Domenica è sempre domenica
Nessun pericolo di contagio per il lettore

Questo “pezzo”, apparentemente solo umoristico, è in realtà il flusso dei pensieri di un padre affetto da una malattia neurodegenerativa, alle prese con suo figlio diciassettenne, vittima di una sindrome che lo porta a vivere rinchiuso, non si sa bene il perché (e forse non lo sa neanche lui) nella sua camera, dalla quale non esce, se non di tanto in tanto, spinto dalla fame.
L’autore di questo brano mi ha garantito, giurando e spergiurando sul suo onore che il solo leggere questo racconto non comporta di per sé nessun pericolo di contagio, né della patologia neurodegenerativa del padre, né della sindrome del figlio. Unico rischio, leggendolo, quello di ritrovarsi, quasi senza volerlo, a riflettere.
Mi rendo conto che non si tratti di roba di poco conto, ma comunque niente che, nel giro di qualche ora, o, alla peggio, di qualche giorno, non possa guarire, senza lasciare traccia evidente sulla innata superficialità e idiozia del lettore che, alla fine di questo “percorso” dovrebbero tornare le stesse di sempre
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Il Morbo e la sindrome
Spesso le persone che soffrono di malattie neurodegenerative devono assumere farmaci che inducono comportamenti anomali: gioco d'azzardo, shopping compulsivo, oppure dipendenza psicologica, ad esempio dal telefono cellulare, dal quale patologicamente coloro che ne sono affetti, non possono allontanarsi per nessun motivo, e che quando per sbaglio non lo ricaricano, il giorno dopo col cellulare scarico soffrono di veri e propri attacchi d'ansia. Nel corso del racconto il protagonista si rivolge spesso a suo figlio Luigi, il quale, essendo affetto, come anticipato, dalla sindrome di Hikikomori vive isolato nella sua camera, senza avere contatti con nessuno se non per giocare ai videogiochi davanti ai quali passa intere settimane. Il protagonista di questo racconto giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno, un po’ per la propria patologia, che lo porta a essere sempre più depresso, ma anche perché influenzato negativamente da suo figlio, comincia anche lui ad essere sempre più isolato dal mondo, anche lui, poco alla volta, quasi senza rendersene conto scivola in una situazione di disagio analoga a quella di suo figlio, con la casa non più tenuta in ordine, così come anche l'abbigliamento e l'igiene personale: tutto diventa meno curato e più approssimativo, al punto che trovare una maglietta pulita per poter uscire fuori, sul balcone, per prendere delle cose nell'armadio, diventa una piccola tragedia. Tutto ciò, avvolto in un’atmosfera grottesca, dove l’autoironia e lo humor inglese,  scorrono frammisti, praticamente indistinguibili. Unico sprazzo di ottimismo quando il protagonista di questo racconto considera che trattandosi di una domenica, tutto ciò che lui, suo figlio, e sua moglie saranno riusciti a fare in casa per la casa, per loro, e per la famiglia, sarà stato comunque qualcosa di guadagnato, perché a priori nulla, la domenica, è dovuto. La domenica diventa dunque momento in cui tutto ciò che “colpevolmente” si è trascurato durante la settimana, può invece essere rivissuto con la possibilità, volendo, di fermarsi a riflettere; senza frenesia, senza che la nostra testa venga continuamente distolta dai mille pensieri che gli altri giorni della settimana comportano.

Dipendenze
Ma porca la miseriaccia ladra! Durante la settimana, alzarsi è diventata una vera e propria sofferenza, ma la domenica, proprio quando uno potrebbe anche indugiare un po’ prima di alzarsi, niente! Il sole ancora non è sorto del tutto, e già al posto degli occhi c’ho due fanali, spalancati così. Ma stavolta non mi faccio fregare: vado in bagno, faccio quello che devo fare e torno subito sotto le coperte, sperando di non svegliarmi del tutto. Madonna quanta fatica per alzarsi! Il cellu dov’è? Cazzarola, dove l’ho messo? Non pretenderete mica che mi alzi e vada in bagno senza avere in mano il cellulare, o quanto meno, senza sapere dove reperirlo in caso di improvviso cataclisma e/o conflitto nucleare! A giudicare dalla luce proveniente dalla finestra, non saranno più delle sette del mattino, e, situazione per me di grande ansia, non ho informazioni precise su dove si trovi il mio cellulare. Niente, ormai mi sono svegliato del tutto. La mia testa ha ripreso a funzionare, e finalmente ricordo cosa è successo: stanotte, per sentire meglio la voce del mio adorato Audible: “Tre uomini in barca, per tacer del cane” di Jerome K. Jerome, letto da quell’artista scoppiettante che è Massimo D’Onofrio, ad un certo punto ho staccato, mezzo addormentato e mezzo sveglio, il telefono dal caricatore, per avvicinarlo il più possibile all’orecchio. Il risultato è che, adesso il cellu è… stra-morto! Speriamo solo che l’eventuale cataclisma abbia la compiacenza di aspettare che il cellu si ricarichi, prima di manifestarsi. Diversamente sarebbe davvero un colpo basso che, anche non volendolo, mi spingerebbe, magari inconsciamente, a prendere in antipatia questo romanzo di rara bellezza e ancor più rara ironia. Tutto sommato, considerando anche che oggi è domenica, e che quindi non devo per forza uscire ad un orario prestabilito, posso tirare un sospiro di sollievo. Adesso, pian pianino, senza fretta, mi porto tutto in bagno e così, tra un’operazione e l’altra, l’amato cellulare si ricarica…

