I social network sono le piazze di una dimensione parallela. Dai legami laterali ai danni collaterali c’è la democrazia della rete. Chiamatela, se volete, libertà. L’accesso alla sfera pubblica è distante un clic. Il web ha sovvertito i canoni della democrazia antica. Da Pericle a Zuckerberg ci sono le rotte del tempo. Se nell’antica Grecia votavano solo i cittadini con diritto di voto, i social network hanno scoperto le brecce dell’inclusione. Basta essere online per accedere: si può arrivare dovunque, per raggiungere chiunque, allo stesso tempo di uno schiocco di dita. Et voilà, hic et nunc! Anche il calcio è salito sul carro delle trasformazioni. Oggi, più che mai, la leva calcistica è connessa, appesa ai nodi della rete. In bilico: tra online e offline. I calciatori, utenti come tutti gli altri, hanno libertà di parola. È l’illuminismo di un clic. La rete li priva della loro epicità agonistica per renderli utenti dotati di password. In campo sono simboli; su Internet, simboli (di aggiornamento) di stato. Online, ergo sunt. E scrivono, commentano, rispondono, condividono; entrano in campo facendo login. Si mischiano alle voci del dibattito pubblico: il loro sassolino è un tweet, cinguettio in un’idea, chiacchierio nel chiacchiericcio comune. Hanno più seguaci che persone seguite. La gente ne scorta le opinioni, interagisce, ruba gli scorci privati di qualche foto. Uso, non abuso: la virtù sta sempre in mezzo. In un’epoca in cui tutto ha un prezzo, una bella immagine eleva a potenza qualsiasi base. Persino 140 caratteri possono fare pubblicità. E il calciatore, oltre alla fama dei suoi prodigi, può alimentare la fame dei ricavi. I social network sono davanzali sul mondo: c’è chi si affaccia e chi si sporge. E chi rischia di cadere nell’abisso della distrazione. La libertà, in tutte le sue declinazioni, è la sirena del mito: seduce, ma il suo canto può anche trasformarsi nella vertigine del vuoto. I social network sono imbuti giganteschi: ci si scivola dentro senza riempirli mai. Scorrono idee e pensieri, domande e risposte. Tra libertà di parola e distrazione, per i calciatori, c’è la rete online e la rete (quella calcistica) offline. Tra l’uso e l’abuso c’è il tempo di un pensiero, ma soprattutto il tempismo di un attimo, di un commento, di un'opinione. Il pericolo è fare come Narciso e non come Dioniso: vedere riflessa, nei social network, solo la propria immagine e non il mondo. Ci vuole responsabilità. E intelligenza: perché a volte, Scirea docuit, il silenzio può valere più di mille parole.