Apriamo la zip, prepariamo le valigie: direzione Wembley!
È l'Italia-Spagna meno Italia-Spagna di sempre.  
Dalla notte dei tempi è stata la sfida della contrapposizione di idee e pensieri per antonomasia. “La Roja” contro gli “Azzurri”, il rosso contro il blu, da sempre sinonimo di conflitto come nel calcio balilla. Due stili diametralmente opposti, la storia che descrive il presente, i nostri trionfi costruiti dalle fondamenta, da una base solida e da un attacco pungente. I loro, invece, divertimento e possesso. Il “Tiki Taka” come vangelo, Iniesta e Xavi i profeti massimi di questa filosofia, una ragnatela di tocchi ravvicinati che intrappolava il nemico, lo rendeva inerme e lo trafiggeva. Noi lo sappiamo purtroppo, abbiamo affrontato quell’uragano nel 2012 che ci spazzò via con 4 violente folate.

Ma se la storia parla di una profonda scissione di concetti, questa Italia del Mancio è piuttosto vicina alla visione calcistica iberica e alla Spagna di Luis Enrique. Il dogma di entrambe è il predominio territoriale garantito dal centrocampo: Jorginho da una parte e Busquets dall’altra sono gli equilibratori, Verratti e Pedri hanno la licenza poetica di inventare, Barella e Koke, invece, sono meno palleggiatori e molto più incursori. Il centrocampo è affine, sia per caratteristiche così come per sincronie con l’attacco. Entrambe le squadre giocano con le due ali, una più tecnica e l’altra più testa bassa e sfondamento. Entrambe davanti hanno qualche problema: Immobile fatica, Morata anche, ma pare essersi sbloccato (ci auguriamo il contrario, ovviamente). È un’Italia affine ma non uguale, che non trascura le sue radici, anzi le esalta. Siamo da sempre la culla dei miglior difensori. Il Mancio ha ricostruito l’Italia dalle ceneri sulla scia del divertimento e della proposta, affittando un “tiki taka” spagnolo piuttosto orizzontale, rivisitandolo e donandogli verticalità e velocità e infine applicando sul suo manufatto il marchio di autenticità “Made in Italy”: difesa a tenuta stagna con la coppia Bonucci-Chiellini e il muro Gigio Donnarumma. 

Ok, abbiamo capito. Ci somigliamo: parliamo italiano ma abbiamo anche qualche sfumatura di castigliano, mangiamo la pizza ma non sdegniamo le tapas, facciamo correre gli avversari così come quando il matador, nella piazza di Bilbao, scuote il drappo rosso prendendosi gioco del toro. Quindi sì, siamo un’Italia molto "spagnoleggiante".
Ma ora chiudiamo le valigie, è scaduto il tempo, bisogna andare. Noi, però, vogliamo continuare ad innamorarci sotto l’arco di Wembley. Ci crediamo!