Cazzarola! Neanche con la spina del caricatore inserita si accende, il povero mio cellu. Morto, ma per davvero, che più morto non si può! Ma per una nobil causa: immolato sull’altare della British Literature. Santa la Madonnina del Carmelo! Niente da fare: questa storia del cellulare scarico, con la sua inevitabile generosa dose di smarrimento ed agitazione, mi ha innervosito troppo: sperare adesso di riaddormentarmi come prima, sarebbe speranza vana. Smarrimento che per fortuna, poco alla volta se ne va, man mano che, come un piccolo bacino verso cui è stato dirottato un torrente impetuoso, la batteria dell’amato cellu, con le sue animazioni grafiche quasi ipnotiche, e le sue tacche rassicuranti, sarà nuovamente pieno.

Asticella sempre ben alta!
Vabbè và, lasciamo perdere… E’ domenica, nessuno ci corre dietro: se durante la giornata avrò sonno, eventualmente schiaccerò un pisolino. A questo punto, per consolarmi e coccolarmi, mi concedo un momento per fare colazione, cosa che, per fretta, normalmente non faccio. Massì, dai, che oggi è la volta buona, oggi “festeggio”. Luigiiii, vieni anche tu, dai, che facciamo una colazione sontuosa, che neanche i re!

[silenzio]

L’altro giorno ho comprato dei crostini integrali che sono un bijoux: croccanti al punto giusto, uno spettacolo! Qua, ormai, con ‘sti sette chili di ciccia, tutti di metabolismo praticamente azzerato, vige la regola severissima che, se una cosa non è integrale, me la possono anche regalare, che su questa tavola di sicuro non finisce. Almeno… non in mia presenza! Dunque… i crostini integrali ci sono, le marmellate le ho messe nell’armadio qui fuori: vado a prenderle… Ah no, cazzarola: mi accorgo solo adesso che ieri ho lasciato le tende del balcone tirate su: se si esce, si è alla vista di tutti… non posso mica andare fuori in mutande, porcaccia la miseriaccia! Luigi, perché non vai tu un attimo fuori? Solo un attimo, il tempo di prendere le prime marmellate che ti capitano, e tornare subito dentro. Dai, che gli sbalzi di temperatura fortificano! Tra l’altro… tu sei già vestito…

[silenzio]

Niente, come non detto, se voglio fare colazione coi crostini e le marmellate devo vestirmi e uscire io, l’abbiamo capito. Il messaggio è arrivato. Di sicuro però non esco in mutande, ma nemmeno per pochi secondi: sono un serio e stimato professionista, ho una reputazione, non ho mica calato le braghe come quei selvaggi del terzo piano del palazzo di fronte, che tra un po’, sul balcone, ci vanno direttamente come il Padreterno li ha creati! L’asticella in questa casa si tiene ancora ben alta! Che Dio mi fulmini se mi ricordo dove ho appoggiato i pantaloncini verdi, quelli della Nike, quelli che ho messo due giorni fa per andare a buttare l’immondizia. Niente, è sempre la stessa storia. Ma è solo colpa mia, che mi illudo, e ogni volta puntualmente rimango fregato: le cose devi nasconderle, altrimenti quando ti servono non le trovi mai. Vabbè, metto i jeans… Seh, vabbè, i jeans! D’accordo per le gambe, ma non posso mica andare a torso nudo, dai! La camicia, d’altro canto, mi sembra una soluzione un po’ eccessiva: mica devo andare a fare il chairman ad una conferenza di entomologia forense, eh!

