Ebbene sì, mettiamo in soffitta la scuola italiana per incoronare un allenatore tedesco: nato e cresciuto in Germania, sia come uomo, che come calciatore, che come allenatore. 

Al di là di questa provocatoria introduzione, va ricordato come Jürgen Klopp abbia affermato nel 2013 (dopo una delle imprese compiute allenando il Borussia Dortmund) di ispirarsi al Milan di Sacchi. Non è stato il primo e non sarà di certo l'ultimo a dichiarare la propria ammirazione ed ispirazione al "Profeta di Fusignano": Arrigo ha infatti il merito di aver plasmato le idee tattiche di decine di allenatori, che siano stati suoi calciatori o meno. Oltre al sopracitato tecnico del Liverpool gli esempi più lampanti sono sicuramente Guardiola e Sarri. Due allenatori che studierei senza ombra di dubbio semmai volessi intraprendere la carriera di mister. Ma entrambi con delle lacune, a mio avviso, che li tengono ancora lontani dallo scettro simbolicamente detenuto da Klopp.

Ma procediamo con ordine.
Klopp abbina un'incredibile carisma a una mostruosa preparazione dal punto di vista tecnico-tattico. Mentalità vincente, grinta, gestione del gruppo e della rosa ma anche gioco spumeggiante e offensivo e capacità di sgrezzare, plasmare e migliorare i propri calciatori. Al Borussia Dortmund e al Liverpool ha compiuto due autentiche imprese, potendo contare su risorse economiche non infinite come in altri contesti. Risorse comunque importanti a Liverpool (ma magistralmente utilizzate, basti pensare agli acquisti di Van Dijk, Alisson e Salah), modeste a Dortmund. Proprio nella città dei Beatles Klopp è cresciuto, ha fatto il salto definitivo e si è affinato, adattato al calcio inglese proponendo un gioco riconoscibile, moderno, efficace, offensivo ma super attento anche alla fase difensiva.
In Germania ha vinto due campionati tedeschi, una Coppa di Germania e due Supercoppe di Germania ed è stato soprattutto capace di spezzare l'egemonia del Bayern; ha raggiunto una sorprendente finale di Champions League persa solo all'89° minuto per mano di Robben. Ha "creato" giocatori del calibro di Lewandowski, Hummels, Gündogan, Reus e altri che senza di lui non hanno saputo mantenere le promesse come Sahin, Götze, Kagawa. E poi ovviamente ha portato in Inghilterra una Champions League e una Supercoppa UEFA, e sono certo che tra poco (probabilmente pochissimo, già nel 2020) riporterà a Liverpool anche l'agognata Premier League.

Klopp il mago, il trasformista: Salah e Mané trasformati, da talenti discontinui ad ali tra le più forti e letali al mondo; Firmino, perfetto per il gioco del tedesco, meraviglioso rifinitore prima che terminale offensivo. E poi Alexander-Arnold, Robertson, Van Dijk, Henderson, Oxlade-Chamberlain, Origi: non solo titolarissimi, il "Normal One" (come si è definito) sa gestire la rosa nella sua interezza e riesce a tirare fuori il meglio da ognuno di loro. L'esempio: Divock Origi, protagonista della Champions League vinta con una doppietta in semifinale contro il Barcellona (sostituto dell'infortunato Firmino) e un gol da subentrante per sancire il 2-0 al Tottenham nella finalissima. "Jürgen si interessa alla tattica e al campo per il trenta per cento del suo tempo, per il restante settanta si dedica al team-building" ha affermato il suo assistente Pepijn Lijnders.

