"Quando sento parlare di immagine, penso immediatamente a certi bei limoni che poi, al momento dell’apertura sono completamente senza sugo”. Si trattava di succo e non di sugo, gaffe buffa, ma poco importa se a pronunciarla è stato Giovanni Trapattoni e il senso della frase è più importante di un paio di risate di chi l'ha letta o ascoltata. Un uomo, un maestro e un atleta figlio di un’altra cultura, qualcuno potrebbe definirla vecchia e fuori moda, altri antica e autentica, ma chi abbia davvero ragione è difficile dirlo. Una filosofia probabilmente contadina, sicuramente più rude senza nulla di superfluo e speciale come amano adesso definirsi alcuni allenatori. Figlio di un altro tempo dicevamo, in cui i social e la tecnologia non esistevano e al massimo ci si affidava a qualche rito scaramantico, spassosissima la sequenze in cui cosparge sul terreno di gioco acqua santa prima delle partite. Sempre in tuta da ginnastica, anche per gli eventi più importanti, come se volesse affermare che la sostanza e il lavoro contano più dell’apparire. Più che un allenatore, il Trap, potrebbe essere definito un padre di famiglia, ha sempre messo al centro l’uomo prima del calciatore con i suoi vizi e le sue virtù dando l’immagine di uno che lo stipendio se lo è guadagnato con il sudore e la fatica. Un’altra epoca, un altro calcio, giusto o sbagliato che sia le dinamiche sono cambiate. Nell’era in cui essere è sinonimo di mostrarsi, in cui spopola il narcisismo e la sindrome da selfie, in cui le persone più importanti del mondo pagano per vedersi ripulire l’immagine sui social anche la figura dell’allenatore in questi decenni è cambiata e si è evoluta. Prima allenatori, poi mister, adesso manager, sempre in doppio petto, capelli perfetti e stile indiscutibile e sempre più inglobati nelle dinamiche societarie. Roberto Mancini rispecchia perfettamente quest’ultima figura, lui che con il suo stile affascinava l’Inghilterra. Abiti firmati su misura, fazzoletto bianco nel taschino e maxi orologi con cui probabilmente estingueremmo il mutuo del nostro appartamento. Sarebbe ingiusto e non vero dire che si tratta solo di apparenza, ma altresì sbagliato affermare che quest’ultima non sia fondamentale. Secondo un recente studio dell’università di Portsmouth sembrerebbe che gli allenatori in abito elegante non solo riescano ad ottenere dalla propria squadra risultati positivi ma ad incutere anche maggiore timore nei confronti degli avversari. Un’evoluzione che sicuramente ha visto anche il crescere di alcune abilità manageriali.Celebri quest’estate le telefonate di Mancini per convincere i giocatori a sposare la causa nerazzurra, così come la certezza che il profondo cambiamento a livello di giocatori e di conseguenza di spesa sia stato un diktat dell’ormai manager nerazzurro. Mancini, Mourinho, Guardiola, giusto per citarne alcuni, rappresentano la figura del nuovo allenatore 2.0, che richiede abilità manageriali e personali ma non solo, lo stile e la presenza in rete sono fondamentali così come lo sono ormai le nuove tecnologie che nei prossimi anni modificheranno ancora più marcatamente il vecchio stile dal nuovo, l’allenatore dal manager e allora forse le decisioni saranno prese davanti ad un computer e non come succedeva una volta, semplicemente guardandosi negli occhi.