Il 17 febbraio 2005, a 69 anni, ci lasciò Omar Sivori.
L'argentino è ancora oggi ricordato come uno dei calciatori più rappresentativi e talentuosi della storia bianconera e del 20° secolo.
Nato e cresciuto calcisticamente a San Nicolas, quartiere della capitale Buenos Aires, Sivori fin da giovane fece intuire le grandi qualità calcistiche di cui Madre Natura l'ha dotato. Dal San Nicolas passò ai Milionarios del River Plate, con cui vinse 3 campionati argentini nel 1955,1956 e 1957. Il River fu un vero e proprio trampolino di lancio per la sua carriera. Nell'estate del 1957 infatti, la Juventus, profondamente abbagliata dalla classe del piccolo argentino, sborsò la cifra record di circa 180 milioni di lire per prelevarlo dalla squadra della capitale argentina; la quale, grazie all'enorme somma di denaro, costruì una parte dello stadio "El Monumental". La Vecchia Signora si assicurò così le prestazioni di quello che diventerà il primo giocatore del campionato italiano a vincere il Pallone d'Oro (nel 1961). 

Sivori valeva da solo il prezzo del biglietto. I tifosi restavano estasiati dalle prodezze de "el Cabezon", soprannome dovuto alla folta chioma di capelli scuri che spiccavano sul fisico minuto. Era gioia, poesia pura da vedere, trattava il pallone come fosse il viso di una donna amata, dribblava, rifilava tunnel e allo stesso tempo realizzava un numero infinito di reti. Un mancino benedetto e allo stesso tempo irriverente, sembrava giocasse controvoglia per quanto fosse superiore in confronto agli avversari.
Con la Juventus arriverà a siglare 170 reti in 257 presenze e insieme al gallese John Charles e al capitano Boniperti, compose quel "trio magico" che culminò con la vittoria di 3 Scudetti e 3 coppe Italia in 8 anni di militanza torinese. Un trio con interpreti agli antipodi per il loro modo di essere. Charles era un generoso ragazzone gallese, bravo nel gioco aereo e buono fuori dal campo, Boniperti un attaccante letale e una prima donna che voleva rubare la scena a Sivori, il quale dentro il campo era una classica "testa calda", difficile da addomesticare. Tanto da far bollire l'animo tranquillo di Charles, che rifilò uno schiaffo al gaucho mancino per un acceso diverbio sul rettangolo di gioco. 

Come ogni fuoriclasse che si rispetti quindi, Sivori aveva un carattere introverso, per certi versi inquieto. Difatti durante i 12 anni di carriera italiana, collezionò ben 33 giornate di squalifica; un po' oltre il limite consentito per un numero 10. "El gran zurdo" (Il grande mancino), non riusciva a resistere alle provocazioni avversarie e veniva espulso in più occasioni per proteste verso gli arbitri o per terribili falli di reazione, come successe il 1° dicembre 1968, quando vestiva la maglia del Napoli (passò dai bianconeri ai napoletani nel 1965). In quell'occasione reagì malamente ad un espulsione e stese lo juventino Favalli; si beccò ben 6 giornate di squalifica. Poco dopo Omar decise di ritirarsi dal calcio giocato e purtroppo per noi amanti del futbòl, Sivori non si è congedato dalla scena del calcio giocato nella maniera che meritava.

L'argentino ebbe anche rapporti contrastanti coi propri allenatori, motivo che ha determinato il suo trasferimento dalla Juventus al Napoli. Aveva una visione totalmente differente da quella dell'allora allenatore della Vecchia Signora, il paraguayano Herrera, a partire dalla tipologia degli allenamenti svolti fino al posizionamento in campo. Genio e sregolatezza. Tuttavia, senza questo suo difficile carattere, Sivori non sarebbe poi diventato quel giocatore che tutti hanno ammirato, un campione assoluto, l'unico insieme a Piola a segnare 6 reti in una singola partita di Serie A. Per quanto riguarda il trascorso nella "Seleccion" argentina, Sivori vinse nel 1957 la Copa America con l'aiuto degli "Angeli dalla faccia sporca", gli altri fuoriclasse argentini Maschio e Angelillo. Nel 1961 "El Cabezon" ottenne poi la cittadinanza italiana, e grazie allo status da oriundo, disputò 9 incontri con gli azzurri, segnando 8 reti.

Il Presidente Agnelli, esclusivamente innamorato del numero 10 argentino, lo definì come "Più di un fuoriclasse. Per chi ama il calcio Sivori è un vizio". Marcello Lippi invece, definiva in questo modo il Sivori giocatore: "Non si faceva mai picchiare da nessuno, anzi, al massimo succedeva il contrario".
Queste due frasi sintetizzano perfettamente ciò che è stato "El gran zurdo". Un anarchico del calcio, qualcosa che non si è mai visto e che difficilmente si rivedrà; un talento fuori da ogni logica comune. Lui stesso dirà "L'unica maniera per far divertire gli spettatori è divertirsi giocando a calcio. Se non si diverte il calciatore, non si diverte nemmeno il pubblico".
E allora grazie Omar, per esserti divertito e aver fatto divertire tutti noi.