La creazione di un gruppo, già. In questo Conte, Ancelotti ma anche Gasperini sono dei maestri che hanno poco da invidiare a Klopp. In particolare è Ancelotti (ma guarda un po': un altro allievo di Sacchi) il vero padrone di quest'arte: capace di creare un gruppo coeso ed affiatato che è l'ingrediente primo per il successo. A Carletto, da milanista, mi lega un affetto particolare e una stima immensa, ma va anche e soprattutto ricordato per essere l'allenatore che è riuscito a portare a Madrid l'ambitissima decima "Coppa dalle grandi orecchie". Non toccate Ancelotti a Cristiano Ronaldo: tutti i suoi giocatori lo hanno adorato e l'adorano. Quasi tutti, dai (senza fare nomi, Insigne). Come dimenticare il bacio a Ribery deluso per una sostituzione che subito tramuta il ghigno in sorriso.

Argomento diverso è la Gestione della rosa.
Se Klopp vince la Champions grazie al "panchinaro" Origi, lo stesso non si può dire di Sarri che a Napoli è stato cacciato da De Laurentiis proprio per questa mancanza: non essere riuscito a coinvolgere e valorizzare la rosa nella sua interezza. Il cosiddetto turnover, che serve non solo per calibrare le energie e mantenere alto lo spirito di tutti i calciatori ma anche per, appunto, valorizzare quelle riserve che potranno poi o essere vendute per trarre un profitto o prendere il posto dei titolari che verranno venduti. Nel turnover, nella gestione della rosa, ancora Ancelotti, ma anche Allegri, Gasperini, Guardiola hanno poco da imparare e molto da insegnare. Fermi tutti però: Sarri sta imparando. Alla Juventus, per necessità (dove tutti i campioni vogliono giocare), ma già al Chelsea ha fatto dei grossi passi avanti, vincendo bene un'Europa League grazie a una squadra con molte seconde scelte. Se farà questo scatto, il "nostro" Maurizio potrà giocarsi il podio dell'allenatore perfetto, e sono sicuro che ci riuscirà già nell'esperienza bianconera.
Anche Conte, a mio avviso, ha da migliorare in questo aspetto. Già da Commissario Tecnico dell'Italia, pur potendo contare su una scelta non così qualitativa e vasta, decise di puntare su giocatori tecnicamente non molto validi ma dotati di spirito di squadra, di sacrificio e adattamento come Giaccherini, Sturaro, Zaza, e così via. Gli allenatori nel calcio moderno sono manager e devono anche saper guidare la propria dirigenza nella scelta dei calciatori sul mercato. Klopp, come detto, ha saputo spendere bene il budget per i validissimi Salah, Alisson, Van Dijk, eccetera. Conte è un vero fenomeno nel cavare fuori dai suoi il 100/110%, ma spesso rischia di lasciare delle "macerie" ai suoi successori. È un po' la sindrome di Mourinho.

Mourinho che vuol dire comunicazione, prima di tutto. Lo "Special One" non si batte da questo punto di vista, e si badi bene che è un aspetto cruciale nel calcio di oggi. Spesso conta di più l'apparenza che la sostanza. Questo scritto non vuole essere un "soliloquio kloppista" (neologismo che altro che petaloso...), davvero, ma Klopp se la cava alla grande anche qua, ascoltare un'intervista per credere. Si difendono bene Allegri, Ancelotti, l'ultimo Conte. Bocciati Sarri, Gasperini, Guardiola e il primo Conte. Meno scuse e più autocritica o si rischia di essere antipatici.

Se Allegri è un buon comunicatore, non si può dire che le sue squadre giochino bene. Il gioco è importante Max, merita più attenzione. Gioco non come fine, in questo hai ragione, ma come strumento per segnare e creare più occasioni da gol, per avere più possibilità di vincere. E per entusiasmare i tifosi, perché tifosi più entusiasti vuol dire più tifosi, e più tifosi vuol dire più ricavi. E più ricavi vuol dire più soldi da spendere nella squadra per essere sempre più forti: è un circolo virtuoso. 

