Ciao. Buongiorno, e/o buon pomeriggio, forse magari buonasera. It depends on your time of visit. Sono un non più giovane-quasi anziano: la verità vera, e' che superi i 50 anni e, bene bene bene, mica sai più chi sei, e/o cosa caspita sei. Io non sono (ancora) nelle condizioni di ricercare attenzioni altrui purché siano, a qualsivoglia costo, magari commentando in mezzo a miei anziani coetanei i lavori in corso nei cantieri stradali, che diamine!, questo mica ancora, dài..... Però, lo stesso: oh, CM-nauta! Son qui, che mi rivolgo a te, ché mi piacerebbe sapere cosa caspita pensi (se mi leggi, e se la pensi) su questa mia cosina qui. Vedi un po' tu. E allora: voglio parlarti di calcio. Ed infatti, ti parlerò di pallavolo. Campionato di volley millenovecentoottanta/millenovecentoottantuno: per la terza volta consecutiva, si affermava un club di Torino, il Cus Robe Di Kappa (dice niente, club di Torino? No, che non deve, é casuale. Non deconcentriamoci, che diamine). Con un vantaggio imbarazzante sulla più diretta rivale. Di nuovo, fra l'altro: perché, primo scudetto a parte, anche per il secondo di quella serie era stato così. Il volley italiano, in quel periodo, stava vivendo una fase particolare: oramai da tempo, era divenuto il secondo sport di squadra più praticato nella nostra nazione. E se, da un lato, la Nazionale era riuscita a saltuariamente raggiungere qualche risultato di rilievo - oro alle Universiadi '70, argento ai Mondiali '78, ma in manifestazioni giocate in casa nostra in entrambi i casi -, dall'altro lato a quel gran numero di praticanti non trovava corrispondenza un'adeguata attenzione di pubblico e media. Oltre a ciò, si consideri che, con l'eccezione di Torino e Roma, le altre piazze metropolitane letteralmente ignoravano la pallavolo, sport infatti tradizionalmente radicato in realtà di provincia (su tutte, in particolare, quelle emiliano-romagnole). INSOMMA: il volley nostrano voleva crescere, intuiva di aver potenzialità per poter crescere, ma non sapeva affatto come caspita fare, per crescere. Al dunque, si decise che proprio il campionato 80/81 sarebbe stato l'ultimo ad esser giocato con la sola formula di scontri di andata e ritorno. Serviva qualcosa di nuovo, di diverso, di attraente e di spettacolare. Ma soldi per inventarsi meraviglie, nella pallavolo nostrana di quei tempi, mica ce n'erano... Per cui, eccoli: i PLAYOFF. Una regular-season, al termine della quale le prime otto - tramite un meccanismo di incrocio, che avrebbe rispettato i meriti sportivi conseguiti da ciascuno in termini di classifica generale - si sarebbero scontrate ad eliminazione diretta. Sino ad una finale. Come andò? Nell'ordine: A - Il Cus Torino abdicò sin dalla prima stagione del nuovo format a quello che, sino ad un solo anno prima, era un autentico strapotere. Dovette poi attendere altre due stagioni, prima di rivincere uno scudetto; B - I palazzetti, in coincidenza degli scontri-playoff, si riempirono. Tutti quanti. Finché la TV iniziò ad accorgersene. E con lei, nuovi sponsor; C - i clubs di A1, a fronte della nuova competitività richiesta loro sul lungo termine, iniziarono a scandagliare meglio i vivai nazionali. Otto anni più tardi, guidati da un geniale argentino (di nome Julio, di cognome Velasco), i nuovi Azzurri, cresciuti e rodati dalle battaglie nazionali dei playoff - perché, diciamocelo chiaro: rispetto ad un normale campionato, le gare di playoff questo sono. Battaglie. -, vinsero in Svezia il primo di un'infinita serie di ori, europei e mondiali; D - Sulla scorta dei travolgenti successi della Nazionale, travolgente divenne pure l'attenzione dei media e dei grandi imprenditori (producendo pure una sorta di "gigantismo" del fenomeno-pallavolo, che nel lungo periodo però non pagò, e che quindi finì con il ridimensionarsi. Ma questo, comunque, e' un altro discorso); E - Dato tutto quanto esposto ai precedenti punti, e' dall'anno della sua introduzione che il 'format playoff', pur passando tramite modifiche, non è MAI più stato abbandonato. Chiedersene il perché, sarebbe esercizio ozioso, direi. Orbene: a te, che sei un CM-nauta attento, sarà a questo punto sorto il dubbio circa la congruità di un articolo che parla di volley su di un sito calcistico. Ciò significa che sei un lettore vispo: bravo. Vabbè, allora faccio che andare al punto, dài. I fatti dicono che il nostro movimento calcistico nazionale ha, oggi, parecchi punti di contatto con la realtà pallavolistica italiana di inizio anni '80. Passione diffusissima, ma stadi vuoti. Soldi? Pochi. Spesso, nessuno. Interesse agonistico vivo fino a neppure tre/quarti di stagione, causa annosa prevalenza di un solo club su tutti gli altri. INSOMMA: