Il problema dei giovani calciatori italiani è un po’ lo specchio delle difficoltà dei giovani del paese, che non hanno l’assistenza adeguata, l’appoggio necessario di fare lo step successivo per entrare nel mondo del lavoro (nel calcio sarebbe la prima squadra) e per questo fuggono all’estero dove si trovano condizioni migliori (di supporto, di remunerazione, di vita, ecc..). Ci troviamo di fronte ad un problema strutturale, di sistema, di mentalità che pertanto caratterizza e caratterizzerà ancora per molto tempo avvenire il movimento calcistico italiano. Premesso ciò, suddividerei la mia proposta per valorizzare i giovani calciatori in 5 punti: 1) Riforma dei campionati. Bisogna dare ordine innanzitutto alla struttura dei campionati di A, B, Lega Pro e D; in questo modo possiamo dare una solida certezza del contesto in cui andare ad inserire una valida proposta di riforma per favorire la crescita dei giovani calciatori. 2) Introdurre, come già avviene con successo in Spagna e Germania, le squadre B che partecipino ai campionati professionistici minori. È appurato che una vera maturazione dei giovani passa attraverso il confronto continuo con i più esperti. Serve collocarle almeno in Lega Pro o in serie D, dove i giovani accanto a giocatori esperti lotterebbero per la salvezza o per la promozione, quindi maturerebbero conseguendo esperienze e pressioni differenti da un campionato Primavera. Per giunta la seconda squadra, permetterebbe di alzare il livello competitivo della Lega Pro. Con l’obbligo di inserire un numero di calciatori dei settori giovanili, ad es. 2/3 proveniente dalla Primavera (la quale va mantenuta e che potrà utilizzare calciatori al massimo di 18 anni e l’utilizzo di fuoriquota) avremmo quell’anello di congiunzione che manca tra le giovanili e la Prima squadra. In Italia, invece, attualmente chi esce dalle giovanili "va a farsi le ossa altrove” in prestito. Il quale non vale le squadre B in termini di formazione, in quanto i giovani si trovano lontani, mal seguiti o comunque non seguiti in maniera diretta e ci si affida al lavoro di altri, che hanno interessi diversi da quello di formare il ragazzo. Infine c’è da sottolineare come l’assenza di squadre B, in Italia, favorisca il nascere di surrogati delle squadre B come: la Salernitana per la Lazio, l’Udinese ha un network con Watford e Granada, per l’Inter c'è il Prato, il Parma aveva il Nova Gorica, in Slovenia. 3) Investire sul processo di crescita. Inserire l’obbligo di investire una percettuale (10-12%) del fatturato di ogni squadra nel settore giovanile. In questo modo si indirizzano le strategie di ogni squadra, che dovrà investire sui giovani puntando sul loro processo di crescita con un focus particolare sull’educazione, incoraggiandoli a giocare, creando cooperazione fra le varie entità calcistiche territoriali, supportando ciascuno individualmente e lavorando sulla formazione degli allenatori. Un esempio di quel che voglio dire è ben sintetixzzato nelle parole di un dirigente dell’Athletic Bilbao (Amorrortu), che afferma in riferimento alla cantera basca: “Qui non si fa solo formazione calcistica ma anche educazione. Cerchiamo di prepararli: se possibile per l’Athletic, altrimenti per il calcio di buon livello e in ogni caso alla vita" 4) Tetto massimo agli stipendi. Imporre un tetto massimo allo stipendio di un giovane fino ad una certa età (es. 21 anni) o al numero di presenze nella massima serie (es. 90 partite) di qualsiasi paese. C’è bisogno però che vi si adeguino tutti i paesi, altrimenti, piuttosto che essere un incentivo ad esprimersi al massimo e mantenere la giusta umiltà (senza sedersi sugli allori per aver fatto una o due stagioni di buon livello), sarebbe un deterrente per espatriare. Magari si potrebbe inserire una certa flessibilità degli ingaggi, incrementando la parte variabile legata al raggiungimento di obiettivi (non per forza gol, vittorie di squadra, ecc…). 5) Principio di condivisione totale. La prima, la seconda squadra e tutte le squadre giovanili devono utilizzare un filosofia di gioco comune con moduli volti ad esprimere al meglio questo pensiero. A tal fine può essere utile far allenare nello stesso centro sportivo prima e seconda squadra e giovanili; far sì che il secondo allenatore di una squadra (es. della seconda squadra) sia il capo allenatore della squadra che viene immediatamente prima (nel es. la primavera); Attualmente si parla di forti investimenti (circa € 8 mln), in Centri di formazione federali (come sul modello tedesco), ben vengano queste iniziative purché siano un primo passo verso un progetto più importante e coinvolgente e non uno spot di propaganda fine a se stesso.