Da quando è al Milan, Nikola Kalinic sembra aver subito una pesante involuzione. Ma sono i rossoneri a non metterlo in condizione di fare il suo gioco o è lui che si esprime al di sotto delle sue possibilità? Dov’è finito il giocatore implacabile che catalizzava il gioco della Fiorentina la buttava dentro spesso e volentieri? È davvero cambiato qualcosa in lui o il croato è solo una piccola parte dello scarso rendimento generale della squadra? L’ormai ex allenatore del Milan, Vincenzo Montella, con un buon budget a disposizione, ha scelto una punta che si sposasse bene con i suoi principi tattici: un finalizzatore in grado di aiutare la risalita del campo, vincendo duelli aerei e aiutando la manovra sulla trequarti; mobile e pronto a sfruttare la profondità, abile sui cross, capace di leggere situazioni tattiche complesse.

Quali sono le migliori qualità di Kalinic?

COLPO DI TESTA

Uno dei problemi del Milan di quest’anno è che ha un buon dominio territoriale, ma si schiaccia troppo sulla trequarti avversaria senza movimenti decisivi per creare spazi e trovare la via del gol. In una tale situazione, la palla continua a muoversi a largo dell’area di rigore da un lato all’altro: o Suso inventa qualcosa, o è necessario un cross. Kalinic sarebbe uno specialista, ma i tre gol segnati con la maglia rossonera da inizio stagione sono stati paradossalmente tutti di piede. Spesso, nelle ultime uscite, il croato non ha provato ad anticipare il difensore nei cross un po’ corti sul primo palo e non ha dato forza alle palle colpite quando è riuscito a staccare bene. Di qui passano molti dei problemi offensivi del Milan, che fatica a creare spazi se non sblocca la partita.

ATTACCO DELLA PROFONDITÀ E FREDDEZZA

Kalinic non è mai stato un velocista, ma è abbastanza rapido e bravo a usare il proprio corpo per tagliare fuori gli avversari. una delle migliori qualità del croato è sempre stata quella di anticipare la giocata nel momento ideale per mandare fuori tempo gli avversari: nel passaggio, nell’inserimento, nel tiro. È un intuito naturale che dimostra grande intelligenza tattica e capacità di interpretare le situazioni, attraverso il quale gli attaccanti che hanno qualche limite tecnico compensano il fatto di non poter, di fatto, inventarsi un gol di sana pianta.

DOMINIO DELLO SPAZIO ALLE SPALLE DEI DIFENSORI

Kalinic è bravissimo a intuire la traiettoria dei traversoni e inserirsi alle spalle dei difensori. Una volta arrivato per primo sul pallone, dispone anche di una vasta gamma di soluzioni per calciarlo. Se quest’anno non riesce a far prevalere il suo fiuto in area piccola, però, la colpa non è sua: il Milan arriva pochissimo sul fondo e raramente riesce a mettere palloni invitanti tra difesa e portiere. La squadra tende a schiacciare gli avversari a ridosso della propria area, ma in questo modo le maglie strette della difesa consentono raddoppi puntuali e uscite precise, così arrivare sul fondo non dipende più da meccanismi di squadra, ma da iniziative personali. Rodriguez e Borini non vengono mai sganciati sulla fascia, ma si trovano sempre a dover crossare con qualche avversario davanti e questo perché le mezzali offrono pochi movimenti. Nessuno esce dall’area di rigore per creare uno spazio da attaccare e il possesso è buono ma lento, così gli avversari non vengono attirati in pressing e possono difendere la zona senza patemi. Contro l’Udinese, quando Kalinic si è mosso verso la palla e ha dettato passaggio e movimento a Calabria (e anche grazie all’inserimento di Kessié), poi ha segnato alla sua maniera.

GIOCO PER LA SQUADRA

Se a Bacca si rimproverava sempre di essere un buon finalizzatore, ma fin troppo avulso dal gioco rossonero, che perdeva movimenti preziosi in costruzione offensiva, Kalinic è stato scelto anche per la sua attitudine a collaborare con la squadra, associarsi coi compagni giocando a un tocco e creare spazi eventualmente allargandosi a difendere palloni scomodi lanciati in profondità.

Il giocatore visto finora al Milan fa un gioco completamente diverso da quello immaginato all’atto dell’acquisto e quando si fa vedere è spesso impreciso, perde tanti duelli aerei (come era difficile accadesse fino all’anno scorso) ed è lentissimo quando porta palla e deve prendere decisioni. La colpa dei molti errori tecnici banali è sua ed è riconducibile a fattori psicologici, ma la squadra non lo mette in condizione di muoversi nella maniera in cui potrebbe essere più pericoloso.

Lo squilibrio delle mezzali è evidente e ancora irrisolto. A inizio stagione si pensava che Montella potesse facilmente ovviare alla mancanza di una mezzala sinistra di livello con l’adattamento di Bonaventura, ma da quel lato tutti gli esperimenti si sono rivelati fallimentari: Calhanoglu, Locatelli, lo stesso Bonaventura. Il più positivo in quella posizione, per quanto continuamente bersaglio di critiche, è stato Riccardo Montolivo, che anche da centrale sbaglia meno di Biglia ed è più rapido nei cambi di lato repentini (con entrambi i piedi). Kessié esegue i movimenti richiesti dal tecnico, ma solo a tratti. Questo gli consente sempre di creare qualche occasione, ma regala agli avversari delle pause inammissibili per una squadra che pretende di essere una “big” del campionato. In un centrocampo tanto disastrato e disorganizzato (non costantemente, ma una frequenza comunque preoccupante), quando Kalinic si abbassa non fa altro che creare confusione e tende a cercare spazi in profondità o tra le marcature in area.

TIRO DAL LIMITE

Quando non trovava spazi in mezzo, Kalinic sapeva trovarli anche al limite dell’area. Non è uno specialista del tiro da fuori, ma all’occorrenza sa farlo e con grande efficacia. Quest’anno, quando il Milan attacca, il limite dell’area è sempre occupato da una schiera di giocatori fermi ad aspettare il pallone tra i piedi, in attesa che gli spazi si creino da soli. Alzare i centrali può aiutare, ma non risolve i problemi.

In conclusione, i problemi di Kalinic sono anche e soprattutto i problemi del Milan, tanto che è difficile comprendere dove finiscano i primi e dove comincino gli altri. Se l’attaccante e la squadra sapranno comprendersi, venirsi incontro, potrebbero scansarne anche molti che attualmente esistono a livello mentale e che sono molto pericolosi. Il tempo a disposizione però è finito e la fretta è cattiva consigliera. In fondo, una parte fondamentale del gioco del calcio consiste proprio nel costruire la propria squadra per mettere l’attaccante in condizioni di segnare. Ci riuscirà il nuovo tecnico Gattuso?

Lo scopriremo solo vivendo.