Quest’estate, aprendo un qualsiasi giornale o sito online sulla sezione serie B, si trovavano le solite griglie di partenza che si fanno ogni anno, in cui i giornalisti si prendono il rischio di provare disegnare quella che sarà la stagione a venire. Sia chiaro, non è mai facile a bocce ferme fare previsioni di questo tipo, e le sorprese sono sempre dietro l’angolo. Quello che ci si aspetta, però, è che chi si prende il rischio di fare un certo tipo di articoli, abbia studiato l’effettiva situazione squadra per squadra del campionato. Leggendo tali griglie, un po’ ovunque, era cosa scontata trovare il Venezia nelle ultime posizioni, a lottare tra la zona play-out e la zona retrocessione. Stando a quanto previsto da queste griglie, quindi, la posizione attuale del Venezia, in piena lotta play-off e a tre punti dalla promozione diretta, potrebbe essere considerata come un piccolo miracolo sportivo.
Bene, oggi sono a qui a spiegarvi perché questo Venezia è tutt’altro che un miracolo o semplicemente una stagione andata oltre le aspettative, e perché le griglie di partenza che ho letto a settembre mi avevano lasciato, già all’epoca, perplesso e disorientato.

1. LA RINASCITA DOPO IL FALLIMENTO

9 giugno 2019: Coppolaro spara sulla luna l’ultimo rigore, Vicario scoppia in lacrime, il Venezia, dopo essere arrivato in semifinale play-off l’anno prima, è retrocesso in serie C, sembra la fine di tutto.
12 luglio 2019: il Venezia riceve l’aiuto del suo nemico per antonomasia Zamparini, che non ha depositato l’iscrizione al campionato del suo Palermo al e ne dichiara il fallimento. Il Venezia è ufficialmente riammesso in serie B.
A questo punto la situazione è veramente delicata. Solo una manciata di giocatori sono rimasti sotto contratto e la squadra è da rifondare completamente in poco più di un mese, per affrontare un campionato che, sappiamo, non perdona nessuno.
Per fare ciò viene individuato Fabio Lupo, che ha il compito di costruire una squadra praticamente da zero con un budget decisamente esiguo.
Nel giro di un mese vengono ufficializzati ben 18 giocatori, tra i quali i vari Aramu, Vacca, Capello, Felicioli, Fiordilino, Pomini e Ceccaroni. Il tutto, tra parametri zero e presiti, spendendo davvero poco (non abbiamo cifre ufficiali ma quasi sicuramente si parla di una cifra di gran lunga inferiore al milione di euro). Per la guida tecnica si punta su un giovane all’esordio in B, Alessio Dionisi, del quale si parla un gran bene, ma che rimane un incognita in un campionato altamente logorante come quello cadetto. Il Venezia ci punta forte, pagando addirittura 200 mila euro di clausola all’Imolese e offrendogli un contratto di due anni con opzione per il terzo. Gli ingredienti per una stagione dura ci sono tutti e la salvezza sarà considerata come uno scudetto.
Fin da subito Dionisi dimostra di avere le idee chiare. La squadra è un po' discontinua ma fa anche partite di ottimo livello. L’identità di gioco è ben precisa, e alla lunga inizia pure a giochicchiare bene. Brilla soprattutto Aramu, che, da trequartista, è il fulcro del 4-3-1-2 di Dionisi e dimostra di poter avere colpi importanti.

Nel bel mezzo della stagione arriva anche quello che, inizialmente, sembra un fulmine a ciel sereno. Joe Tacopina, dopo aver riportato il Venezia nel calcio che conta dalla serie D, viene praticamente sfrattato dalla carica di presidente, diventando presidente onorario. Al suo posto arriva Duncan Niederauer, sconosciuto ai più ma già tra i maggiori investitori del club. Il pessimismo veneziano aleggia nell’aria, si parla di un nuovo fallimento (bisogna dire che abbiamo enorme esperienza in merito) e di una proprietà americana che ormai ha mollato. In realtà questo cambiamento dirigenziale porterà una visione e un ambizione del tutto nuova. Ma questo sarà approfondito in un altro punto.
Alla fine, con un lockdown di mezzo, le idee e il calcio di Dionisi portano a fare cinquanta punti (ben al di sopra della quota salvezza degli anni precedenti), raggiungendo però la salvezza solo all’ultima giornata. Sembra il possibile inizio di un nuovo ciclo, con Dionisi che è riuscito nell’impresa di salvare una squadra costruita da zero e che ha confermato di essere uno dei migliori allenatori emergenti del calcio italiano.

