Sono rimasto sconcertato, senza parole davvero, rispetto alle quasi unanimi richieste di assoluzione nei riguardi di Ibrahimovic per il recente scontro con Lukaku. Mi hanno colpito in particolare le argomentazioni di due giornalisti di primissimo piano come Sconcerti e Gramellini.
Per Gramellini, la stessa identità multietnica di Ibrahimovic sarebbe sufficiente per ritenerlo estraneo a qualsivoglia sentimento di tipo razzista, mentre per quanto riguarda Sconcerti, l'osservazione che vorrei qui discutere è quella relativa ai cosiddetti cattivi esempi, che per Sconcerti non corrono il rischio di emulazione: "Ciascuno di noi assiste a quotidiani esempi di rapine e stupro (sto andando a memoria), ma quasi nessuno di noi si mette poi a rapinare o stuprare".
Partiamo da quest'ultima considerazione e diciamo subito che essa è falsa, letteralmente falsa da tutti i punti di vista, totalmente smentita dalla realtà, e forse niente di più di una boutade al pari di quell'altra che, a suo tempo, incoronò Bonucci come il miglior difensore della storia del calcio italiano.
Si tratta di un'affermazione falsa perchè, in realtà, al contrario di quanto affermato da Sconcerti, praticamente nessuno di noi assisterà mai nel corso della propria vita ad alcun genere di crimine.
Certo, ne leggerà i resoconti sui giornali, ne sentirà parlare in tv, ne vedrà delle scene in qualche film, ma ogni volta, puntualmente, lo stupro, la rapina e qualsiasi genere di misfatto verrà aspramente condannato e i loro autori consegnati alla giustizia non appena individuati. L'esempio va visto nella sua totalità.
Noi, in effetti, non assistiamo mai ad un crimine, ma ad un crimine sempre, assolutamente sempre, combinato con la disfatta del criminale. Reale o augurata che sia. E siccome quasi nessuno di noi commette crimini, potremmo ben dire che i buoni esempi stanno dando i loro frutti. Cioè che l'esempio conta eccome. Ma non è solo questo il punto, è tutta la nostra società, tutta la contemporaneità, in tutti i suoi mille risvolti che quotidianamente ci mostra la forza persuasiva dell'esempio. Il martellamento pubblicitario, le mode, gli influencer, cos'altro rappresentano se non la forza quasi coercitiva degli esempi, da una parte, e la ricerca del conformismo come principale pratica ansiolitica, da quell'altra?
I ragazzini che giocano a calcio, ripetono quasi ossessivamente ciò che vedono fare dai campioni: i dribbling e gli stop nei casi migliori, ma pure le simulazioni, gli insulti, le aggressioni all'arbitro. La vita dei giovanissimi è tutta proiettata alla ricerca di esempi, nella vita come su un campo di calcio. Siamo fatti così, gli esseri umani si guardano attorno, valutano, giudicano e poi copiano.

Quanto al razzismo di Ibrahimovic, sono convinto anch'io che egli non lo sia, e che il riferimento ai riti vodoo altro non sia stato che il primo modo che gli è venuto in mente per far innervosire Lukaku. Però se le stesse parole fossero state gridate da qualcuno in tribuna, i criteri di giudizio sarebbero stati differenti.

Quando qualcuno lanciò la banana a Dani Alves ci si affrettò a sottolineare la sua prontezza di spirito, e nessuno perse tempo a chiedersi se il tifoso responsabile del gesto fosse davvero razzista o un burlone. Qualche anno fa, ad un tifoso venne affibbiato il Daspo a vita per aver simulato con le braccia un aereo che precipita, durante una partita del Torino. In quel caso la condanna fu unanime e nessuno cercò di capire se quel ragazzo passasse davvero le sue giornate a insultare le vittime della tragedia di Superga, o se si era trattato niente di più che di un gesto un po' stupido e mattoide, come può capitare a ciascuno di noi. Due pesi e due misure, di questo mi sto lamentando.

Quando una curva si augura la fine di Napoli sepolta dalla lava del Vesuvio, tutti gridano in coro allo scandalo, e si auspicano pene severissime per gli scalmanati. E mai nessuno che si dia all'approfondimento delle biografie dei responsabili: qualcuno di loro sarà forse multietnico, come Ibrahimovic, e quindi da prosciogliersi sulla parola; qualcun altro avrà forse perso il lavoro o la fidanzata e sentirà la sua vita in un vicolo cieco, ad un altro ancora potrebbe essere stata diagnosticata una malattia seria proprio quella mattina stessa. Non esiste solo l'adrenalina da campo di gioco, esiste anche quella da curva e da tribuna, per non parlare di quella della vita di tutti i giorni.

Forse anche tra quei tifosi che hanno gridato sporco n..ro c'è qualcuno che vive quotidianamente tra gente di colore, e mai e poi mai si sognerebbe di dar seguito alle sguaiate parole gridate in uno stadio. Forse ti risponderebbe che sono parole che gli sono venute così, che si è trattato niente di più che di uno sfogo, e che in cuor suo non si sente in alcun modo assimilabile al razzismo. Che, lo ricordo qui solo di passaggio, è un fenomeno relativamente recente, per quanto riguarda i suoi risvolti più odiosi e criminali, letteralmente inventato dalle gerarchie cattoliche e miseramente portato avanti e sviluppato dal Capitale prima e dalla scienza poi. Il razzismo trova le sue radici più profonde nei circoli intellettuali, non nel popolo, che può essere al massimo rimproverato di diffidenza verso il diverso e lo straniero, ma non di razzismo.

Ibrahimovic quasi sicuramente non è razzista, come quasi sicuramente nessuno o pochissimi tra le migliaia di persone che negli stadi agisce come se lo fosse. Però dobbiamo deciderci, e se si condannano gli atti che di razzista hanno solo lo stampo esteriore, ciò deve valere per tutti e dappertutto.

Dialm Formurder