Ho fatto un gioco, seguitemi: prendiamo le 36 federazioni che hanno partecipato alla fase a gruppi delle tre competizioni internazionali UEFA (Champions, Europa, e Europa Conference). Ora, stabiliamo un criterio di “peso” tra le tre competizioni, e per fare questo andiamo a vedere i premi per chi vince ciascuna competizione (20 milioni per la Champions, 8,3 per l’Europa League, 5 per la Conference).
Da questo, calcoliamo le probabilità che ciascuna squadra possa vincere queste competizioni, basandoci solo sulla presenza all’interno della fase a gruppi. Ed andiamo a pesare tali probabilità per i pesi di ciascuna competizione delle tre competizioni. E stiliamo la classifica tra federazioni sommando le probabilità per ciascuna squadra ad essa appartenente. 

Ovviamente, ai nastri di partenza, otterremo una classifica che sostanzialmente rispecchia il peso della federazione all’interno dell’UEFA (e dipende, solo in piccola parte, dalle prestazioni di chi ha partecipato alle fasi preliminari, o dai risultati dell’anno precedente): ci troviamo quindi Germania, Inghilterra, Italia, Spagna, Portogallo, Francia, e così via fino alle più piccole che hanno un posto in Conference League.
Ora, ripetiamo il procedimento a conclusione della fase a gruppi: ovviamente, un certo numero di squadre è uscito dalle competizioni, altre sono scalate dalle competizioni più prestigiose a quelle meno, entrando nella fase dei playoff. E, corrispondentemente, anche i punteggi relativi alle varie federazioni si sono redistribuiti, tipicamente concentrando questi punteggi su un numero più limitato di federazioni (sono 24, non più 36). Ri-stilando la classifica, si osserva qualche cambiamento, ma, ovviamente, in termini assoluti le posizioni non variano di molto (le prime 6 sono ancora quelle).
Però possiamo fare una cosa: calcolare il rapporto tra i punteggi che si avevano all’inizio della fase a gruppi, e quelli che si hanno all’inizio dei turni ad eliminazione diretta. Questo ci permetterà di capire quali federazioni hanno avuto prestazioni superiori al previsto.
E qui scopriamo che l’Inghilterra ha visto quasi raddoppiare le proprie probabilità di successo, ma bene vanno anche Germania – 1,6 e Italia, 1,4. Male, invece, per la Spagna, che scende sotto il fatidico 1, sostanzialmente per la cattiva prestazione di buona parte delle squadre impegnate in Champions League.
Si consideri, tra l’altro, che queste probabilità NON tengono conto direttamente della qualità delle squadre partecipanti (per fare un esempio, a inizio fase a gruppi, Rangers e Liverpool erano ipotizzate come aventi la stessa probabilità di passare il turno di Champions). Questo vuol dire che scendere sotto 1, per una federazione “forte”, è quasi un disastro.
Sull’altro fronte (quello delle federazioni medio-piccole), molto bene Belgio e Turchia, che ottiene un ragguardevole 1,8.

Al di là delle considerazioni sulle prestazioni nazionali, allarghiamo lo sguardo e vediamo il quadro generale: il modello che è stato messo in atto dall’UEFA, è stato pensato per espandere la partecipazione, e, possibilmente aumentare l’imprevedibilità, con la creazione di tre competizioni, e passaggi tra le stesse. Con questo modello, questi aspetti sembrano essere intaccati solo in parte. Per fare questo, proviamo a calcolare il Coefficiente di Gini, un indicatore di diseguaglianza, su queste probabilità: se tutte le federazioni fossero poste nelle stesse condizioni, questo coefficiente sarebbe 0, e pari invece a 1 se vincesse sempre e solo la stessa federazione in tutte e tre le competizioni. Bene, proviamo a calcolarlo nelle due condizioni studiate: all’inizio della fase a gruppi, questo coefficiente risulta pari a 0,56.

All'evolversi delle diverse fasi, questo coefficiente tenderà ovviamente ad aumentare (raggiungerà 1 nel momento in cui si alzeranno le tre coppe a maggio): adesso (i.e. a conclusione della fase a gruppi), è pari a 0,75. Ora, proviamo a calcolarlo nella condizione, storica, in cui non c’erano ripescaggi (le prime 2 passano, le altre 2 fuori). Prima di cominciare i gruppi, questo avrebbe portato ad una distribuzione più equa rispetto al presente (0,53): di fatto questo non è un caso, perché i ripescaggi tendono a premiare le federazioni più presenti. Alla fine della fase a gruppi, il valore di ineguaglianza aumenterebbe anche in questo caso, arrivando a 0,76, quindi più o meno equivalente a quanto invece calcolato nel caso reale. Più sfavorevole, invece, sarebbe stata la partecipazione delle federazioni alle fasi finali: con questo schema, infatti, si sarebbe passati a sole 19 squadre nella fase successiva.

Quindi, dopo 2 anni, si può dire che il meccanismo funziona per l’aspetto relativo alla partecipazione, avendo allargato la platea delle federazioni (e quindi, di conseguenza, tifosi) direttamente coinvolte nelle fasi finali. Tuttavia, questo non sembra aver portato un beneficio diretto sulla imprevedibilità delle competizioni: l’indice di Gini conferma che le coppe saranno, ancora una volta, molto probabilmente alzate dalle federazioni più importanti: sono lontani, e chi sa se mai torneranno, i tempi di Duckadam eroe di Siviglia che porta la Romania sul tetto d’Europa, alzando la coppa dalle grandi orecchie.
Al massimo, stavolta, possiamo puntare sui boeren di Brugge…