Un ciclo vincente chiuso due stagioni fa, con la conquista del nono scudetto consecutivo con la squadra allenata da Sarri, chiamato per una mini-rivoluzione dopo la separazione da Allegri, promossa da una fronda interna alla dirigenza, alla ricerca di una Juventus in grado di vincere e convincere, grazie a un gioco più propositivo e offensivo, rispetto a uno maggiormente speculativo e concentrato sulla fase difensiva. Vincente sì, ma non bellissimo da vedere.
Di fatto il progetto non si concretizza; la squadra, pur con le attenuanti del Covid, non riesce a esprimere un'evoluzione tattica nel senso auspicato e Sarri, per caratteristiche disomogeneo all'aplomb bianconero, non entra  in empatia con i giocatori, la Società e i tifosi. Uno scudetto sofferto non basta a cancellare l'eliminazione agli ottavi di Champions contro il Lione.

Punto e a capo. Si ricambia allenatore decidendo di buttare nella mischia Andrea Pirlo, neo diplomato al corso allenatori di Coverciano. La scelta è percepita da subito come un azzardo, causa l'inesperienza  e il rischio molto alto di bruciare l'ex centrocampista bianconero. Anche considerando che l'impalcatura della squadra resta la stessa, con molti giocatori inadeguati, gli stessi di cui la dirigenza sta cercando tuttora di sbarazzarsi.
Un quarto posto racimolato in extremis, all'ultima giornata, un trofeo (Supercoppa italiana) e l'eliminazione agli ottavi di CL con il Porto suggellano una stagione poco più che mediocre e ancora una volta deludente per il gioco espresso.

Esonerato Pirlo, la Società decide di ritornare all'antico tanto caro ad Agnelli e, esprimendo l'ennesimo segnale di confusione, richiama in panchina Max Allegri, con l'intenzione di tener fede al motto "Alla Juventus vincere non è importante, è l'unica cosa che conta". I risultati non confortano i buoni propositi: sconfitta in finale di Supercoppa, eliminazione ancora una volta agli ottavi di CL a opera del Villareal, squadra aggrappata a difendere il quarto posto in campionato e, nel momento in cui scrivo, in attesa della finale di Coppa Italia contro gli eterni avversari nerazzurri; con l'obiettivo di conquistare almeno un titolo nella stagione.
I risultati scarseggiano e, salvo rare eccezioni, il gioco ancora di più. La squadra appare in evidente difficoltà nell'alzare il suo baricentro, subendo spesso il pressing alto e il gioco organizzato di formazioni appartenenti anche alla parte più bassa della classifica.
Il centrocampo è il settore maggiormente sotto accusa, e non solo in questa stagione. Dopo la partenza di Pjanic, ma forse ancora di più dopo il ritiro di Andrea Pirlo, alla Juventus manca un playmaker, un impostatore del gioco che detti i tempi di difesa e di attacco, che faccia da collante fra i reparti. I tentativi fatti con Bentancur, Locatelli e Arthur non hanno sortito gli effetti desiderati, anche per caratteristiche estranee al ruolo richiesto. Rabiot ha espresso solo a sprazzi le proprie potenzialità, Mc Kennie, più incursore che  costruttore, ha sofferto di svariati infortuni, mentre Ramsey, tra prestazioni disarmanti e permanenza al Medical Center, si è dimostrato uno degli acquisti più sballati di sempre.
Al di là di come finirà la stagione, la domanda è: cosa aspettarsi dalla prossima?
I segnali che qualcosa cambierà sono nell'aria da tempo. Nel mercato invernale la Juventus ha messo a segno un acquisto importante, inserendo Dusan Vlahovic nel reparto di attacco, dimostratosi sterile con il solo Morata a far da prima punta, quando sta dimostrando di dare il meglio di sè giocando da esterno, con Dybala troppo spesso assente per infortuni o per inconsistenza e con Kean ritornato ancor più immaturo di quando era partito. Operazione importante anche sul piano dell'investimento finanziario, tamponata dalla cessione di Kulusevski e Bentancour al Tottenham e dal prestito di Ramsey ai Rangers.
L'inserimento di Maurizio Arrivabene nel team dirigenziale è stata una mossa improntata a una maggior attenzione al bilancio societario precipitato in un profondo rosso, sia per le implicazioni pandemiche, che per gli alti ingaggi concessi a giocatori spesso improduttivi.
Il mancato rinnovo del contratto a Paulo Dybala è un segnale forte in questo senso. I ripetuti infortuni dovuti a fragilità muscolare (383 giorni in infermeria nei sei anni alla Juve) e una serie di prestazioni non determinanti hanno condizionato la scelta di non rinnovare alle condizioni richieste dal numero 10.
Sicuramente dovremo aspettarci nel prossimo mercato estivo altri importanti cambiamenti, con diversi giocatori in lista di partenza e altri in arrivo. Si punterà sull'usato sicuro o su giovani di prospettiva?
Si sceglierà la strada dell'evoluzione, confermando Allegri e mirando a migliorare la squadra nei punti chiave oppure assisteremo a una rivoluzione vera e propria con l'ennesimo cambio in panchina (difficile da immaginare considerando il contratto importante del tecnico livornese) e con lo stravolgimento della rosa attuale?
La possibile rivoluzione coinvolgerà anche i quadri dirigenziali? Verrà inserito un nuovo direttore sportivo da affiancare a Cherubini? Si parla, in questo senso, di Giovanni Sartori, apprezzato DS prima del Chievo e poi dell'Atalanta, o di Cristiano Giuntoli, attuale DS del Napoli.
Pavel Nedved, protagonista della fronda anti-Allegri del 2019,  resterà ancora al suo posto o verrà sostituito da un altra bandiera nel ruolo di Ambasciatore della Juventus nel mondo? La presenza di Del Piero allo Stadium, acclamatissimo dal popolo bianconero, dopo dieci anni di assenza è da considerare un semplice indizio?
Soprattutto Andrea Agnelli, dopo stagioni di successi e ripetuti svarioni, sarà ancora al timone della squadra o verrà destinato dalla famiglia al volante della Rossa di Maranello?

Certamente sarà un'estate intrigante per i tifosi bianconeri, dopo due stagioni deludenti e per la redazione di Calciomercato.com, che sarà chiamata agli straordinari per seguire le mosse della Vecchia Signora.