Non si ruba in casa dei ladri, o meglio, non si insegna a casa dei maestri. Nè si sperimenta. Soprattutto contro una squadra solida e tecnicamente formidabile come la Spagna di Luis Enrique. E’ questa la lezione che Mancini porta con sè di ritorno dalla sconfitta rimediata ieri sera a San Siro contro le Furie Rosse. Una partita di certo condizionata dalla precoce e forse generosa espulsione di Bonucci, che ha trasformato la serata in una scintillante vetrina per i palleggiatori spagnoli. Tra i pezzi pregiati della collezione, il predestinato Gavi, il redivivo Busquets e l’elettrico Yeremi Pino. Le scelte iniziali del tecnico jesino tuttavia, faticano a convincere, soprattutto per quel che riguarda il tridente offensivo, con Bernardeschi schierato da falso nove e supportato sulle fasce da Insigne e Chiesa. Insolito, ma non una novità assoluta. Già tre anni fa, nella trasferta di Chorzow contro la Polonia, Mancini aveva optato per un assetto fluido, affidando l’attacco agli stessi interpreti di ieri sera. Risultato? Una vittoria. Arrivata come? Angolo di Insigne, spizzata di Lasagna e correzione vincente di Biraghi. Minuto? 92′. Non proprio ciò che si dice un esperimento di successo.

Le assenze
A parziale discolpa di Mancini c’è da dire che le assenze c’erano, si sentivano ed, in fin dei conti, sono pesate. I tanto criticati Immobile e Belotti avrebbero senza dubbio dato più volume e combattività ad un reparto privato del proprio punto di riferimento centrale. Nè Bernardeschi nè Insigne, durante il primo tempo, hanno dato l’impressione di trovarsi a proprio agio in un ruolo complicato, fluido, che non sono riusciti a metabolizzare. Praticamente un regalo per Luis Enrique ed i suoi centrali Laporte e Pau Torres, con quest’ultimo che, signorilmente, a 10′ dalla fine ricambia attardando il disimpegno e consegnando un pallone che Chiesa porta fino in fondo per poi servire Pellegrini, 2-1. Luce riaccesa. La qualità della Spagna e l’inferiorità numerica azzurra però non permettono più ai ragazzi di Mancini di riavvicinarsi dalle parti di Unai Simon, che chiude la gara con un’uscita bassa ad agguantare un pallone calciato da Calabria. Sipario. Striscia interrotta. Con qualche rimpianto.

Maestri
Dall’altra parte, Luis Enrique non ha bisogno di inventare nulla. Fuori Morata e Dani Olmo? Poco male. Ci pensa Ferran Torres a recitare (bene) la parte del numero 9, cosi come lo ha abituato Guardiola da quando è arrivato a Manchester. Tanta vivacità, dialoghi con i centrocampisti e movimenti a portare al largo i centrali azzurri. E poi i gol. Prima con un tocco sporco a correggere il cross di Oyarzabal e poi, sempre su suggerimento dell’esterno della Real Sociedad, con un colpo di testa da vero centravanti. Eccolo lì, il falso nove.
Da una parte l’originale, dall’altra una copia sbiadita.
Come detto, le assenze c’erano, e parlare con il senno di poi è la cosa più facile del mondo, ma leggendo i nomi di Raspadori e Kean nella lista dei panchinari qualche perplessità sorge ancora.