100,5m x 64m di pura passione situati nell'East End di Londra. Un prato verde ricco di sudore, passione e amore. Quegli stessi sentimenti che gli abitanti di quella zona di Londra mettevano ogni giorno nella loro vita quotidiana. Nell'alzarsi la mattina per andare in fabbrica, nel tornare a casa dalla propria famiglia e abbracciare i figli, e nel seguire la propria squadra del cuore: il West Ham United. 

Boleyn Ground, meglio conosciuto come Upton Park. Casa degli Hammers, una delle squadre più odiate in tutto il paese oltremanica, sicuramente grazie alla propria tifoseria, ma soprattutto per aver messo, molto spesso, i "bastoni tra le ruote" alle "big" Inglesi. Perché a Boleyn Ground non si va mai a fare una passeggiata.

Lo stadio viene costruito nel 1904 in Boleyn Ground Street, nell'East End londinese, viene chiamato in quel modo poiché di fianco ad esso sorgeva: il Boleyn Castle casa molto particolare, nella quale nel 1544 aveva soggiornato Anna Bolena, seconda moglie del famoso re Enrico VIII. Caratteristica principale dello stadio erano le due torrette che sorgevano all'ingresso pronte ad accogliere i tifosi della squadra che per ben 112 anni ha abitato ad Upton Park.

Stiamo parlando del West Ham United, una delle innumerevoli squadre di Londra, sicuramente una delle squadre più seguite nella capitale britannica, ma anche una delle, come dicevo prima, più odiate.

Club fondato nel 1895, mai vincitore del campionato inglese, ha una grande tradizione del settore giovanile, tanto da meritarsi il soprannome di "Academy of Football", milita ora nella Premier League. I colori sociali sono l'azzurro e il granata, i tifosi sono soprannominati "the Hammers", a causa dei due martelli incrociati che la squadra porta sullo stemma.

Il club fondato nel 1895 come dopo lavoro, non diventò professionistico fino al 1900, quando, dopo più promozioni consecutive, si iscrisse al campionato di prima divisione. Nel 1904 venne dsiputata la prima partita ad Upton Park con un netto 3-0 ai danni del Millwall, eterna rivale. Il 28 aprile del 1923 dopo una sosta per la prima guerra mondiale, e delle stagioni anonime per i "claret and blue", il West Ham giocò la sua prima finale di FA Cup a Wembley, il Wembley delle due torri, davanti a 200.000 spettatori. La partita finì 2-0 per il Bolton ma gli "Hammers" non si diedero mai per vinti. Il West Ham giocò altre 9 stagioni consecutive in First Division, raggiugendo poi una retrocessione nella stagione 1931-1932.

Dopo la pausa per la seconda guerra mondiale e un paio di stagioni anonime la squadra riuscì a riconquistare la massima serie nel 1957-1958. Ed è proprio nel 1958 che esordì un ragazzino del settore giovanile che sarebbe diventato una leggenda: Bobby Moore. Il nuovo prototipo di difensore centrale, non più fisico, rognoso e cattivo; ma intelligente, che gioca d'anticipo e legge prima le intenzioni degli avversari. Fu capitano di più spedizioni mondiali per la Regina Elisabetta, e alzò la coppa al cielo nel 1966. Moore giocò per gran parte della carriera con la maglia del West Ham, fu simbolo e capitano della squadra, tanto che gli dedicarono un'intera tribuna ad Upton Park. Bobby con i "claret and blue" vinse: un FA Cup e una Coppa delle Coppe. 

Dopo che, per problemi finanziari. Moore dovette abbandonare la squadra di Upton Park per andare a giocare nel Fulham , gli Hammers fecero un paio di stagioni fermandosi a metà classifica, ma nonostante ciò riuscirono a vincere la finale di FA Cup nel 1974-1975, battendo in finale proprio Bobby con il suo Fulham. 

Vincitori inoltre nel 79-80 ai danni dell'Arsenal, sempre in FA Cup (consiglio una lettura del romanzo, poi diventato film, Febbre a 90° di Nick Hornby), fino a fine anni '90 gli Hammers, viaggiano su e giù tra Premier, First Division, e Second Division. Da sottolineare sono gli ultimi 5 anni di alto livello nella prima serie, con stagioni da protagonista.