2. STRUTTURA SOCIETARIA: PERSONE GIUSTE AL POSTO GIUSTO

Agosto 2020: altro fulmine a ciel sereno. Dionisi decide, nonostante un altro anno di contratto con i lagunari, di accordarsi per conto suo con il più ambizioso Empoli facendo infuriare il Venezia che si trova così, ad agosto, senza un allenatore (non mi esprimo sulle qualità umane dimostrate da Dionisi che è meglio). Anche Fabio Lupo dice addio, non d’accordo con la nuova visione societaria dettata dal presidente Niederauer. Si torna a respirare pessimismo.
Al posto di Lupo si decide di puntare sulla coppia tutta veneziana Poggi-Collauto, che individuano in Paolo Zanetti, 39enne originario di Vicenza, il successore perfetto di Dionisi.
Ecco, proprio il trittico Collauto-Poggi-Zanetti sarà il cavallo vincente della società di Niederauer.
I primi due, entrambi veneziani doc, hanno poca esperienza ad alto livello come direttori sportivi, ma incarnano perfettamente tutti i valori della venezianità e danno finalmente un'identità precisa al club. Il nuovo presidente decide di puntare forte su questo concetto di identità, affidando le chiavi del Venezia a chi Venezia la conosce nel profondo. Credo che le parole utilizzate da Poggi stesso nel giorno della sua presentazione, riassumano perfettamente la nuova visione di club che ha dettato il presidente Niederauer: “Noi siamo Venezia e questo dev’essere dimostrato ogni volta che si parla di questa società, rendendo orgogliosi chi sta vicino a questa società e chi investe in questa società. Una persona che dice “io tifo Venezia” deve potersi identificare con il Venezia, con le ambizioni, i colori, il progetto, noi non siamo solo una società di calcio, ma rappresentiamo Venezia, siamo una società che rappresenta dei valori, dobbiamo ripartire soprattutto dal territorio che abbiamo rischiato di perdere e che ora dobbiamo riconquistare rischiando e mettendoci la faccia”. Credo sia proprio la fiducia in questi valori, ormai dimenticati nel calcio moderno, che ha permesso a questa società di cambiare completamente rotta e fare il passo decisivo verso il calcio che conta. Anzi, ne sono sicuro.
Invece il terzo, Zanetti, è decisamente l’allenatore giusto, al posto giusto, nel momento giusto. La sua idea di gioco, già espressa l’anno prima ad Ascoli, che lo aveva irragionevolmente esonerato mentre era in piena corsa play-off, poteva apparire decisamente in continuità con l’idea di gioco di Dionisi, e così effettivamente è stato. Fin da subito sposa con determinazione il nuovo progetto societario, che punta molto di più sull’aspetto sportivo rispetto a prima, ponendosi come obbiettivo principale, non più quello di crescere a livello mondiale come brand e merchandising (lavoro svolto egregiamente dalla società di Tacopina), ma quello di tornare quanto prima al vertice del calcio italiano e di restarci. Zanetti si rivela la prima grande intuizione del duo Collauto-Poggi: è il mister che a Venezia ho sempre sognato, capace di dare un’identità di gioco precisa, di leggere le partite in maniera eccellente e con un senso del gruppo che, alla lunga, fa la differenza. Sfruttando anche l’eccellente lavoro di Dionisi dell’anno prima, Zanetti porta subito la squadra a giocare divinamente, e non ho difficoltà a dire che questo Venezia è, a livello di qualità di gioco, il miglior Venezia degli ultimi vent’anni. Inoltre possiamo dire che, negli ultimi due anni, abbiamo avuto in laguna quelli che sono probabilmente i due migliori allenatori della serie B, e questo ha enormemente influito sul successo attuale della squadra.

