Occhio ragazzi: sono inglesi, affamati come delle belve, spinti dal battito di Wembley, dal canto “It’s coming home”, dalla voglia di riconquistare qualcosa che manca dal Mondiale ’66.  È un’Inghilterra green, alimentata dalla benzina verde della gioventù di Mount, Foden, Bellingham e tanti altri.  È un’Inghilterra giovane sì, ma che non pecca d’esperienza. La Premier League è un verace campo di prova, talvolta anche eccessivamente esigente ed elitario per la sua capacità estrema di fagocitare nell’intestino ottimi giocatori e risputarli flop come cicche masticate. Oppure attraverso il processo inverso, in cui gli esiliati da quel mondo, attraccano in un altro pianeta e trovano humus fertile per la propria crescita, Tomori docet. Ma sta di fatto che la complessità e la schiettezza della Premier ti fa maturare da ogni punto di vista, e non può passare in secondo piano la sua incredibile potenza economica. Giocare la Champions tutti gli anni, e giocarla soprattutto per vincerla, fa tutta la differenza di questo mondo. Mount per esempio l’ha già alzata, Foden conta 25 presenze a 21 anni. Questo fa capire come molti di essi siano già svezzati nonostante la carta d’identità dica ben altro.   Capitolo gioventù a parte, Southgate ha disegnato il suo quadro su una nuova tela: ha tolto il “vecchio” 3-5-2 che l’aveva portato alla semifinale mondiale, e gli ha cucito un 4-2-3-1 molto più inglese. Il primo nonché unico gol subito dai Tre Leoni da Damsgaard, di fatto altera la valutazione su Pickford, portiere estremamente lunatico che avvicenda partite alla Gordon Banks ad altre degne del peggior David James di turno. Ciò che garantisce solidità dietro è il Vallo di Adriano costruito davanti alla porta tutto di origine mancuniano, due sponda City, due Red Devils. In mediana “The Yorkshire Pirlo”, che di Pirlo ha ben poco, se non niente ruolo a parte, con Rice spezza e rifornisce di continuo come una catena di montaggio.  Poi davanti ci pensa l’uragano. Fino ai gironi sembrava un gentile e innocuo vento di scirocco, dagli ottavi in poi si è trasformato, ha spazzato via con furia devastatrice Germania, Ucraina, Danimarca e di conseguenza le critiche. Harry Kane vive di questo, è un killer affamato con i guanti di velluto, si veste da 9 ma si traveste da 10 quando si abbassa sulla trequarti e inventa corridoi per le sgroppate del furbo Sterling e del fulmineo Saka.  Sono una grande squadra, indubbiamente. Senza considerare l’arsenale infinito dal quale possono pescare a gara in corso. La perfida Albione è così, il clima sarà rovente nello stadio, meteorologicamente parlando molto più imprevedibile, come la sua Inghilterra di fatto. 

Domani si parte per l’isola che c’è e aspetta di essere conquistata, un po’ come quando il Marchese Agostino di Ximenes disse “attacchiamo la perfida Albione nelle sue acque”,  noi invece attacchiamoli nel loro tempio e proviamo a profanarlo.