Mi devo complimentare con Juventina da combattimento, ho appena letto il suo articolo e devo dire che l'ho trovato magnifico (uno dei pollici verdi è chiaramente mio) e, pur non avendone lei assolutamente bisogno, voglio redigere il presente per dare man forte allo spirito delle sue parole e continuare l'onda lunga del loro significato. Era da un po' di tempo che mi frullava l'idea di scrivere due parole sia sul motto del Barone Pierre de Coubertin, che su quello del grande Giampiero Boniperti e quindi colgo l'attimo e mi butto...!)

In primis sfatiamo il mito del motto "decoubertiniano", precisamente per due motivi: non fu lui ad enunciare per primo quelle parole, e non si limitò a quelle poche, ma la frase è più lunga, e nel complesso dá un valore ed un senso diversi da quelli "banalmente" diffusi.
Infatti il Barone ascoltò un discorso tenuto dal Vescovo Ethelbert Talbot, dove il prelato lodava il vincitore dell'alloro olimpico, ma esaltava anche chi aveva avuto l'ardire e l'onore di poter partecipare alla competizione (cit. "Nei Giochi uno solo puo' cingersi della corona d' alloro, ma tutti possono provare la gioia di partecipare alla gara") De Coubertin parafrasò le parole del Vescovo e coniò il famoso motto, che però risulta essere più complesso della frasettina sciorinata in tutto il mondo ad ogni manifestazione sportiva: infatti la frase completa è (piu o meno...cito a memoria) "l'importante non è vincere, ma partecipare... con la convinzione di aver fatto tutto ciò che è nelle nostre capacità per poter vincere, nel rispetto delle regole e dell'avversario" (le informazioni si basano sui miei trascorsi scolastici nelle lezioni di "storia dello sport" con il mitico Prof. Giuntini) quindi, si evince dalle parole del de Coubertin, che non si deve partecipare ad una competizione con lo spirito del "beh, l'importante è l'essere qui, come va a finire non interessa", altrimenti decadrebbe il fondamento dello sport, cioè l'agonismo; sportivamente si deve "lottare" con tutto lo spirito combattivo per raggiungere l'obiettivo, perchè quello è lo scopo... Poi, se non si riuscisse a perseguirlo, non si dovrebbe vivere come una disfatta, ma come una sconfitta sportiva, ricordando che uno solo vince, alcuni perdono ma moltissimi nemmeno partecipano... ecco il senso di queste parole...In seconda battuta, ecco il motto bonipertiano "vincere non è importante, è l'unica cosa che conta". Come già spiegato dalla "nostra" combattente juventina, solo gli anti juventini (o anti sportivi) vedono del marcio in queste parole, infatti il loro significato simboleggia il mondo Juventus, il DNA e lo spirito bianconero: primeggiare!
Se fai parte di una qualsiasi squadra (che sia l'Inter, la Roma, il Napoli, la Sampdoria) probabilmente arrivare secondo può rappresentare un buon risultato, alla Juventus no, iconicamente parlando è una "sconfitta". Ma è chiaro che si tratta di una frase simbolica per far capire ai nuovi arrivati che chi si accontenta di "esserci" alla Juventus non farà strada... Ed ecco che, decenni dopo, sull'aereo che riportava la Juventus a Torino dopo aver disputato (e perso) la finale di Champions League con il Barcellona, Claudio Marchisio, che il DNA bianconero sa benissimo cos'è, ha detto a Dybala (che era stato invitato per l'occasione in quanto futuro giocatore juventino) "da domani si ricomincia a lavorare per tornare l'anno prossimo a vivere serate come questa, ci devi aiutare ad arrivare quì e vincere". E scusate se è poco...! Quindi, nello sport si vince e si perde e chi non dà tutto in campo ha già perso. L'importante forse non sarà vincere, ma allora... cosa si partecipa a fare? E soprattutto, se l'importante è partecipare, la Juventus lo ha fatto più di tutte le squadre della Serie A ad eventi nazionali ed internazionali: finali vinte e perse, campionati e tornei. Se l'importante non è vincere ma partecipare... beh... allora ditemi voi...!