Questa storia ebbe inizio circa un anno e mezzo fa quando una Nazionale orfana di un certo Antonio Conte venne affidata all’attuale CT Giampiero Ventura. Ma andiamo con ordine e ricaliamoci anche solo per un attimo nella realtà di allora.

Era il giugno del 2016.
La nazionale italiana di calcio si apprestava a disputare gli europei in Francia, quella stessa nazionale che a detta di tutti o comunque della stragrande maggioranza (addetti ai lavori, opinione pubblica, tifosi, etc) si presentava al via come la più scarsa della storia o tra le più scarse (così era definita dai più generosi che cercavano di lasciare una possibilità alla compagine azzurra).
Quella stessa nazionale che col passare delle settimane avrebbe fatto gonfiare il petto a ciascun italiano tanto si è battuta, tanto si è fatta amare, tanto ha fatto sputare sangue e sudore a tutti gli avversari che si siano dovuti incrociare con ella, anche le più titolate, tanto è vero che riuscì addirittura ad avere la meglio della Spagna, la formazione fin dall’inizio favorita alla vittoria finale. E sebbene ogni giocatore che ne fece parte ebbe il suo merito e la sua fettina di gloria nessuno mise in dubbio che la maggior riconoscenza andasse riservata al condottiero di quella spedizione, l’attuale tecnico del Chelsea Antonio Conte. Il CT di allora riuscì a trasmettere in quelle settimane il suo carisma, la sua voglia di combattere, di non mollare neanche un centimetro sul rettangolo verde, di mettere sempre la squadra e il gruppo avanti ad ogni cosa. La nostra cavalcata si fermò ai quarti con la Germania, dopo una serie infinita di rigori sbagliati come se il dio del calcio stesse continuando a tirare i dadi a ripetizione nel tentativo di premiare una squadra che tanto aveva ben figurato al cospetto dell’ennesimo Golia incontrato.

L’Italia tornò a casa, ovviamente non osannata dai caroselli riservati ai vincenti ma da un senso generale di gratitudine e consapevolezza che il massimo si era ottenuto da quella spedizione ed epiche furono addirittura le lacrime di alcuni giocatori tanto erano stati forgiati nella testa e nel cuore dal proprio comandante a credere che con la squadra, il gruppo e il sudore tutto era possibile e ogni traguardo anche il più lontano e inimmaginabile percorrendo quella strada fosse realizzabile.

Il condottiero però fin da qualche mese prima della partenza dell’europeo aveva pubblicamente dichiarato che dopo quell’esperienza in Francia non sarebbe più stato alla guida degli azzurri, essendo alla ricerca di un lavoro quotidiano che per evidenti motivi non poteva coesistere con una nazionale. La federazione allora rimase orfana quasi impreparata, in fondo aveva sempre cullato la speranza di un ripensamento e si mise alla ricerca del sostituto ma non potendo avvalersi di un cospicuo gruzzolo di denari per far leva su tecnici dall’esperienza internazionale e di grande prestigio presentò Giampiero Ventura.

La critica subito si divise in due fazioni, i favorevoli(tra cui il sottoscritto) e i diffidenti. Dalla sua il nuovo commissario tecnico aveva sicuramente una grande esperienza del nostro massimo campionato e qualche stagione veramente eccezionale vedi Torino 2013-14, ma veri test tra piazze bollenti o squadre di alta classifica nella sua già annoverata carriera neanche l’ombra.

Grande conoscitore però di calcio e grande lavoratore sul campo iniziò immediatamente da dove la nazionale era rimasta quel 3-5-2 che tanto sapeva di Conte ma che era garanzia, per passare nel corso dei mesi al suo più congeniale 4-2-4. Fin dai primi mesi la squadra ha saputo lavorare fianco a fianco del tecnico e col passare della partite i movimenti tipici delle squadre di Ventura parevano arrivare più fluidi o comunque i ragazzi cercavano di mettere in pratica ciò che si vedeva essere stato provato negli allenamenti precedenti. La sorte ci rimette di nuovo nel girone delle furie rosse e fin da subito la sensazione di un secondo posto nel girone di qualificazione è forte e tangibile nel pensiero collettivo, ma col passare delle partite il primo posto condiviso (secondo solo per differenza reti) ci fa in certi momenti anche sognare la possibilità di rigiocare un brutto scherzo agli iberici.

Fino a quel 2 settembre 2017. Ed eccoci alla sfida del Barnabeu, Italia schierata con quel 4-2-4 che diciamo la verità non l’ha mai vista essere irresistibile, ma qualche buon risultato soprattutto nel girone l’aveva dato, arriviamo al confronto con la Spagna andando a giocare con quel credo calcistico venturiano ed è lì che si rompe qualcosa. Novanta minuti in balia degli avversari senza mai sentirsi veramente capaci di poter riagguantare la partita e tre colpi inflitti da Isco e compagni che sapranno tanto di sentenza senza appello. Nei giorni a venire il povero commissario viene crocifisso ,modulo sbagliato, atteggiamento inaccettabile, convocazioni discutibili e chi più ne ha più ne metta a testimonianza del fatto che in Italia siamo tutti allenatori. Ed è lì che probabilmente Ventura è rimasto immobile, come quando un bimbo di tre anni per scherzo spegne la luce mentre sei intento nelle tue faccende, per quanto tu possa essere grande e preparato un’attimo di smarrimento ti sovviene, il buio ti avvolge , perdi il contatto visivo anche se è solo un attimo.

Da allora la nazionale ha fatto solo partite incolori, è vero il secondo posto è stato conquistato e con quello arrivarono gli spareggi, ma le convinzioni del CT si sono a via via sempre più sbiadite fino a sbriciolarsi tant’è vero che è arrivato pure a sconfessare il suo credo calcistico, ritornando alla difesa a tre nelle partite fondamentali degli spareggi, probabilmente perché in un anno abbondante di lavoro la nuova Italia non è riuscita a trovare nessun punto fermo a cui aggrapparsi nei momenti di bisogno, a trovare quelle certezze tanto care a chi sta fa calcio che ti permettono di superare i momenti delicati.

L’andata degli spareggi è andata e abbiamo visto tutti come. Stasera c’è il ritorno e ancora una volta la nazionale si affida alla vecchia e cara BBC che gira e rigira torna sempre di moda nei momenti del bisogno, BBC che neanche farlo apposta gettò le basi un condottiero che ora non c’è più.

Da quel 2 settembre si spense la luce nella stanza di Giampiero e ora o mai più è tempo di riaccenderla, di reinventarsela, oppure anche solo di immaginarsela, perché a volta anche ad occhi chiusi se si è capaci di vedere una luce e avere il coraggio di seguirla si può uscire da quel senso di spaesatezza che ora appare attanagliarci.
O magari il bimbo rischiaccerà per gioco di nuovo il pulsante e come per incanto si riaccende la luce per poi accorger si che è stato solo un attimo di disorientamento anche se può essere sembrato molto di più, perché in fondo solo di un gioco stiamo parlando.