Tornando a bomba sul discorso maglietta, se la memoria non m’inganna, la maglietta dell’altro giorno l’avevo messa io stesso a lavare… ho davvero poco da recriminare, stavolta: chi è causa del suo mal, pianga sé stesso. La prossima volta, col cavolo che la metto nella cesta l’ultima maglietta, che se poi devi uscire un attimo a prendere le marmellate, con tutta la reputazione e tutto il resto, va a finire che ci devi andare, se va bene a torso nudo, o, se va male, direttamente in mutande. Ultimissima speranza: che un’altra maglietta, che avevo parcheggiato sulla sedia in seconda fila in sala, non sia stata rimossa e messa nella cesta, forse troppo precipitosamente, prima che altre soluzioni, alternative a questa, non si siano rese disponibili. Vedo, però, che purtroppo, l’infausta rimozione della maglietta di cui sopra è nel frattempo sopraggiunta. Rimozione, mi si consenta lo sfogo, operata con solerzia persino eccessiva da chi, evidentemente, gode a mettere una persona come me, che si sforza di condurre una vita dignitosa e ordinata, diciamo così… ‘in difficoltà’. Tuttavia, proprio in questo momento, mentre vi scrivo, mi sovviene un ricordo non ancora del tutto nitido, che sta facendo timidamente capolino nella parte conscia della mia mente. Ricordo che mi suggerisce l’esistenza di un’altra maglietta ancora, lasciata parcheggiata (il termine giusto sarebbe: abbandonata) nell’altro bagno… Cercando (e trovando) la maglietta, la cui presenza più che ricordata mi era parsa sognata, saltano fuori anche le mie ciabatte, su cui, tanto era il tempo passato dal loro ultimo avvistamento, che ci avevo fatto una croce sopra. Ecco le ciabatte dov’erano finite! Le avrà nascoste Saetta nel bagnetto. Saetta, Saettaaaa! Fronte! Saetta, fronte! Eccolo, che te lo vedi arrivare al piccolo trotto… Monello Saetta! Monellino! Le ciabatte non le devi prendere, non si gioca con le ciabatte di papà! No!

Mi accorgo solo adesso che ‘sto povero bagnetto - pozzo di san Patrizio, in cui le presenze di ognuno di noi sono sempre quanto meno frettolose, per non dire fugaci, meriterebbe di essere tenuto in condizioni più… dignitose, ecco! Quasi quasi mi faccio una doccia subito, così poi se c’è da andare a comprare qualcosa sono già pronto… e se poi rimane dell’acqua per terra, ne approfitto per dare una lavata. Madonna però che silenzio, ci vorrebbe un po’ di musica. L’altro giorno ho scoperto un album che si intitolava musica da ristorante, atmosfera jazz davvero deliziosa... Ma cazzarola, il telecomando dello stereo dove cazzarola è andato a finire? Porca la miseria ladra quanto mi irrita non trovare subito una cosa quando ne ho bisogno! Quando non ti servono, spuntano fuori, a fare disordine, cose che non vedevi più in giro da anni. Ma ci fosse una volta, una! Che trovi quello che ti serve al volo. Se sono le ciabatte, allora c’è Saetta che, povero, i rimproveri se li becca tutti lui (e magari non c’entra neanche niente), ma io il telecomando dello stereo in bocca a Saetta non l’ho mai visto. Qua lo so io chi è che lascia tutto in giro alla chissenefrega... E infatti! Eccolo qua il telecomando. Luigi, Santoddio, quando hai finito di ascoltare la musica, non puoi fare lo sforzo di mettere il telecomando al suo posto? Qua il 50% delle cose è perennemente in giro, perché non ha un suo posto, ma le poche che un posto ce l’hanno… cazzarola! Luigi, ma hai capito che ti ho detto?