punti di contatto tali e tanti, da avermi portato a riflettere (caratteristica dei non più giovani/quasi anziani come me, e' quella di iniziare a ritrovarsi per le mani molto più tempo per riflettere, rispetto a prima). Credo sia importante io faccia un inciso: sono juventino. Tifo, cioè, per la società che ultimamente pressochè domina il campionato nostrano. Ora come ora, quasi a livello di mobbing, se me lo si lascia passare. Ergo, in teoria, dovrei appartenere alla schiera di coloro ai quali, le cose come stanno adesso, vanno più che benone... No. SBAGLIATO. Alla metà Italia antijuventina viscerale, a noialtri Gobbi piace pensarci - oltre che ladri indefessi, obviously - come contrari al concetto stesso di sportività. Trattasi di altro errore, e pure madornale: sarebbe come credere che a noi piaccia il potere tout-court, derivando esclusivamente dalla gestione di esso tutto il nostro godimento. Un pò come essere ricchi, e passare l'intero tempo a rimirare i saldi dei propri estratti conto, ma senza spendere in piaceri e vizi un solo centesimo del patrimonio accumulato. Avaracci per nulla edonisti, e privi di un progetto che non riguardi altro che la mera conservazione della propria posizione di forza. Ma dài. Ma per piacere. Orbene: se tu che mi stai leggendo appartieni a coloro che, a prescindere, conservano i bianconeri in odio purissimo, sappi che le cose NON stanno affatto così. A noialtri, proprio come a voialtri, piace il CALCIO. Quando viene giocato, intendo: cosa che presuppone l'esistenza di avversari forti, preparati, in grado quindi di sconfiggerti. Non posso certo ergermi a rappresentante delle 'gens' bianconere, e ci mancherebbe pure...epperò, son piuttosto certo circa il fatto che il ventilato progetto di "Super Lega Europea" non è che scaldi più di tanto i cuori alla maggioranza di noi Juventiniani (tipo: a me, ma manco per niente). Creare 'sta specie di Rotary Club, dove poche squadre elette - 16/18/20/quante vattelapesca potranno essere - avrebbero come unico destino quello di incontrarsi/scontrarsi fra di esse, in perpetuo, senza possibilità di retrocessioni, sempre a vedersi fra le stesse facce, personalmente la trovo una boiatona alla americana maniera. Metteteci pure dentro tutti i migliori giocatori del Mondo tondo: alla lunga, diverrebbe circo noioso. Scintillante, ma palloso. La Seredova è la Seredova: ma questo non ha impedito a Buffon prima di abituarvisi, eppoi tutto sommato di annoiarvisi, mi pare. In USA, ci son le franchigie. In Europa, le SQUADRE. C'è tutto un mondo di filosofie di vita, in questo distinguo. Noialtri del Vecchio Continente, ho come l'impressione che una NBA calcistica finiremmo per trovarla insopportabile in capo ad un solo lustro. Ascolti tv in chiara flessione al sesto anno, in caduta libera fra l'ottavo ed il decimo. Accetto scommesse, su 'sta cosa: fra un decennio batterò sui 62, occhio e croce posso ancora permettermelo ;-). Fatto il debito inciso, et voilà la mia proposta: che non è certo originale ma, rispetto a come viene di consueto illustrata in altre sedi, pretende di essere dettagliata nei suoi "perché" = A me, piacerebbe tanto, tanto, tanto che in Serie A venissero - FINALMENTE! - istituiti playoff e playout. Mi piacerebbe che i playoff riguardassero le prime otto squadre della competente regular season, ed i playout le ultime 4. Per arrivare a questo, mi piacerebbe che la Serie A venisse riservata a 16 sole squadre (da già che ci siamo, mi piacerebbe una B a 20 squadre, giusto perché divenisse un pelo meno eterna di quanto è attualmente). Infine, mi piacerebbe che si trattasse di una fase finale ove a contare fossero i punteggi di andata e ritorno, così come stabilito nelle competizioni UEFA: perché, sportivamente parlando, sarebbe ovvio il voler salvaguardare le posizioni in classifica da ciascuno raggiunte durante la regular season (quindi, ok agli incroci fra 1• ed 8• e così via, ok al ritorno da giocarsi in casa della meglio classificata), ma troverei eccessivo il voler pure premiare la squadra meglio posizionata in classifica persino dopo un doppio pareggio... Perché, se vogliamo che playoff/out abbiano una vera presa popolare, devono divenire teatro di BATTAGLIE. Come avvenne, appunto, nel volley anni '80. Una sorta di nuovo campionato dopo il campionato, ecco. In conclusione, dettaglio i miei "perché": 1) Perché ridurre da 20 a 16 le squadre di A eleverebbe, da subito, la qualità media del nostro campionato, com'è ovvio che sia. Inoltre, poiché i playoff dovrebbero determinare non solo la squadra campione, ma pure quelle qualificate in CL ed EL, a conti fatti le prime 8 della regular season finirebbero comunque per giocare solo