La figura dell’allenatore, a tratti mitologica, ha assunto nel tempo una fisionomia diversa, più nella forma che nella sostanza. Infatti, se nel passato abbiamo visto allenatori attenti principalmente alle cose di campo, col tempo possiamo assistere all’affermarsi di figure di mister che hanno affiancato al loro ruolo di allenatore “puro”, quello di icona, di modello, di immagine del club. Attento al look più per volontà del club che per volontà propria, in particolare, ricordo l’attenzione a quest’aspetto da parte di società come il Milan (chiedere ad Allegri) o quella del Real Madrid al suo attuale allenatore Benitez, ritenuto troppo “grande” dai dirigenti delle merengues. Tutto ciò è dettato dalle regole del marketing che oramai pervadono ad ogni livello il calcio attuale, in cui l’allenatore altro non è che uno degli elementi che vanno a comporre il prodotto offerto sul mercato, in particolar modo quello degli sponsor. D’altro canto, ci sarebbe molto di cui parlare per quel che riguarda, quella a cui mi riferivo parlando di sostanza, ossia l’evoluzione degli aspetti tecnico-tattici, quindi voglio porre l’accento sull’aspetto che ritengo più importante, cioè la capacità di gestire gli uomini a disposizione più che quella di creare un sistema di gioco. Ogni allenatore oramai è sicuramente una figura più completa sotto diversi aspetti e possiede competenze tecniche elevate ma basilari per il calcio moderno (le rivoluzioni tattiche degli anni ’70 col “Calcio Totale” e del XXI secolo col “tiki taka”e “falso nueve”, sono mode temporanee e dettate dai tempi; lo si può ben capire osservando il Bayern Monaco di Guardiola, che pur restando fedele al suo credo tattico fatto di passaggi corti e possesso palla maniacale, continua a vincere e segnare caterve di gol con giocatori molto fisici e un centravanti, Lewandowski, tutt’altro che falso nueve), quindi per essere un allenatore capace devi mostrare tutta una serie di abilità cosiddette soft, tra le quali la capacità di comunicazione, adattabilità e di risoluzione di problemi e conflitti; oltre alle capacità di leadership e carismatiche, flessibilità nelle scelte e nella gestione dei singoli, per non dimenticare l’empatia che deve possedere un allenatore che si pone come guida, talvolta anche spirituale (in senso lato) dei giocatori. In definitiva, gli allenatori attuali mostrano cambiamenti estetici dettati dal momento storico che vede il calcio come un vero e proprio business con tutto ciò che ne consegue; anche se, da questo punto di vista, resiste ancora la figura di maestro di calcio in tuta, grazie a mister come Sarri e Ventura. Mentre nella sostanza, seppur si stia evolvendo come una figura più completa ed eclettica, che sia il calcio degli anni ’70 o quello del duemila, che sia Maestrelli, Trapattoni o Ancelotti, la figura dell’allenatore possiederà sempre qualità umane che prescinderanno dal momento storico in cui è presente.