Ad un passo dalla rivoluzione. E’ l’ultima partita del 2019 ed il primo Milan di Stefano Pioli perde 5-0 al Gewiss Stadium contro l’Atalanta dei record. Sullo sfondo di questa débacle, il vento di cambiamento portato da Ralf Rangnick, allora responsabile dello sport e dello sviluppo calcistico del gruppo Red Bull, si insinua sempre più tra le mura di Milanello, relegando Pioli al misero ruolo di traghettatore di una squadra allo sbando. Poi la scintilla. Gli aquisti di Ibrahimovic e Kjaer apportano esperienza e consapevolezza ad un gruppo talentoso ma acerbo, che inanella cinque risultati utili consecutivi nelle prime cinque partite del 2020, rilanciando cosi le proprie ambizioni. La pausa Covid garantisce a Pioli il tempo necessario per lavorare con calma, senza eccessive pressioni, un regalo non banale per chi allena una squadra come il Milan. I  risultati sono però evidenti: il campionato riprende ed il Milan porta a casa 30 dei 36 punti disponibili, battendo tra le altre Roma, Lazio e Juventus.

La crescita mentale
Chissà se Maldini, durante l’ultimo anno e mezzo si sarà mai chiesto cosa ne sarebbe stato, del suo Milan, se l’affare Rangnick fosse andato in porto. Probabilmente l’ambiente rossonero sarebbe andato incontro ad una rivoluzione, ad un cambiamento radicale. Vincente? Non è dato saperlo. Fatto sta che, dopo un anno e mezzo di gestione Pioli, i rossoneri sono tornati nell’Europa che conta, ed hanno riassaporato, dopo troppi anni, il brivido di competere per qualcosa di veramente importante. Una rivoluzione dunque c’è stata, è innegabile. Che non si pensi però a grandi acquisti, colpi ad effetto, investimenti mirabolanti o riforme strutturali. La rivoluzione di Pioli è evidente ad ogni gara. Può essere intravista nella dedizione di Leao, che da talento indolente e discontinuo si è trasformato in un’ala pura, fonte inesauribile di dribbling ed assist ma anche di ripiegamenti che dalle parti di San Siro sono una novità assoluta. Ma anche nella crescita di Tonali, timida scommessa al suo primo anno in rossonero ed ora imprescindibile leader del centrocampo. Lo stesso dicasi per Rebic, la cui corrente alternata ha da sempre costituito il suo più grande limite e che quest’anno sembra più centrato e concentrato che mai, a suo agio non solo in fascia, ma anche come vice Ibra e Giroud.

Obiettivo scudetto
Una rivoluzione si è detto, che come tutte le rivoluzioni ha richiesto tempo, sacrifici, ma soprattutto disponibilità da parte di un gruppo finalmente conscio delle proprie potenzialità. Dal 5-0 del Gewiss di fine 2019 al 2-3 dell’ottobre 2021 corrono due anni di lavoro che hanno letteralmente trasformato una squadra i cui interpreti sono tuttavia rimasti pressochè gli stessi. Mentre il vento di cambiamento proposto da Rangnick si è mestamente affievolito e spostato verso est, fino a raggiungere le rive della Moscova, il martello di Pioli ha continuato a battere nella testa e sulle gambe dei suoi giocatori. Fino a due anni fa, un inizio di stagione come quello di quest’anno, con le nette vittorie su Atalanta e Lazio ed il pareggio ad armi pari con la Juventus, sarebbe stato impronosticabile ed insperato. Quest’anno, grazie alla cura del mister ed alla disposizione al sacrificio ed alla lotta dei suoi ragazzi, nulla sembra impossibile. Il non dover porsi dei limiti è proprio ciò che serve ad una squadra che sogna in grande ma con i piedi per terra. Il primo obiettivo è quello di risollevarsi in Champions, dove la squadra ha tutt’altro che sfigurato. Il secondo, un segreto di Pulcinella, lo ha rivelato Sandro Tonali nel post-partita contro l’Atalanta: lo Scudetto.
Spavalderia o consapevolezza? Difficile dirlo, fatto sta che per come sono andate le cose in questi ultimi due anni, nessuno potrà più permettersi di sottovalutare questo nuovo Milan.