[silenzio]

Eccolo qua… l’hai lasciato sotto i tuoi quaderni con qualche tasto che è rimasto schiacciato e adesso la batteria è scarica. Come cazzarola lo accendiamo adesso lo stereo? Eh? Aspetta, aspetta; che adesso che mi ci fai pensare avevo comprato qualche giorno fa un pacco di mini-stilo. Vedi Luigi, si scarica una batteria? No problem! Papà c’ha pensato lui. Nel contenitore delle batterie c’è sempre un pacco di stilo e mini-stilo nuovi, per non rimanere mai senza… ma scusa, Luigi, la confezione di mini-stilo nuova, quella che ho comprato l’altro ieri dove è andata a finire? Così eh, per curiosità te lo chiedo… pure quelle ti sei fumato! Ma si può sapere come cazzarola hai fatto a finire anche quelle? Te le fumi veramente! Non c’è altra spiegazione! Ma quando ti parlo almeno lo sforzo di rispondere, di dire una cazzata qualsiasi, non potresti farlo? Ma anche solo per finta, dico io. Uno rimane senza batterie, ma almeno ha la soddisfazione di vedere che l’altro è dispiaciuto…

[silenzio]

Ok ok, non cadiamo nel tranello, la giornata è lunga, è domenica, non è il caso di arrabbiarsi. Userò le mini-stilo del mouse wireless. Ci vuole poco, visto Luigi, come si fa? Non c’è bisogno di agitarsi, se c’è un problema si cerca di risolverlo senza perdere la pazienza… Ma porca la puttanazza ... in carriola! Ma cazzarola di una cazzarola! Ma anche le mini-stilo del mouse si sono consumate? Ma porco Giuda, guarda che le batterie non si mangiano! Aspetta, aspetta, che forse ho capito dove finiscono le batterie in questa casa… Eccola là! Mia moglie! Da quando le ho regalato le cuffie Sennheiser con noise cancellation le mini-stilo non fanno in tempo a entrare in questa casa che già le salutiamo. Dopo l’ILVA di Taranto gli inquinatori più accaniti dell’ambiente siamo noi, miseria ladra! Certo che ieri sera un minimo d’ordine lo potevamo anche fare, prima di andare a letto. Altro che colazione, qua c’è da fare un lavoro di riordino, che se va bene ci tornerà utile per il pranzo. Con tutto quello che si fa durante la settimana, quasi quasi, per una volta, potremmo anche andare a mangiare fuori, da qualche parte. Luigi… Luigiii… Luigi, ti andrebbe se andassimo a mangiare da qualche parte? Madonna che nervi, guarda che ti sto proponendo di andare a mangiare fuori, non di salire sul patibolo. Mi fai la cortesia di rispondere? Va benissimo anche un vaffa, un segno di vita qualsiasi…

[silenzio]

Va bene, ho capito, m’è passata la voglia di fare colazione, le marmellate adesso, avendo recuperato ciabatte, maglietta e jeans sarebbero anche raggiungibili, ma vedermele davanti senza avere più la voglia di mangiare, mi farebbe innervosire ancora di più. Lasciamo perdere la colazione, che è meglio!

Scadenze e priorità
Già che sono di umore tetro, ne approfitto per fare i conteggi per il pagamento dell’IMU e di tutte le altre imposte scadutissime già da un bel po’ di mesi. A proposito di imposte… lo ammetto, sono perdutamente innamorato del Ravvedimento Operoso: costa talmente poco che i pagamenti li faccio in ritardo apposta, per compensare da un punto di vista psicologico le scadenze severissime delle bollette di luce e gas, che sono spietate. Dopo anni e anni di pagamenti sempre puntuali, sgarri di qualche giorno la scadenza, e ti arriva la raccomandata A/R che devi andare a ritirare alle poste, nell’unico ufficio di Poste Italiane in Italia, quello di via Barletta, dove non c’è il dispenser di bigliettini numerati e quindi, la coda, te la devi fare tutta in piedi! Una sorta di punizione corporale che si aggiunge a quella pecuniaria, e quella morale di essere additato pubblicamente come deprecabile pagatore moroso. A completare l’opera, e sono sicuro che al direttore della filiale di via Barletta sia venuto in mente, mancherebbe solo la presenza di una freccia luminosa intermittente puntata su di te con su scritto, a caratteri cubitali: MOROSO. Arrivano solleciti di tenore talmente minaccioso, che a leggere quello che scrivono, sembra quasi che, qualora il pagamento della cifra prevista non avvenga nel giro di poche ore, un battaglione di tecnici farebbe irruzione, buttando giù con un ariete la porta di casa, senza neanche suonare per farsi aprire, e smantellando, a seconda dell’insolvenza, l’impianto elettrico o di distribuzione del gas, rimossi in modo definitivo e irrecuperabile. Che depressione, mi sono alzato da nemmeno mezz’ora e già mi sento stanco. Vivere così non ha davvero senso. Qua c’è da fermarsi un attimo e fare un’analisi delle priorità. Ma di quelle serie! L’unica per uscirne vivo è prendere un foglio e fare una to-do list… I fogli di brutta per fortuna sono qui, ma avrei bisogno anche di una matita… Luigi, dove sono le matite che avevo temperato la settimana scorsa? Ti ricordi, che la settimana scorsa ho trovato dopo mesi che l’avevo dato per disperso il temperino, e ne avevo approfittato per fare la punta a tutte le matite in giro per casa? Non ne trovo più neanche una. Come e possibile? Ma cazzarola ti passa la voglia di fare qualsiasi cosa.

