Sottovalutare

[sot-to-va-lu-tà-re]

v.tr.

Valutare qualcuno o qualcosa al di sotto del reale valore o dell’effettiva importanza: sottovalutare il nemico. 

 
Il Milan che esce da San Siro con il brodino del punto conquistato contro un Napoli altrettanto in crisi è un Milan che ha sottovalutato la stagione, ed ha cominciato a farlo già sul calare di quella passata. 

Ha sottovalutato innanzitutto il lavoro e il valore di Gattuso e la scelta del nuovo allenatore. Inter docet: con Conte i nerazzurri si sono trasformati e lotteranno fino alla fine per lo Scudetto. Giampaolo, prediletto di Maldini e Boban, si è invece rivelato sbagliato, inadatto. Non incapace - è un mister valido - ma incompatibile con l'attuale rosa del Milan: Suso e Piatek (per citare i casi più eclatanti) non c'entravano niente con modulo e gioco dell'ex Sampdoria e lo hanno trascinato al fallimento con la loro incapacità di adattamento, che si è unita all'incapacità di adattamento (alla rosa) dello stesso tecnico. È stata poi sottovalutata la scelta del sostituto di Giampaolo, puntando su quel Pioli che già aveva fallito con Inter e Fiorentina. La sliding door che portava a Spalletti (allenatore capace di centrare la Champions League per quattro anni di fila tra Roma ed Inter) grida ancora vendetta. Chi più spende meno spende: valeva decisamente la pena fare un sacrificio per il tecnico di Certaldo.

Ma Boban e Maldini hanno ancor prima sottovalutato la capacità di lettura di un uomo di campo come Gattuso, che ha (col senno di poi) dimostrato che questo Milan può fare bene e vincere solo giocando un calcio concreto e senza fronzoli, spesso di rimessa, basato sui singoli più che sul collettivo. Gattuso aveva anche capito e riferito più volte che la rosa fosse giovane, troppo giovane, e che servissero innesti di esperienza. La proprietà, rappresentata da Gazidis, ha sottovalutato questo aspetto e ha preferito indicare la via di un progetto fatto esclusivamente di giovani. 22,5 anni: questa l'età media dei calciatori acquistati sul mercato. Validi, perché Bennacer, Theo Hernandez, Leao e Krunic stanno dimostrando di non essere scarsi e di valere gli investimenti fatti (qualche dubbio in più su Duarte e Rebic, in prestito). Ma giovani. Impensabile in una piazza e uno stadio importanti come Milano e San Siro ottenere risultati con una squadra di 23,9 anni di media (dato Transfermarkt, compagine più giovane del campionato). E impossibile fare paragoni con altre realtà minori abituate a ben altri palcoscenici e quindi senza grandi pressioni. Gattuso ha spesso nascosto la polvere sotto il tappeto grazie alla sua grinta e a una tattica ferrata, ma andato via lui è come se fosse scoppiato il tappo messo a una falla d'acqua. Al Milan mancano giocatori di esperienza e personalità e la Fiorentina ne è la dimostrazione: Ribery, Boateng, Caceres sono stati evidentemente fondamentali per la crescita del collettivo viola e di alcuni singoli.

Altro tasto dolente legato al mercato è quello in uscita. Sono stati sottovalutati l'addio (o meglio: la mancata conferma) di Bakayoko e la cessione di Cutrone. Centrocampista di fisico e carattere, tatticamente importantissimo il primo; attaccante di "veleno" e grinta, attaccamento alla maglia il secondo. È stata sottovalutata l'importanza della costruzione di un attacco funzionale. A mio modesto avviso, quello del centravanti è il ruolo più importante della squadra nel calcio moderno. Troppo di fretta e leggerezza ci si è liberati di Cutrone per puntare tutto su un giocatore reduce dalla prima - seppur ottima - esperienza in Serie A (Piatek) e su un classe '99 (Leao) che ancora deve far vedere tutto. Nello specifico il polacco sta dimostrando di non saper venire incontro per giocare con la squadra e ha perso fiducia; mentre il giovane portoghese è un talento ancora da sgrezzare: più seconda punta che centravanti, come evidenzia la poca cattiveria sotto porta. E Rebic in prestito è la classica toppa peggio del buco, perché ha portato via un André Silva che avrebbe sicuramente fatto comodo: oltre al danno delle insulse prestazioni del croato, la beffa.

L'augurio è che non venga sottovalutata anche la gravità della situazione che si è venuta a creare: lo spettro della retrocessione aleggia realmente sul Milan e bisogna intervenire con decisione e competenza già nel mercato di gennaio. Può sembrare eccessivamente pessimista invocare la Serie B, ma qualunque milanista che l'ha vissuta negli anni 80 vi dirà che la tragedia accade quando uno non se l'aspetta e ne sottovaluta le avvisaglie.

La spada di Damocle del fair play finanziario è inesorabile, ma Elliott deve dirci cosa vuole fare da grande: serve un progetto sensato e realistico, ma all'altezza delle ambizioni dei tifosi e della storia del Milan. Il Milan non è un investimento da far fruttare: va trattato con rispetto, passione ed ambizione.