Nella notte della congiura di Agnelli & Co., quando uno sgomento ed al tempo stesso eccitato Caressa annunciava in televisione l’avvento di una nuova era calcistica, anche io e il mio divano rimanemmo a bocca aperta. 
Probabilmente l'atterraggio lunare di Armstrong ci avrebbe fatto meno effetto.
Le successive, immediate e feroci discussioni che si accesero mostrarono la netta sensazione tuttavia che non ci fossero due schieramenti, un nord ed un sud, un est ed un ovest. L’Inghilterra si infiammò e tutti noi ne seguimmo più o meno passivamente la scia. 

Oggi, oltre ad un avvelenato Ceferin, sembrano restare solo le macerie di quell’atto rivoluzionario, un colpo oligarchico dettato da una egoistica disperazione elitaria, travestita da battaglia per salvare la democrazia calcistica. 
Ciononostante è’ doveroso comunque usare il condizionale, perchè nonostante è notizia dell’ultim’ora la lettera di disimpegno che la Juventus ha indirizzato alle alleate Barcellona e Real Madrid, la Corte di Giustizia Europea si dovrà comunque pronunciare sulla legittimità della posizione della Uefa come organizzatrice dell'attività calcistica in Europa. Una delegittimazione potrebbe riaprire una partita apparentemente chiusa…
Ad ogni modo, senza voler entrare nei meriti della questione, lo spunto che volevo qui condividere parte da una affermazione di Florentino Perez al Chiringuito. Una riflessione che incorpora parte delle motivazioni che nel 2021 spinsero il Presidente madrileno e gli altri 11 Top Club allo strappo con la Uefa.

I giovani dicono: le partite sono troppo lunghe per loro, quindi dobbiamo cambiare qualcosa se vogliamo che il calcio continui a vivere. Se i giovani dicono che una partita è troppo lunga e non sopportabile (in tutta la sua lunghezza) è perché la partita in questione non genera abbastanza interesse, o deve essere accorciata. Bisogna pensare al motivo per cui i giovani dai 16 ai 24 anni non sono più interessati al calcio”. 

Lo stesso Agnelli, poco prima di “pugnalare” l’ECA aveva lanciato un analogo allarme denunciando lo scollamento tra il mondo del calcio e il suo nuovo giovane target, la Generazione Z. 

"Le ricerche dicono che almeno un terzo segue almeno due squadre, il 10% segue i giocatori e non i club, due terzi di loro seguono le gare perché attratti dai grandi eventi”. 

Meno “tifosi bandiere” quindi, dalla “noia facile” e più attratti dalle singole star. 
Tifosi Highlights insomma.
L’8 Marzo 2021, alla 25esima assemblea generale dell’ECA, Agnelli proporrà di spacchettare l’offerta televisiva in funzione della fruizione, vendere cioè abbonamenti per gli ultimi 15 minuti finali delle partite. Perché “ormai le partite intere in tv non se le guarda più nessuno, a meno che tu non sia un tifoso sfegatato”.

La capacità di attenzione dei ragazzini di oggi e di coloro che spendono domani è completamente diversa da quella che avevo io alla loro età. Se prendi il golf, sono solo le ultime sei buche dell’ultimo giorno quelle davvero interessanti…”.

Il resto, come accennato all’inizio, è storia (almeno per ora…).
Si tratta ad ogni modo di riflessioni senza dubbio interessanti che dall’alto del mio divano mi hanno portato a chiedermi cosa poter fare per non annoiare i giovani e al tempo stesso non creare una Superlega da PlayStation per pochi.
Perché non accelerare il fisiologico processo evolutivo del gioco in sé?
Il calcio è una delle varie espressioni umane e come tale cambia necessariamente con l’evolversi del nostro mondo.
Siamo così sicuri che tra un secolo i nostri successori parleranno di calcio riferendosi allo stesso sport di cui discutiamo oggi?
Accettando il cambiamento come fattore inesorabile, come inesorabile è il tempo che scorre, perché non velocizzarlo per portare questa disciplina al passo con le nuove generazioni, se davvero si trova in un momento di pericolosa stagnazione?
E come? Per dirla alla Max Allegri, è relativamente “semplice”: rinnovando la struttura delle regole e il format dei campionati.