E non è finita qui: negli ultimi mesi sono state aggiunte due figure che non devono passare in sordina come forse è stato. La prima, Ivan Ramiro Cordoba, leggenda dell’Inter e della nazionale colombiana, entra a far parte della società in qualità di socio del club e Consigliere Delegato per l’Area Sportiva. Nel comunicato si legge che “porterà il suo contributo in diverse aree della società rafforzando il DNA del club a tutti i livelli, dal lato sportivo a quello delle relazioni con club, leghe ed associazioni nell’ecosistema calcistico globale, incrementando inoltre la visibilità del Venezia FC a livello internazionale”. Cordoba inoltre, aiuterà a ricercare talenti in un’are che lui ben conosce, il sud-America. La seconda figura, Andrea Cardinaletti, entra in qualità di “Special Advisor con delega allo sviluppo delle infrastrutture legate al Club”, e ribadisce la volontà della società di intervenire anche sulle infrastrutture legate al club, partendo da alcuni ritocchi allo stadio Penzo e al centro sportivo Taliercio, e col discorso del nuovo stadio a Tessera sempre in sottofondo.
L’ingresso di queste ulteriori figure non fa che altro che confermare la bontà di un progetto che ormai si sviluppa a 360 gradi e che sembra veramente non avere eguali nella storia recente del club.

3. INVESTIMENTI MIRATI E SCOUTING

Che, anche per quanto riguarda il mercato, il trend fosse cambiato lo si poteva già intuire quando Duncan Niederauer, in fase di presentazione del duo Collauto-Poggi, diceva; “D’ora in avanti il nostro motto sarà: parlare poco, fare tanto. Noi dovremmo giocare ogni partita per vincere e non per sopravvivere”.
Alle parole sono immediatamente corrisposti i fatti. Oltre a una conferma in blocco dei gruppo dell’anno precedente, si è rivoluzionato il modo di fare mercato.
È bene quindi farsi un’idea precisa di come ha operato la nuova società nei primi due mercati a sua disposizione.

Acquisti mercato estivo:
Svoboda (Wattens), gratuito
Crnigoj (Lugano), gratutito
Bjarkason (Akranes), costo del cartellino non reso noto
Johnsen (Ajax), costo del cartellino non reso noto
Taugourdeau (Trapani), 20mila euro
Molinaro (svincolato), gratuito
Forte (Juve Stabia), 1 milione di euro
P.Mazzocchi (Perugia), 200mila euro
Karlsson (Víkingur Reykjavík), 500mila euro
Ferrarini (Fiorentina), prestito secco
Hasanbegovic (Lokomotiv Plovdiv), gratuito

SPESE COMPLESSIVE: 1.97 milioni di euro

Acquisti mercato invernale:
Sebastiano Esposito (Inter), prestito secco per sei mesi
Ala-Myllymaki (Ilves), gratuito
Dezi (Parma), prestito con obbligo di riscatto in caso di promozione
G.Ricci (Parma), prestito secco
Galazzi  (Piacenza), gratuito
Palsson d (Thor Akureyri), gratuito
Niki Mäenpää (svincolato), gratuito

SPESE COMPLESSIVE: nessuna spesa

(Fonte: Transfermarkt)

