In questi giorni di mediatici fuochi d’artificio, mentre fuori impazza la bufera del toto ds, del toto allenatore, del toto tutti contro tutti, mi piace immaginare la Continassa come un bunker silenzioso nei cui corridoi risuona solo il battito delle lancette di un orologio.
L’Empoli ha appena scritto una pagina nella sua storia, rifilando un folkloristico 4 a 1 alla Vecchia Signora.
Prima del rush finale di questa disgraziata stagione, potrebbe essere questa una occasione per una riflessione notturna non richiesta, dall’alto del mio fidato divano, sul “massimo sistema offensivo” bianconero, uno dei maggiori temi capace di infervorare lingue e tastiere del popolo juventino e non solo. 

Inizierei da un “vorrei ma non posso”: la Juventus vorrebbe attaccare con molti uomini l’area avversaria, ma di fatto, non può. Se osserviamo le formazioni, possiamo facilmente affermare che regolarmente il Mister Allegri schiera giocatori qualitativi che hanno nelle loro corde l’azione offensiva. 
Anche nel suo 3-5-1-1 ormai cavallo di battaglia di questo anno, oltre all’1+1, ci sono sempre a supporto un Cuadrado, un Kostic, centrocampisti come Fagioli, Rabiot, Miretti, calciatori con licenza di colpire, ultimo il giovane Iling-Junior. La stessa difesa è chiamata a mostrare i denti, con le capocciate offensive di Bremer nelle palle inattive, le incursioni di Danilo, le poderose avanzate palla al piede di Gatti, remake delle discese alla Alberto Tomba di Giorgio Chiellini. 
Insomma, la truppa allegriana ha nella sua natura l’arrembaggio offensivo, ma il Mister lo centellina parsimonioso nell’arco dei 90 minuti. Vince chi ha la miglior difesa, quindi "halma", dalla difesa si parte.

In fase di non possesso la Juventus ripiega con tutti i suoi uomini dietro la linea della palla e forma una linea difensiva a 5 per schermare la porta. In fase di costruzione, se non pressata alta, cerca di avanzare compatta a ridosso della tre quarti avversaria, spesso avvia la manovra con minacciose discese palla al piede di uno dei propri centrali ma sovente la trama finisce con il perdersi nei vicoli orizzontali in cui frequentemente va a cacciarsi. Nelle intenzioni si potrebbe paragonare ad una tattica che si può osservare nella pallamano. La ricerca di un “mordi e fuggi”. L’avversario arretra a difendere la sua area, tu avanzi lentamente con continui cambi di gioco e nei pressi dell’area di rigore cerchi l’imbucata letale, da consumarsi in pochi attimi. Ad attacco finito, torni immediatamente a difendere la tua porta. Un elastico perfetto che il Conte Max ha messo in scena nel suo iniziale periodo bianconero e che di fatto ha riproposto pari pari al suo ritorno a Torino.  

