Uno su mille ce la fa, cantava Gianni Morandi a metà anni 80, refrain che potrebbe essere tranquillamente utilizzato per descrivere la situazione di tanti giovani calciatori che si affacciano al mondo del calcio. Questi ragazzi che di recente lo stesso Arrigo Sacchi, coordinatore tecnico delle nazionali minori, ha definito essere una miniera d'oro, in Italia non vengono valorizzati. Come invertire la rotta? come trasformarli in una risorsa? Tre sono le strade da intraprendere. La prima apparentemente semplice è quella di "replicare" nel nostro paese un sistema che funziona. In Europa ci sono diverse realtà che hanno ottenuto risultati eccellenti e tra queste il modello spagnolo è forse quello che negli ultimi anni ha ottenuto il maggior successo.Le società spagnole possono far partecipare una squadra riserve, la nostra primavera per intenderci, ai campionati professionistici con il solo obbligo che siano iscritte ad un campionato di categoria inferiore rispetto a quello delle Big. E' capitato così che il Barcellona B negli ultimi anni abbia raggiunto le prime posizioni della segunda division( non potendo comunque salire di categoria) o che dire della Spagna vincitrice del mondiale nel 2010 quasi esclusivamente composta da giocatori la cui carriera ebbe inizio proprio in questi club cuscinetto. Investimenti minimi e possibilità di testare giovani promettenti in campionati professionistici, in una sorta di limbo che permetta ai giovani di crescere con minori pressioni. La seconda strada da percorrere è quella dell'innovazione. Perché non creare allora una sorta di dream team di ragazzi, in cui i migliori, pescati nelle varie selezioni giovanili, possano partecipare ad un campionato professionistico e si possano mettere in mostra, una sorta di “under” in cui la crescita dei giovani possa essere agevolata dai minor vincoli e dalla possibilità di non dover raggiungere risultati a “tutti i costi”. Il terzo importante passo da compiere è creare un sistema di premi. Per esempio potrebbero essere previsti a fine anno dei punti premio alle squadre con l’età media più bassa, di volta in volta calcolata in ogni partita, creando una sorta di classifica nella classifica. Oppure più banalmente per mezzo di incentivi in denaro o attraverso marketing e pubblicità che creino una visione positiva delle società sportive che ne fanno maggior utilizzo. One more thing, cambiare mentalità rimane la strada migliore per facilitare l’inserimento di questi giovani calciatori, dandogli fiducia, permettendo agli allenatori di svolgere un lavoro basato sul lungo periodo, e di conseguenza attraverso l’imprescindibile lungimiranza da parte delle società che dovrebbero investire maggiori risorse per favorire la crescita di campioni “fatti in casa”.