All'alba del duemilaquindici possiamo oramai affermare che i social networks hanno letteralmente cambiato le nostre vite e stravolto le abitudini di ognuno di noi. Adolescenti, managers, vips ma anche semplici padri di famiglia risultano infatti essere titolari di un account sui più famosi networks sociali. Se dapprima ciò poteva sembrare soltanto una tendenza destinata a scemare frettolosamente, negli ultimi anni ci si è resi definitivamente conto della portata del fenomeno. Come possiamo facilmente notare, l'intero mondo del pallone non è assolutamente rimasto indifferente all'esponenziale espansione di tale evento, giungendo ben presto a divetarne parte integrante. Grazie soprattutto alla nascita di nuove tecnologie che permettono a tutti noi di essere costantemente connessi alla rete, il mondo del calcio e l'intero circo mediatico che intorno vi gravita sono entrati prepotentemente ed inesorabilmente nel vortice della socialità. Twitter, Facebook, Instagram rappresentano le community più in voga, offrendo all'utente calciatore una visibilità a tutto tondo, capace di giungere in ogni angolo del Pianeta e determinante per far in modo di dare una svolta alla propria web reputation. É infatti prassi radicata tra gli atleti quella di convidere urbi et orbi ogni attimo della propria giornata attraverso "cinguettii" e "slefies" che scandiscono oramai ogni azione intra ed extra calcistica. Il rischio in cui si incorre è che tale vizio sociale, ormai classificabile alla stregua di ottavo vizio capitale, trasli l'attenzione del pubblico della rete, portato a focalizzarsi più sulla presenza social che sulle gesta compiute sul rettangolo di gioco, contribuendo a far si che gli stessi protagonisti delle nostre domeniche perdano di vista la vera essenza della propria attività, distratti da frivoli contorni mediatici. Troppo spesso infatti, oltre al match vero e proprio, si disputa una parallela partita sociale a colpi di "hashtag"e di "mi piace" ove risulta non più trionfare il migliore in campo ma bensì il man of the network. A questo punto è scontato porsi alcune domande in merito all'utilità calcistica di tali forme di comunicazione del ventunesimo secolo. Senza dubbio i social networks rappresentano ai giorni nostri una risorsa di immensa importanza per l'ambiente calcistico in quanto permettono ai protagonisti di esprimere in tempo reale i propri pensieri e le proprie emozioni e facendo si che il tifoso sia costantemente aggiornato in real time direttamente dai propri beniamini. Si nota da questo punto di vista l'utilità del risvolto social, capace di incrementare il livello di coinvolgimento degli appassionati, pur contagiato però dal pericolo di far passare in secondo piano gli aspetti meramente calcistici ponendo in risalto contorni certamente di minor interesse sportivo. Si può inoltre scorgere come sia labile il confine tra il fondamentale diritto alla libertà di parola e l'utilizzo smodato di ciò che la tecnologia ci mette a disposizione con il rischio per gli stessi atleti di incorrere in spiacevoli conseguenze. L'utilizzo dei social media non è però prerogativa soltanto dei giocatori. Sono infatti entrate a far parte di tale circolo vizioso anche le cosiddette WAGS, le quali, spesso in preda a raptus post-agonistici, non lesinano dal commentare senza mezzi termini le vicende sportive riferite al proprio compagno, talvolta ignare ma molto spesso purtroppo perfettamente coscienti delle ripercussioni che i loro post possono far rifrangere sui diretti interessati. Tutto ciò in un epoca in cui si guarda spesso nostalgicamente al calcio romantico di un tempo, meno social ma indubbiamente più sociale, con la speranza che Eupalla ci protegga dalle troppe infiltrazioni tecnologiche che fanno si che l'essenza del gioco più bello del mondo si sia spostata dal realizzare una rete all'essere il protagonista della rete con lo scopo di vincere inutili gare di followers. LORENZO RENIERO