Non solo gioco, Mentalità. Offensiva. Allegri, rimandato di nuovo a settembre. Anche Conte carente nella materia. A questi due grandissimi allenatori che hanno fatto la fortuna della Juventus in Serie A, diciamolo, manca quel quid in più per vincere in Europa. Serve più coraggio: serve rinunciare a un difensore per dare qualcosa in più in transizione positiva (vero Antonio?); serve un baricentro più alto per concedere meno agli attacchi avversari; serve fare la partita e non subirla perché più tieni la palla e più possibilità hai di fare gol e di non incassarlo.

Conte è anche e soprattutto capacità di valorizzare i calciatori. Oltre a Klopp e Antonio, Gasperini Guardiola su tutti. È incredibile il lavoro fatto dal catalano su Sterling. Tutte le squadre del mondo invidiano all'Atalanta Gian Piero Gasperini: decine di talenti sgrezzati e rivenduti a grandi cifre. Kessié, Caldara, Gagliardini, Mancini, Cristante: chi più ne ha più ne metta ma anche chi più chi meno hanno fatto tutti fatica nelle squadre che ci hanno puntato e li hanno acquistati. Il punto è questo: il modello della Dea "gasperiniana" è replicabile altrove? Difficile, molto difficile. Questa è la prima esperienza dove Gasperini si esprime a certi livelli con continuità. Già a Genova aveva vita più difficile, e nelle big la pressione aumenta e il tempo diminuisce, e così si spiega il "flop" all'Inter. Ma anche quello di Giampaolo al Milan: mi ero entusiasmato quando aveva dichiarato di voler marchiare la squadra rossonera con un gioco riconoscibile. Giampaolo era troppo integralista per il Milan, e temo che anche Gasperini lo sia. Serve capacità di adattamento alla rosa, alla situazione e al contesto. In parte forse minore, anche Guardiola è troppo integralista. Altrimenti non si spiega l'incapacità di vincere nuovamente in Europa da quando ha lasciato il Barcellona. Tornando al Milan, spero che Pioli sappia portare non solo i risultati che sono mancati ma anche un calcio bello da vedere ed efficace. Già contro il Lecce qualcosa si è visto, quell'ibrido 3-2-2-3 che ha dato gioie a Mancini come CT dell'Italia.

Continuità. Di prestazioni e di risultati. Ecco ciò che manca ad Ancelotti. Carlo lo ricordo con estremo piacere sì, uno dei protagonisti delle due ultime Champions League rossonere (2003 e 2007), ma ricordo anche i punti spesso lasciati in campionato. Quel Milan era probabilmente la squadra più forte del mondo, eppure in 7 anni e mezzo ha vinto solo 1 Scudetto, 1 Coppa Italia e 1 Supercoppa Italiana. E anche adesso il Napoli lascia troppi punti per strada per poter competere con la Juventus. Discorso simile si può fare per Conte: quando nel 2013-2014 "trascurò" l'Europa League, alla portata e con la finale da disputarsi proprio allo Stadium (venendo estromesso dal Benfica in semifinale) per fare il record di 102 punti in Serie A. Imperdonabile.

Preparazione atletica. Bene tutti i sopracitati, tranne Allegri che spesso è stato criticato proprio per questo motivo: allenamenti troppo blandi e troppi infortuni muscolari conseguenti. Menzione particolare (positiva) per Conte Gasperini, quasi vecchia scuola Zeman. Ma il vero bocciato della classe è Montella, convinto che l'intensità "non esista" e che gli allenamenti debbano essere leggeri per correre di più in partita. Mah. 

E quindi di cosa stiamo parlando? Del gotha delle panchine. L'allenatore perfetto probabilmente non esiste, ma per il sottoscritto quello che gli si avvicina di più, ad oggi, è Klopp. Il più completo. Ma la classifica è pronta a variare, perché un'idea che è valida oggi può diventare obsoleta domani e un'idea che era obsoleta ieri può tornare innovativa domani. Come diceva Verga la storia è fatta di "corsi e ricorsi" e il calcio è come la storia, si sa: ciclico.