Parafrasare il titolo di un romanzo di Oriana Fallaci sembra esagerato per parlare di calcio.
Ma calza a pennello per descrivere il difficile rapporto che lega il presidente della Sampdoria Massimo Ferrero ai suoi tifosi.
Domenica sera, dopo che il pubblico blucerchiato aveva causato l'interruzione del match contro il Napoli con alcuni cori di discriminazione territoriale, il "Viperetta" è sceso in campo per provare a placare la rabbia dei sampdoriani.
Il risultato? Una raffica di insulti, improperi e un chiaro invito a smammare: "Non sei nessuno per dirci cosa fare". Qualcuno potrebbe derubricare l'accaduto  al solito, inevitabile atto di arroganza di un gruppo di ultras esagitati. Ma chi vive da vicino la realtà blucerchiata sa bene che dietro ai fatti di domenica c'è qualcosa di più profondo.

Il 12 giugno 2014 è una data scolpita nella memoria dei sampdoriani. Quel giorno, uno sconosciuto Massimo Ferrero assume le redini della società blucerchiata, rilevandola praticamente a zero dalle mani di Edoardo Garrone. La conferenza stampa di presentazione del passaggio di consegne tra Garrone a Ferrero è un pugno in faccia alla compostezza e al riserbo che contraddistinguono il modo di vivere il calcio del popolo blucerchiato, ancora imbevuto dell'etica mantovaniana. Ferrero è straripante, troppo per i canoni genovesi. Indossa la maglia numero 10 della Sampdoria e si presenta ai suoi nuovi tifosi e al calcio italiano come un grillo parlante, senza risparmiarsi parolacce ed espressioni colorite.
È già chiaro: ancora prima di nascere, il rapporto tra Ferrero e i doriani è rotto.

Dal 2014 a oggi Ferrero fa di tutto per ingraziarsi la simpatia dei suoi tifosi. Porta a Genova diversi giocatori importanti, risana i conti della società, avvia un programma di valorizzazione delle infrastrutture societarie con la realizzazione di immobili che portano la Sampdoria a dotarsi di asset che fino a pochi anni fa erano impensabili. Ristruttura il centro sportivo "Gloriano Mugnaini" riportando a casa la Primavera esiliata a Sestri Levante, fa costruire la foresteria per i ragazzi del settore giovanile, progetta la creazione di un hotel per la prima squadra. Insomma, porta a casa dei risultati che dimostrano la bontà della gestione tecnica e finanziaria della società.

Ma agli occhi dei tifosi, anche giustamente, c'è dell'altro. Il modo di porsi, l'atteggiamento, il rispetto per la storia della società e dei valori che si porta appresso. Da questo punto di vista, Ferrero non ha mai azzeccato una mossa. Prima sostiene di aver fatto conoscere al mondo la Sampdoria quando prima era nota solo tra Recco e Chiavari, beccandosi dalla gradinata la seguente risposta: "Ferrero ora basta, se non conosci la nostra storia stai zitto!". Poi fa ancora peggio, criticando il torneo Ravano - un'istituzione a Genova, nato negli anni Ottanta per volere di Paolo Mantovani, il presidente dello scudetto 1991 - sostenendo che "andrebbe organizzato meglio". Parole che suscitano il disappunto dei tifosi e di Enrico Mantovani, uno dei figli di Paolo: "Ferrero non ha capito lo spirito del Ravano".

Il resto è storia recente. Il tifoso sampdoriano medio accusa Ferrero di avere trasformato la società in un supermarket e di non coltivare alcuna ambizione di alta classifica. "L'anno prossimo credete all'Europa come ci abbiamo creduto noi", questo il contenuto del doppio striscione apparso domenica scorsa in gradinata, con cui la tifoseria nella sua interezza ha puntato il dito contro la presunta volontà della società di non andare in Europa League, dopo che per gran parte della stagione la squadra è stata sesta in classifica. Alla tesi del calo fisico della squadra, la gradinata Sud preferisce credere all'idea che la recente crisi di risultati sia stata dovuta a una precisa indicazione della società, che in caso di arrivo in Europa avrebbe dovuto rinforzare la squadra senza andare a monetizzare le cessioni di alcuni dei talenti più forti a disposizione di Giampaolo, come Torreira e Praet.

Ottenere buoni risultati sportivi, migliorare i conti e conquistare la supremazia cittadina - che a Genova è un qualcosa di molto sentito - non basta. A Ferrero, i sampdoriani chiedono altro. Ma bene o male il Viperetta è il Viperetta e non cambierà mai stile e comportamenti. Il clima da separati in casa con i tifosi durerà per sempre.