Ma mentre nel Primo Allegri l’aver avuto formazioni con qualità tecnica e forza mentale inversamente proporzionali a quelle degli avversari ha comportato che questi ultimi lasciassero spesso e volentieri campo e tempo alla manovra bianconera, adesso il loro baricentro è nettamente più avanti e i giochi sono completamente cambiati.
Personalmente, trovo lo stare tutti dietro la linea della palla in fase di non possesso un segno apprezzabile di umiltà e rispetto dell'avversario. Allo stesso tempo, non importa aver superato da un pezzo la quota di mille divani da spettatore televisivo in Serie A per constatare che assaltare le mura avversarie con il maggior numero possibile di uomini aumenti la percentuale di successo dell’attacco.
Il problema è che paradossalmente questa foto era a colori nel passato mentre adesso, volendola in tutti i modi riappiccicarla alla realtà, sbiadisce intristendosi in un formato bianco e nero…
Oggi infatti il baricentro avanzato degli avversari toglie tempo e spazio a questo tipo di costruzione offensiva. Mentre nell’Allegri I si saliva tutti belli gagliardi palla al piede e testa alta, adesso spesso e volentieri si è costretti a cercare di aggirare il pressing sfacciato di chi non ti aspetta più nella sua area, chiuso come un riccio, ma ti aggredisce già nella tua metà campo. Attaccata, la Juventus è una elefantessa costretta a dondolarsi sul filo di una ragnatela. I centrali juventini si vedono spesso obbligati a saltare il centrocampo cercando direttamente i terminali offensivi, che scendono a valle e devono addomesticare palloni imbizzarriti. Fioccano infatti le sfere calciate spesso “nei denti” (per dirla alla De Zerbi) del solitario attaccante di turno, il quale, spalle alla lontana porta avversaria, cerca di rientrare a centrocampo e fare da aggancio per la risalita della squadra, giocando a muro con gli interni o scaricando il gioco sugli esterni consentendogli di avanzare, sì, ma piano piano. Talmente piano che nel caso in cui questa goffa danza funzioni, molto spesso, spauriti, i laterali tornano indietro per ripartire da capo, con buona pace del Vlahovic/Milik/Kean di turno. In questo contesto, Chiesa o Di Maria, dotati della licenza “ama e fa ciò che vuoi” ma avvolti dalla solitudine dei numeri primi, farebbero maggiormente la differenza se impiegati alla playstation, con l'impostazione livello di gioco principiante a permetterci di farli arrivare direttamente in porta dopo aver dribblato mezza difesa.

Per rendere meglio l’idea di come i tempi siano cambiati, basti pensare che rispetto al passato il contropiede risulta l’arma offensiva più concreta a disposizione della Vecchia Signora. Non tanto perchè la rosa abbondi di giocatori che possono concorrere nei 100 metri contro Jacobs, per dirla alla Mourinho (leggere la sua analisi del Bayer Leverkusen prima della semifinale di ritorno di Europa League), quanto perchè la qualità tecnica della squadra viene finalmente fuori negli spazi che finalmente si aprono.
L’ossessione di mantenere prima di tutto la porta inviolata grava come un macigno sul baricentro bianconero il quale, troppo appesantito, non riesce a sostenere il reparto offensivo, quello sguarnito 1+1 che a sua volta si perde in mezzo al campo come la famosa particella di sodio dell’acqua Lete.
Per avere una vita più facile, Vlahovic &Co dovrebbero “trezeguizzarsi”… Il bomber francoalgerino infatti era noto per capitalizzare al massimo i pochi palloni che potevano capitargli nell’arco di una partita. E credo proprio che per Allegri sarebbe stato il terminale ideale: -Se toccasse un pallone e facesse un gol sarei contento- ha detto su Vlahovic in questa stagione, dopo lo 0 a 0 contro la Samp… 
E’ in questa frase che sta tutto il cielo grigio che pende sulla testa del reparto offensivo bianconero.

Vuotato il bicchiere del mio ragionamento da persona costantemente informata (televisivamente) sui fatti, mi alzo pigro dal divano, mio fedelissimo vice, guardo fuori di finestra i palazzi intorno che dormono ancora e presuntuosamente insisto: caro Max, quest'anno ci sarebbe voluta una nuova allegrata, dove sono finite le tue sensazioni delle 7 e 30 di mattina?
E' il momento migliore, l’ora alla quale solitamente contraddici te stesso, come raccontasti nel 2017 per spiegare l’origine dell'intuizione della meravigliosa Juventus a cinque stelle, una mossa geniale, messa in campo con coraggio.  

Torno a immaginare il silenzio notturno della Continassa, solleticato dai ticchettii rapidi e secchi delle lancette di un orologio. Fuori lingue di luce cominciano ad albeggiare e presto saranno di nuovo le 7 e 30.
Chissà.. magari, in fondo, si può restare ottimisti. 
Forza Max.