Day after
Si ripensa tutto a sangue freddo: i vincenti realizzano, i perdenti cercano di capire su cosa migliorare, gli altri discutono sull'accaduto, e magari ci scrivono su un pezzo.
Due paroline semplici, di quelle che si imparano alle elementari, che si completano come conchiglia e paguro nell'immenso mare di neologismi ed inglesismi in cui ogni anno noi italiani immergiamo reti che risalgono sempre più piene.

Aah, "noi italiani", popolo di sognatori a cui l'Europa per due volte nell'ultimo mese, ha fatto immaginare imprese e trionfi a tinte nerazzurre, su quell'asse Bergamo-Milano che nulla però ha potuto contro squadre ben più attrezzate, contro squadre che hanno trasformato il palcoscenico europeo nel loro habitat naturale, e sono capaci di adattarsi e cambiare forma pur di difenderlo.

Questo "Darwinismo da Coppe" ci vede al momento nei piani bassi della catena alimentare, ed ecco perché, per noi italiani, spesso "Day after" fa rima con "amarezza". Per alcuni può anche essere un giorno come un altro, certo, ci si sveglia, si apre la finestra: anche oggi farà un caldo esasperante. Magari non si ha nemmeno l'appetito per fare colazione, si legge qualche notizia online, qualche notizia sportiva online: "Ma certo! Ieri il Bayern ha vinto la Champions, quasi non ci pensavo stamattina."
Con triste memoria del glorioso passato, quando non era un'eresia immaginare un'italiana sul trono su cui ora siedono i Bavaresi, viene da pensare: "Chissà come se la passano i campioni stamattina", poi si rimettono insieme i pezzi, ci si ricorda che la finale l'ha decisa Coman, che giocava alla Juve! Con il più amaro dei gol dell'ex contro i parigini, suoi connazionali, è riuscito a mettere le mani sul suo primo trofeo europeo, ma la sua storia ha più da insegnarci di quanto sembri.

Kingsley è un vero e proprio campione maledetto, uno di quelli che sembra essere in costante debito con la vita, che gli ha donato un immenso talento, e gli ha permesso di metterlo a servizio di PSG, Juve e Bayern, tutto questo però in cambio di un pizzo salatissimo, gli infortuni. a 24 anni ne ha passati veramente troppi, l'ultimo gli ha fatto pensare al ritiro, un vero e proprio incubo per un ragazzo che nonostante i tanti trofei vinti, non è mai riuscito a mostrare veramente il proprio estro, anche perché se da giovanissimo, con tutti quegli infortuni, devi giocarti il posto con stelle come Tevez, Morata, Ribery, Robben, e tanti altri, la titolarità è veramente dura da conquistare.

Ai campioni però, basta un attimo, e in quell'attimo, in quel colpo di testa, Coman ha messo a tacere tutti quelli che gli davano del "fortunato", quegli occhi spesso tristi, silenziosi, si sono spalancati e contratti in quella che è stata l'esultanza di un intero popolo, e non solo: è la rivincita dei deboli, dei sofferenti, degli umili e di chi deve faticare il doppio degli altri per stare sereno, quindi oggi, in questo Day after, i miei pensieri vanno a Coman, a un ragazzo fragile quanto forte, talentuoso quanto sfortunato, ad un ragazzo che ha saputo sfruttare la sua occasione, e il giorno dopo, può svegliarsi finalmente felice.