Facebook, Twitter, Instagram... la vita(professionale e non) dei calciatori ora si conosce attraverso i social network. Sono passati i tempi in cui i calciatori volevano la propria privacy, ora si tende a far sapere tutto. C'è ad esempio chi usa i social per esprimere la gioia per un goal fatto, per una vittoria conquistata, per un trofeo vinto o addirittura chi mette la propria sfera privata a conoscenza dei followers. Però i social vengono utilizzati anche per protestare, magari per un rinnovo di contratto non ancora proposto, oppure per lo scarso minutaggio concesso dal proprio allenatore o, peggio ancora, per diffamare dei colleghi. Tutto questo comporta una mancanza di professionalità ed è motivo(ingiustificabile) di distrazione per il raggiungimento di determinati obiettivi. Viviamo in un Paese democratico e ognuno ha la libertà di parola, ma le società dovrebbero limitare l'utilizzo dei media ai propri calciatori affinché il calcio ne tragga benefici. In un momento in cui il nostro Paese non brilla in questo sport, se solo pensassimo a come esprimere le qualità calcistiche(e non quelle "social"), forse occuperemmo posizioni di maggiore rispetto nelle classifiche che contano. Ciò rappresenta anche una mancanza di rispetto per il calcio pre-social network, per quei calciatori che erano dei professionisti seri, che non si mettevano al centro dell'attenzione, ma si godevano il tempo libero con la famiglia. Probabilmente molti calciatori che avrebbero potuto fare una carriera più gratificante, hanno sprecato questa possibilità anche a causa dei social network. In un periodo storico in cui la tecnologia da un lato ha fatto passi di gigante per mettere in contatto persone di tutto il mondo, dall'altro ha rovinato quello che era "il vivere lo sport" in modo genuino e ,probabilmente, più bello.