[silenzio]

Va bene, tagliamo la testa al toro, la lista la posso fare anche col PC. Una bella lista di cose da fare con word e passa la paura! Prendo il PC evvai! Noooo, miseria ladra! Ho lasciato in ufficio l’alimentatore del PC! Ho, si e no, mezzora, prima che la batteria mi abbandoni. Se voglio fare una lista col PC, mi devo sbrigare, altrimenti va a finire che appena finisco di farla, il PC si spegne e tanti saluti. Ummm, aspetta un attimo, che mi sta venendo in mente un altro dettaglio di non proprio scarsa importanza: mi sta venendo in mente che la lista, se voglio poterla leggere anche quando la batteria si sarà esaurita, devo poterla stampare… Luigi, per caso sei riuscito a comprare le cartucce per la stampante?

[silenzio]

Perfetto, proprio la risposta che mi aspettavo! Ma cazzarola di una cazzarolaaa. Se l’inchiostro lo usi anche tu, dico io, per una volta potresti andare a prenderlo anche tu. O no?

[silenzio]

Ok! Allora nella lista delle cose da fare mettiamoci di comprare l’inchiostro per stampare la to-do list. Basta, sono davvero esausto. Ogni iniziativa, ogni slancio di entusiasmo viene immediatamente sedato. Basta, sono mesi che rimando: devo riprendere a fare attività fisica. Il problema, si sa, è iniziare, e poi essere costanti. Solo che qua bisognerebbe prima fare una bella pulizia, ma oggi di fare pulizie proprio non mi va. Sai che faccio? Adesso mi vesto e vado a vedere se riesco a rimettere in sesto le mountain bike… Oggi fa più caldo del solito, le attività faticose le lascerei per giornate più fresche. Per carità, se dovessimo aspettare giornate sempre fresche per fare lavori faticosi staremmo ancora a tirare su piramidi. Per fortuna ci siamo organizzati nei secoli.

Direi che gli scarponi pesanti possiamo temporaneamente toglierli dalla circolazione. Adesso gli do una pulitina e li metto a posto… Certo che le scarpe leggere andrebbero lavate tutte, non sono per nulla presentabili. Quasi quasi approfitto del fatto che sono a casa per fare un lavaggio delle scarpe in lavatrice. Ho letto da qualche parte che le scarpe, a differenza di un tempo, adesso sono fatte in modo che tu possa lavarle anche in lavatrice. Qualche dubbio in realtà rimane: trattandosi di lavatrice non proprio comprata ieri, non vorrei, con questo lavaggio di scarpe “sperimentale”, inferire il colpo di grazia alla lavatrice, che non mi sembra goda di salute straripante. Non vorrei che si rompesse. Soprattutto non vorrei che si rompesse giusto quell’unica volta in cui la uso io. E’un classico: le lavatrici vecchie sono come quelle simpatiche vecchine centenarie completamente autonome, che hanno i loro riti, e fin quando glieli lasci celebrare senza minimamente interferire, non hanno nessun problema. Quando poi, invece, i figli premurosi decidono che la loro mammina vecchina centenaria non possa più stare da sola e debba avere una badante ad assisterla, il solo cambiamento minimo di qualche abitudine apparentemente insignificante porta ad un degrado così repentino da essere visibile ad occhio nudo. Danno l’impressione di poter campare tranquillamente per duecento anni, cambia la marca dei pannoloni, oppure cambia la badante e ne arriva un’altra anche più gentile, più preparata, ma che ha consuetudini diverse e zac, la frittata è fatta.

No, non ho nessuna voglia di sfidare la sorte facendo fare alla lavatrice il lavaggio delle scarpe. Chi la conosce meglio di me ci penserà. Nel frattempo, è bastato quel po’ di stress in più per mettermi KO. Meglio che mi riposi un po’. Certo è che di cose da fare siamo pieni tutti, ma la domenica per fortuna è fatta così.
Ciò che fai è tutto di guadagnato, perché di domenica quello che fai è sempre un dono inaspettato. E se non hai fatto niente… pazienza: tra sette giorni sarà di nuovo domenica!