La grande capacità della squadra londinese è sempre stata quella di forgiare talenti inglesi, rimasti poi protagonisti nella storia. Basti pensare a Bobby Moore simbolo di un'intera era calcistica inglese; la famiglia Lampard, padre e figlio, Frank Senior e Frank Junior, il primo difensore e vincitore di due FA Cup, il secondo fiore all'occhiello dell'Academy, che ha preferito il Chelsea, con il quale ha vinto tre Campionati di Premier League, una Champions League, una Europa League; Rio Ferdinand, difensore di alto livello che preferì lo United dove vinse tutto; John Terry il capitano dei blues; Mark Noble, simbolo e idolo incontrastato della tifoseria che ha preferito la maglia, a uno stipendio maggiore. Andy Carrol, tifoso Hammers, giocatore Hammers, che a furia di incornate e rovesciate, ha sempre esaltato il tifo locale, intervenendo anche in difesa dei tifosi più volte. 

Vi era inoltre l'abilità di utilizzare i fondi per l'acquisto di giocatori promettenti: Di canio, Obiang, Kouyatè, Zola, Tevez, Carlton Cole, solo per citarne alcuni. 

Fatto sta che ad Upton Park si respirava aria di famiglia, poiché i giocatori o erano nati li, o credevano nel progetto, o perché il grande tifo che scendeva dalle quattro gradinate, rispettivamente est, Moore, ovest, Brooking, giocatore eterno e soprattutto socio della squadra, faceva si che i giocatori morissero in campo. Era un'emozione entrare con quell'inno tanto bello quanto strano, sentire tutti i 40.000 del Boleyn che lo cantavano a squarciagola, vecchi con bambini, mariti con mogli, famiglie intere, ma soprattutto uomini, i suoi uomini, che sudano in fabbrica pensando a lei, uomini che hanno speso soldi, preso treni, botte, cantato, sudato, corso, picchiato per lei. Gente disposta a morire per quei colori, gente disposta a sostenere anche in Terza Divisione qualsiasi giocatore. Gente che non perdona nessuno. Gente che ha bisogno di campioni con i coglioni, non di campioni e basta. 

Ed è forse per questo che in molti non sono riusciti a restare a Boleyn Ground, perché non è facile abbracciare una squadra, un'ideale, un quartiere, un popolo; non è facile sentire che i tifosi non si arrabbiano mai, che si vinca o che si perda, che si retroceda o che si venga promossi. Perché questa gente ha bisogno di questi colori. A Manchester in questa stagione, sotto 4-2 e dopo una serie di sconfitte, cantavano:" We lose every week, we lose every week, you are not so special, we lose every week". Gente che sa soffrire, sa incitare, gente che probabilmente si sente più a casa in trasferta, gente che se potesse costruirebbe nuovamente con le proprie mani Boleyn Ground, gente che non vede più i suoi beniamini a 5 metri, ma deve oltrepassare con lo sguardo la pista di atletica del Queen Elizabeth Stadium. 

Ma nonostante tutto, rimane gente che grida più forte,o almeno ci prova,per far sentire il suo calore ai suoi ragazzi. Gente che non ha mai smesso di spruzzare bolle di sapone su "I'm forever blowing bubbes". Gente che però sta vedendo volare via la sua casa, i suoi ideali, i suoi campioni. La sua storia con il suo sudore, il suo amore, la sua passione. 

Il fantasma di Anna Bolena, come si diceva nell'East End londinese, non ha dato pace alla squadra per l'intera stagione, il West Ham è nella zona bassa della classifica. Ai tifosi piace dire cosi, perché forse in quell'ipotetico fantasma, rivedono tutti i sacrifici fatti per questa squadra, tutto il sudore speso, i pugni presi e tirati; la gioia per un gol, la delusione per una sconfitta. Forse in quel fantasma vedono quello splendido Ground che apriva loro i cancelli ogni weekend per tifare per la loro squadra del cuore, undici ragazzi che rappresentavano un popolo. Boleyn Ground sta per essere distrutto, manca solo una tribuna: la più bella quella con il simbolo del West Ham, disegnato sui sedili. Ci piace pensare che il fantasma di Anna Bolena non smetta mai di seguire i "claret and blue", sia che si vinca o che si perda;perché, sono sicuro, quell'ideale nascosto in lei, non smetterà mai di esistere.

Come on Hammers! COYI!