Si tratta di una totale rivoluzione rispetto ai mercati precedenti. Tutti i giocatori acquistati, tranne poche eccezioni, sono stati rilevati a titolo definitivo e con contratti almeno biennali. Questo è un mercato che non può essere indifferente agli occhi di un esperto. È vero, non sono state spese cifre folli e non sono stati presi nomi conosciuti alla massa, ma chi analizza il calcio deve saper andare oltre a questo. Forte, pagato un milione di euro cash, e Mazzocchi, preso a prezzo di saldo, arrivano entrambi da squadre retrocesse, ma sono stati per distacco i due migliori elementi delle loro rispettive squadre. Forte, con 17 goal nella passata stagione, aveva già ben dimostrato di essere tra gli attaccanti più forti della B e Collauto è stato bravo ad arrivare prima di tutti e ad accontentare le richieste economiche della Juve Stabia. Mazzocchi è invece uno di quei giocatori che più lo vedi giocare e più ti chiedi come mai non sia in serie A, e prenderlo a 200mila euro è stato un autentico capolavoro. Poi sono stati presi Crnigoj, giocatore di spessore che a 24 anni ha già giocato l’Europa League ed è già stabilmente nel giro della nazionale slovena, e Taugourdeau, centrocampista di grande esperienza che veniva da ottime stagioni al Trapani. Sono stati poi presi molti giocatori del nord-europa dai nomi sconosciuti e impronunciabili (i vari Johnsen, Bjarkason, Svoboda, Karlsson, Ala-Myllymaki, Palsson, Hasanbegovic), ma che sono in realtà frutto di un’intensa e accurata attività di scouting portata avanti in questi anni e che, col tempo, stanno dimostrando e potranno dimostrare di essere giocatori di qualità. Lo stesso Johnsen, su cui solo due anni prima una società come l’Ajax aveva deciso di investire, si sta rivelando un ragazzo con potenzialità e colpi certamente da serie A, ma che sta anche imparando a interpretare un tipo di calcio completamente diverso da quello olandese, dimostrando un enorme spirito di adattamento.

L’età media dei giocatori acquistati è molto bassa (23.6), e l’idea è stata quella di puntare su un gruppo di giocatori giovani, acquistati a titolo definitivo, da poter far crescere in casa grazie a contratti pluriennali, affiancati ad acquisti di spessore per la B, come Forte, Mazzocchi e Taugourdeau, e ad un gruppo di ragazzi che, soprattutto dal dopo-lockdown, ha fatto veramente bene.
La rosa allestita in estate è per alcuni anche troppo profonda (26 giocatori), ma anche in questo caso Collauto e Poggi ci avevano visto lungo: in un anno così particolare come questo, in cui l’incognita virus è sempre presente e in cui si gioca spesso ogni tre giorni, la rosa ampia si sta rivelando un fattore fondamentale. Ogni ragazzo chiamato in causa, anche quelli che magari hanno giocato meno, ha sempre risposto alla grande. Merito di Zanetti sì, ma soprattutto di Collauto e Poggi che in fase di mercato hanno sbagliato veramente poco o nulla, investendo denaro su giocatori di spessore e trovando ottime alternative ai giocatori già presenti in rosa. Com’è possibile questa rosa fosse considerata da molti “esperti” come una delle ultime del campionato resta un mistero.
Anche a gennaio, poi, la società ha risposto presente tappando con dei prestiti i buchi causati dai vari infortuni, cogliendo al volo l’occasione Esposito e dimostrando quanto si creda nella possibilità di fare il salto già quest’anno (basti pensare all’opzione di riscatto solo in caso di promozione in A inserita nell’operazione Dezi).

MIRACOLO SPORTIVO? NO, BEN DI PIU!
Quindi, ritornando al quesito che ci eravamo posti all’inizio, la stagione del Venezia è così tanto sorprendente? È davvero considerabile come un miracolo sportivo?
La risposta è no. Quel che di bene sta facendo questo Venezia è in realtà frutto di un’attenta programmazione, di investimenti mirati e di una guida tecnica di alto livello. Il Venezia rappresenta un modello di calcio che, senza spese folli e budget immensi, riesce a portare a risultati ugualmente validi. Questo modello di calcio può non essere capito da chi analizza il calcio in modo superficiale, leggendo solo i nomi, le cifre, o le squadre di provenienza, ma la cui bontà dovrebbe essere invece compresa da chi è pagato per analizzare il calcio e per scriverci articoli. A inizio anno questo Venezia non era, a differenza di quanto scrivevano in molti, una squadra da zona retrocessione, ed ora sta semplicemente raccogliendo sul campo i frutti dell’ottimo lavoro svolto fuori.

“Noi dovremmo giocare ogni partita per vincere e non per sopravvivere”: detto, fatto. Parola di Duncan Niederauer.