Facendo un breve riassunto delle sue puntate precedenti, ci possiamo rendere conto di come sia stato estremamente particolare il percorso che ci ha consegnato il calcio del duemila.
Basti pensare che alle origini si giocava sì con i piedi, ma pure con le mani! 
A tutti i calciatori infatti era consentito 'stoppare' il pallone anche con queste ultime, mentre solo il passaggio e il tiro in porta dovevano essere eseguiti con i primi.
Fu solo nella Stagione 1871-72 che venne introdotta la regola che proibiva ai giocatori, escluso il portiere, di toccare la palla con le mani.
Dal punto di vista tattico si passa da un iniziale “tutti contro tutti”, in cui chiunque, venuto in possesso della sfera, si lanciava in un'azione individuale puntando la porta avversaria con tutte le proprie forze, ad un “tutti all’attacco”, filosofia di gioco certificata nel primo match internazionale della storia, il quale vide opporsi, il 30 novembre 1872, il 2-2-6 della rappresentativa scozzese all'1-1-8 dei rivali inglesi. 
Come finì l'incontro di Glasgow? 0 a 0… Da allora è evidente la progressiva evoluzione difensiva del calcio se consideriamo che il modulo oggi più diffuso è il 4-4-2.

Continuando in questo zapping storico, ecco altre date che segnano svolte decisive e mostrano soprattutto la natura continuamente in divenire di un mondo, quello pallonaro, tutt’altro che statico.
Nel 1873 fu introdotto il calcio d'angolo, ma per validare un goal segnato direttamente dalla bandierina bisogna aspettare il 1924, 51 anni dopo.
Nel 1891 compare il calcio di rigore, il quale si definisce nella forma attuale solo nel 1997, anno in cui una disposizione consente al portiere di muoversi solo lungo la linea di porta.
Il 68’ porta in dote nel calcio la rivoluzione del numero 12: in Juventus - Foggia, 5 settembre 1965 fu effettuata la prima storica sostituzione del portiere. 
Considerando come data ufficiale della nascita del calcio il 1863, si può quindi notare come sia passato più di un secolo prima che in questo sport approdasse il concetto di panchina e il suo ultimo aggiornamento risale al non lontano 2021 con l’introduzione dei 5 cambi…  
Nel 1992, viene sanzionato con un calcio di punizione indiretto il retropassaggio di piede al portiere che tocchi la palla con le mani, un vero e proprio calcio alla “melina” e un balzo nel futuro, verso lo spettacolo, come notò Max Allegri: «Tutto diventò più veloce, prima a un quarto d’ora dalla fine le partite morivano, Boniperti lasciava lo stadio, oggi negli ultimi dieci minuti le gare si rovesciano»

