Salto indietro nel tempo. 28 giugno 2012, semifinale del campionato europeo.
L'Italia sconfigge la favorita Germania 2-1 grazie alla doppietta di Mario Balotelli. Un intero paese in festa e 60 milioni di persone ai piedi di un talento 22enne in procinto di sbocciare definitivamente e consacrarsi all'Olimpo del calcio mondiale.

Da quel giorno invece, la carriera di Mario Balotelli è stata una montagna russa interminabile, un continuo sali e scendi che ha registrato molti più down che up.
Svogliato, indisciplinato, sfacciato, ma anche talentuoso, decisivo e volenteroso quelle poche partite in cui entrava in campo con la giusta determinazione. 
Balotelli è così: prendere o lasciare. SuperMario da tempo pare essersi accomodato sugli allori, fregandosene poco del calcio giocato e dedicando diverso tempo al divertimento, alle donne e alle "balotellate".
Erede naturale di Cassano per quanto riguarda gli atteggiamenti fuori dal campo, il giovanotto di origini ghanese è comunque dotato di un talento con pochi eguali; quello resta, anche se non viene spesso allenato.
Si potrebbe tranquillamente affermare che tra tutti i convocati della Nazionale sia lui il giocatore più qualitativo e l'indiziato principale nel far compiere un deciso salto di qualità al team di Mancini.
C'è un però: quando si tratta di giocare, Balotelli non è mai maturato, ha mantenuto il suo carattere indolente e abulico che lo contraddistingue, tremendamente vittima del suo stesso personaggio. Mai uno scatto o un segnale di volersi sacrificare e mettersi a disposizione della squadra. In un calcio che ormai prevede nella fatica e nella resistenza di ogni singolo giocatore uno degli aspetti necessari, Balotelli è rimasto ancorati ai gol rifilati alla Germania in quella meravigliosa notte di Varsavia di 6 anni fa, senza avvertire l'importanza di crescere nel suo modo di giocare. Mario ha sprecato così ogni occasione utile per mettersi in mostra con la maglia azzurra e far ricredere tutti i suoi "haters" di essere cambiato, di essere concentrato solo sul campo. 

Se una delle colpe che si additavano a Ventura era la mancata convocazione di Balotelli, l'impressione palesata lo scorso venerdì durante il match tra Italia e Polonia, è che anche con Balotelli l'Italia difficilmente avrebbe sfondato il muro svedese. Analizzando i pari ruolo di SuperMario, si nota che Belotti è inferiore tecnicamente, ma si impegna molto di più e ha più istinto del gol; Immobile è molto più pericoloso in profondità e viene da due stagioni meravigliose.
Mario quindi dovrebbe essere il terzo centravanti nelle gerarchie italiane, ma dalla sua parte c'è un Roberto Mancini che ha sempre avuto un occhio di riguardo per il giovanotto di Brescia. Ciò nonostante, ci sono anche aspetti positivi nell'avere Balotelli tra i convocati: quello di poter attirare tutte le critiche su di lui, in modo da far lavorare con maggiore serenità il resto della truppa azzurra. Senza oltrepassare il limite sia chiaro, come contrariamente è successo gli ultimi giorni con le polemiche tra Sacchi e Raiola.

In tutto ciò vi è sicuramente una certezza: si deve ripartire da qualcun altro che non sia Balotelli, destinato nel migliore dei casi a diventare una riserva di lusso nel 4-3-3 manciniano.