli competitivi.”