Con questo excursus si può sottolineare come il calcio abbia sempre attraversato la storia umana rotolando attraverso forti cambiamenti che ci devono dare il coraggio di andare oltre la soluzione quasi banale di una Superlega come panacea di tutti i mali e che ci spingano a formulare nuove idee, anche inizialmente radicali, per rinnovare questo sport e adattarlo ai suoi nuovi fruitori. 
Se all’inizio nemmeno si giocava in 11 contro 11 ma le squadre si accordavano sul numero dei giocatori da schierare in campo prima delle partite, sulla base della disponibilità dei loro tesserati, perchè non possiamo immaginare che in futuro magari non giocheremo ad esempio con 2 portieri? Sì, suona come una provocazione, certo. Però serve per spiegare la base di questa riflessione da divano: nuove regole radicali, inserite a poco a poco possono rendere il calcio più interessante, a prescindere da chi scende in campo. 
Inoltre, un nuovo format dei campionati, che riduca il più possibile le zone “tranquille” delle classifiche, quelle in cui non si ha più niente da chiedere alla stagione, può attirare il pubblico più di un bombardamento massiccio di big match internazionali ripetuti allo sfinimento. Playoff e Playout potrebbero rappresentare in tal senso la vera svolta.
In terza istanza, banalmente il calcio è davvero di tutti, scorre nelle vene del mondo, ridurlo nella sua essenza ad una lega oligarchica è in sé un controsenso. 
Quindi, per quanto riguarda alcune proposte normative, io mi butto.
1. No all'abolizione dei pareggi: un 3 a 3 potrebbe essere molto più spettacolare di un 1 a 0. MA potremmo dare un punteggio diverso al pareggio stesso, individuando tre fasce: 0 a 0 e 1 a 1 comporterebbero un punto, 2 a 2 e 3 a 3 un punto e mezzo, dal 4 a 4 si riceverebbero 2 punti. 
2. 5 punti a vittoria. 
Il gap che si verrebbe a creare tra uno 0 a 0 ed un 1 a 0 sarebbe talmente notevole, da ridurre il numero di gare che malinconicamente si sciolgono in un grigio 0 a 0 ed al tempo stesso infuocherebbe finali di partita appesi ad un 1 a 0. 
3. Assegnazione di un valore diverso ad un goal, a seconda di quando viene segnato.
Per avere avvii scoppiettanti e finali elettrici, si raddoppia il valore di una rete realizzata nei primi e negli ultimi 15 minuti, mentre si triplica la segnatura effettuata nel recupero.
4. Assegnazione di un valore diverso ad un goal, a seconda del luogo in cui si trovava chi ha calciato la palla e del suo ruolo: la rete vale doppio se segnata direttamente da fuori area di rigore avversaria. La marcatura vale il triplo se fatta dal portiere, in qualsiasi zona di campo, ad eccezione del caso di un penalty, a cui si assegna mezzo punto in più. 
5. Nuova segmentazione dei 90 minuti in 3 tempi da 30 minuti ciascuno, con l’attuazione di due Timeout.
6. Introduzione del tempo effettivo contro le perdite di tempo: il cronometro scorre solo quando il pallone è in gioco.
7. Incoraggiamento a tenere un permanente baricentro offensivo: una volta passata la propria metà campo, si può appoggiarsi ai compagni rimasti al suo interno ma questi ultimi devono giocare la palla esclusivamente con tocchi di prima.
8. Velocizzazione del gioco: superata la metà campo, ogni squadra ha 60 secondi di tempo per completare una manovra offensiva (il Foggia e il Pescara di Zeman talvolta ne impiegavano dieci per concludere a rete). Se la formazione che attacca non ci riesce, il possesso passa alla squadra avversaria. I 60 secondi vengono ripristinati ogni qualvolta la palla cambia di possesso. Nel caso ci sia un fallo, se sono rimasti 13 secondi o meno il cronometro viene riportato a 14 secondi. 
L’obiettivo sarebbe quello di “costringere”  ogni compagine a costruire un numero minimo di azioni offensive a partita. Facendo un parallelismo con il recente Mondiale in Qatar, l’esempio da seguire sarebbe quello della nazionale spagnola di Luis Enrique, autrice in media di 95 azioni d’attacco, valore nettamente superiore alla media del Torneo, le cui squadre partecipanti hanno creato 80 azioni offensive a partita.
9. Ristrutturazione del sistema disciplinare con l’introduzione dell’”esclusione temporanea” per alterare gli equilibri in campo e favorire l’imprevedibilità: l’ammonizione comporta la sospensione dal campo per due minuti.
10. Sostituzioni “girevoli”: un giocatore che è stato cambiato può ritornare in campo in sostituzione di un compagno di squadra.

Proposte strampalate, "pizzichi" di norme prese in prestito da altre discipline, bustine di idee magari da diluire, da assumere a poco a poco, da scartare, magari spunti per altre riflessioni… tutto qui, nessuna velleità di voler saltare in sella al futuro del calcio. Dietro questo sconnesso e improvvisato brainstorming da divano, resta la convinzione che il calcio assorba la nostra quotidianità e da essa si fa a poco a poco cambiare, ci piaccia o meno.
Perchè è come il cielo di Gianni Rodari, è di tutti. “Non c’è povero tanto povero che non ne sia il padrone. Il coniglio spaurito ne ha quanto il leone". 
Il pallone rimbalza nella varietà del mondo e finisce per rifletterla. Ed è appunto la quotidianità di tutti, quella che va avanti (almeno) dal 1863, a far evolvere questo gioco, non certo un esercizio di potere estemporaneo di pochi, quale può essere l'idea della Superlega.
Quest'ultima d'altra parte può però essere vissuta non solo come un gesto esclusivamente da sotterrare, ma anche come una occasione per accelerare la fisiologica modernizzazione di questo sport attraverso nuove regole radicali che rendano il gioco ancora più bello.
Del resto, nell'eterno divenire della realtà, dove tutto scorre, continuerà a farlo anche il calcio, ancora una volta in più.