"Non c'e' un'altro posto del mondo dove l'uomo è più felice che in uno stadio di calcio". Parole di Albert Camus, appassionato tanto di pallone quanto di letteratura. Un'affermazione datata, che pare essere il preludio alle nuove tendenze della Fan Experience. Nell'epoca del consumismo estremo, l'esperienza di una partita di calcio non puo' limitarsi alla mera presentazione dello spettacolo in campo. Interessi economici e necessità di rispondere alle richieste del tifoso, talvolta anche sofisticate e superficiali, creano l'esigenza di trasformare lo stadio in un'esperienza totalizzante. Ecco allora negozi, attrazioni, punti ristoro e tutto ciò che possa garantire al tifoso una connettività ubiqua. Tutto questo è la Fan Experience, un processo "commerciale" che interagisce con i supporters stregandoli prima, durante e dopo l'evento sportivo. RIPOPOLARE GLI STADI - L'obiettivo di fondo è estramemente nobile: riportare la gente allo stadio. In un mondo sempre più votato all'individualismo anche il calcio ha dovuto subire uno stravolgimento fruitivo. La Pay Tv ha creato la possibilità di godersi lo spettacolo dal divano di casa, proponendo allo spettatore infinite opportunità di interazione. Questa politica, inizialmente salutata come rivoluzione positiva nel sistema calcistico, ha ben presto mostrato i lati oscuri: stadi semi-vuoti e abbonamenti in calo. Per ovviare a questo effetto collaterale generato dal "calcio a pagamento", le società europee si sono mosse per proporre al tifoso un pacchetto commerciale completo, con l'intento di restaurare l'emotività dell'evento live. DIVERSIFICAZIONE DEL PROFITTO - Oltre alla decorosa intenzione di riproporre stadi pieni, vi è un secondo, ma non meno importante, obiettivo da raggiungere. Le società sportive oggi sono entità aziendali a tutti gli effetti: puntano ad affiancare al risultato sportivo anche traguardi commerciali. Una sorta di commistione tra cultura sportiva e cultura d'impresa. In quest'ottica lo stadio si rivela un "asset" fondamentale, una risorsa indispensabile per creare profitto. La strada intrapresa punta a trasformare queste arene sportive in centri nevralgici dell'attività aziendale delle società, concentrando in un unico ambiente iniziative di marketing, eventi sportivi e servizi alla tifoseria. Un nuovo "concept" di stadio che possa massimizzare il potenziale economico dell'impianto. L'ESEMPIO AMERICANO - Tale processo trova le sue radici nello sport professionistico Americano, principalmente nelle arene che ospitano gli eventi cestistici della NBA. Negli ultimi anni gli Stati Uniti hanno realizzato impianti votati alla coabitazione di attività sportive e necessità aziendali. Si tratta di stadi di proprietà ideati per esaltare l'aspetto commerciale del brand, partendo dalla pratica del "naming" fino a giungere all'installazione di centri commerciali e attività di servizio. In Europa il pallone è l'unico sport in grado di muovere le masse al pari del basket americano, di conseguenza risulta essere il solo movimento a potersi permettere un simile approccio. La Premier League è stata la prima realtà ad assorbire l'esempio americano, seguita da altri campionati come l'Olanda, la Germania e la Spagna. E l'italia? LE DIFFICOLTA' ITALIANE - La nostra nazione al momento possiede un solo stadio che rispetta interamente i crismi della Fan Experience, lo Juventus Stadium. Si tratta di un'opera architettonica innovativa, ideata appositamente per unire allo spettacolo calcistico le necessità di marketing. Nel panorama italiano è senz'altro un'esperienza unica: supermercati, ristoranti, store, musei, possibiltà di tour nella struttura, aree per bambini. Altre società come Udinese e Milan stanno muovendo i primi piccoli passi in questa direzione, ma è ancora poco. Le strutture nazionali risultano troppo obsolete per poter sostenere una simile politica, ed hanno generalmente un grande difetto: le società non ne sono proprietarie. In questo modo i club sono costretti a sottoscrivere contratti d'affitto con le amministrazioni comunali, senza avere la possibilità di gestire e sviluppare aree di interesse parallele all'evento sportivo. Le società dovrebbero poter acquisire gli impianti per rinnovarli. Una volta proprietari potrebbero avere introiti dai contratti di "naming", dalla gestione pubblicitaria e dalle concessioni relative agli esercizi commerciali al proprio interno. Sarebbe l'unica via percorribile per sfruttare queste imponenti strutture non solo nelle giornate di campionato ma anche, e soprattutto, durante l'intera settimana. Si tratta di una rivoluzione da affrontare con il benestare delle istituzioni. Abbandonare la tendenza statalista tipica della realtà italiana e spingere le società a compiere investimenti importanti per ottenere la proprietà delle strutture. In tal modo la gestione privata garantirebbe una rapida remunerazione dell'investimento iniziale. Il calcio è una macchina che si alimenta da sola; Arrigo Sacchi l'ha definito in tempi non sospetti "la cosa più importante tra le meno importanti". Poggia le basi su una passione che scalda i cuori in ogni continente, è un interesse planetario. I tifosi sono il traino su cui far leva per potenziare lo sfruttamento del brand, gli stadi le culle dove far prosperare l'amore per il proprio club. Perche' si, un uomo allo stadio deve essere un uomo felice.