Lo abbiamo visto seduto, in mezzo al campo, gustarsi lo spettacolo della sua tifoseria. Lo abbiamo visto tornarsene dal Signal Iduna Park a piedi, dopo una di quelle sconfitte che fanno riflettere. La vita è susseguirsi di capitoli intricati, di voli pindarici e cadute dolorose. Bisogna sapere quando cambiare strada. La ragione deve superare i limiti imposti dai sentimenti. Jurgen Klopp sapeva bene che le vette raggiunte dai suoi ragazzi erano difficilmente ripetibili. Due campionati, due supercoppe, una finale di Champions. E un gioco spettacolare, veloce, moderno. Non ha faticato la marea gialla ad innamorarsi del profeta della Vestfalia. Un pazzo, un animale da campo, un tedesco dalla tempra sudamericana. Lo adoravano senza cognizione di causa, come si venera un Dio. E alla fine del ciclo ciò che gli è stato tributato è roba rara nel mondo del calcio. Un attestato di riconoscenza che si concede solo a chi ti porta in alto, tanto da percepire le vertigini. Jurgen ha deciso di prendersi una pausa, di disintossicarsi e ricominciare a studiare. Ma all'improvviso arriva una di quelle offerte da far tremar le gambe. La storia della Premier League che si materializza davanti agli occhi, uno stadio che è leggenda, una tifoseria che è magia. Ci sono analogie romantiche sull'asse Dortmund-Liverpool. Citta' industriali, l'una centro nevralgico della Ruhr, l'altra imponente nodo industriale del Merseyside. Realtà operaie, aria tersa, il calcio come via d'uscita. Il grigiore circostante contrasta con lo spettacolo giallo e rosso degli stadi. A Liverpool addirittura cantano un coro che rimbomba nelle orecchie dal primo all'ultimo minuto. Per questo Jurgen si è lasciato abbagliare dalla nuova impresa: dopo la marea gialla c'e' un'altra curva da conquistare. Klopp for the Kop.