TRE gare in meno, rispetto a quelle ora affrontate con la forma di campionato attuale: ergo, durata complessiva della stagione salvaguardata; 2) Perché il dover tentare di divenire una delle prime 8, o di evitare di essere una delle ultime 4, costringerebbe la maggior parte delle squadre ad affrontare la regular season con una pressoché costante tensione agonistica. E sino all'ultima giornata della stessa. Facile prevedere l'aumento di partite VERAMENTE giocate, quindi. Ad esempio, con la consapevolezza iniziale di doversi giocare una posizione migliore nella griglia degli incroci finali, oppure anche per evitare di cadere nell'infernale barrage dei playout, siamo tutti quanti sicuri che - per dire - l'intera classifica dell'ultimo campionato sarebbe stata la medesima? Io, mica no....; 3) Perché la scienza statistica dice che, nel corso di un'intera stagione, gli episodi controversi NON possono ripetersi. Se nel 2012 Milan e Juventus si fossero reincrociate nei playoff, quanti fra di voi possono credere che sarebbe accaduto un nuovo 'caso-Muntari'? E nel 2015, quante probabilità ci sarebbero state, in un doppio incrocio playoff Juve-Roma, di nuovamente assistere ad episodi che avrebbero spinto Garcia a suonare il suo immaginario violino? Ed il Sarri dello scorso anno, polemico anzichéno, non si sarebbe rigiocato assai più che volentieri le sue carte un altro paio di volte, in ipotetici successivi scontri diretti? Ancora, andando più indietro nel tempo: Iuliano su Ronaldo nel '98, sarebbe divenuto episodio significativo per determinare le posizioni di Juve ed Inter nella griglia dei successivi playoff, invece che esser episodio-chiave per l'assegnazione di uno scudetto: ne staremmo ancora parlando, adesso? Non credete, forse, che un'eventuale doppia sfida all'OK Corall avrebbe fatto svanire nel tempo "Er go de Turone"? Invece, dal punto di vista di noi Gobbi: in era Ancelottiana, quanto ci sarebbe piaciuto riprovarci subito, dopo il nubifragio di Perugia, oppure post-il "Nakata-extracomunitario-accettato-come-buono-all'ultimo"?..... La verità, e' che gli scontri 'dentro-fuori', per loro natura intrinseca, sistemano tante cose. Ed il nostro calcio ha un TREMENDO bisogno di svelenirsi, qualora non ve ne foste accorti; 4) Perché, esattamente come poi avvenne per la pallavolo a suo tempo, un più alto livello competitivo della regular season, ed il clima di battaglia che si instaurerebbe nei playout/playoff, temprerebbe le forze migliori, garantendo (in un ragionevole lasso di tempo) un qual certo numero di calciatori meglio predisposti alle avventure europee delle rispettive squadre, con logiche ricadute positive anche sulla stessa nazionale italiana, quanto a formazione dei giocatori nostrani; 5) Perché, il clima da dentro-fuori, PIACE. A chiunque. Da matti. Avete notato, vero, come quella negletta della Coppa Italia, a partire dai quarti, già adesso riempia stadi a faccia importanti ascolti TV?... ;-). Per cui, come non immaginare che andrebbe ad innescarsi un circolo virtuoso di rinnovato interesse per tutto il calcio italiano? Media, nuovi tifosi, quindi più munifici sponsors. Non è quanto stiamo tutti quanti vaneggiando di riottenere, un giorno?....O_O; 6) Perché la CL, dagli ottavi in poi, nella formulazione è uguale. Il fattore-botta di c..A-HEM!-fortuna, lo sappiamo, in Champions è determinante. Ma NON preponderante. Alla fine, le squadre più forti, se non vincono, emergono in ogni caso. Eppoi, nelle ultime sette edizioni, due clubs l'hanno vinta due volte a testa, ma non consecutivamente; e comunque son stati ben in cinque, a portarsela a casa. Non la troveremmo una prospettiva ben più allettante, questa possibilità di alternanza, rispetto ai campionati italiani, dove negli ultimi QUINDICI anni a spartirselo sono state in sole TRE? Da juventino, ovviamente, conterei lo stesso sul proseguio del nostro attuale dominio..... Ma dovremmo giocarcelo. Di più. Decisamente, di più. Prospettiva che, sempre personalmente, più che scoraggiarmi, mi alletta. Perché mi intriga. Son tifoso del gioco del calcio. Lo siamo tutti quanti. Avrei pure avuto proposte riguardanti la reintroduzione del sorteggio arbitrale integrale (io lo vorrei), e la riforma del format Coppa Italia (che mi piacerebbe all'inglese maniera: cioè coinvolgente anche i clubs di D, partita secca in casa della più debole secondo ranking sino ai quarti esclusi, e con le big già in gara dai 32imi, per dire), ma tutto sommato credo che la cosa migliore sia invece terminare. Non senza complimentarmi con TE, che pur stremato sei giunto a leggere sino a qui.... :-0. Cosa te l'abbia fatto fare, mica saprei. A prescindere, comunque, grazie. :-) ZIO PINO