Il 23 dicembre 2014 Tommaso Giulini, giovane neo presidente del Cagliari, mette a segno una delle decisioni più importanti del suo primo anno in sella ai rossoblu. Esonera Zdenek Zeman, al termine di una serie di risultati negativi che avevano portato i sardi in zona retrocessione. In verità, si tratta di una, tardiva, correzione di rotta, visto che era stato proprio il nuovo numero uno cagliaritano a scegliere l’ex Roma come tecnico della squadra.
Allenatore più popolare che vincente, il boemo. Un curriculum tutt’altro che indiviabile, ma che riesce a far breccia nel cuore di Giulini. A posteriori, nonostante una retrocessione con successivo ritorno in Serie A, potremmo descrivere questa scelta come un nefasto presagio delle successive stagioni del “Casteddu” nel massimo campionato.
Già, perchè se dopo sette lunghi anni, il salto di qualità che i tifosi dei quattro mori si aspettavano dalla società non è ancora avvenuto, allora qualcosa non torna. Come è possibile che una proprietà solida, tra le poche del panorama nazionale, non sia ancora riuscita a smuovere la squadra dalla secche dei quindicesimi posti? Esiste un concorso di colpe tra la parte dirigenziale e l’area tecnica? O è Giulini il centro di tutti i mali?
Il viaggio dentro la crisi del Cagliari comincia durante l’annata 2019 – 2020. Una stagione diversa dalle altre, quella che festeggia il compleanno numero cinquanta del mitico scudetto targato Riva e Scopigno. Sarà per questo evento, sarà che il lavoro del confermato Maran inizia a vedersi, a dicembre i rossoblu sono la sorpresa del campionato. Quarti, con una striscia di imbattibilità di 13 partite. Nel mezzo, vere e proprie gemme come il 5-2 alla Fiorentina, l’exploit al “San Paolo” contro il Napoli e il pazzesco 4-3 alla Samp. Un’euforia che si spegne sotto le luci di Natale e, di fatto, non si respirerà più tra la spiaggia del Poetto e lo stagno di Santa Gilla. L’esonero di Maran a marzo è il primo passo verso un calvario che non sembra finire. Allenatori licenziati, riconfermati e poi cacciati la stagione successiva. Una asticella che non si alza. Il nuovo stadio, quello vero non quello temporaneo, visto come un lontano miraggio. E i tifosi che, dagli effimeri sogni di Europa League, devono guardarsi dal baratro della cadetteria.

È chiaro che il presidente sia il maggior responsabile, anche perchè sembra abbia sconfessato una scelta che, durante le prime stagioni, stava dando i suoi frutti. Un settore giovanile forte, guidato dall’ex allenatore del Chievo Mario Beretta, capace di scovare i migliori talenti di Sardegna, anche grazie ad una partnership con l’Olbia. Il sogno di nuovi Barella in prima squadra fermo al solo Carboni, onesta promessa, di certo non un crack. Il tutto, a scapito di una decisione che ricalca, su scala piccolissima, la filosofia del primo Real targato Florentino: “Zidanes y Pavones”, ovvero top players e giovani rampanti. A Madrid funzionò in parte. A Cagliari molto meno. Perchè l’idea del numero uno milanese di affiancare ai vari Zappa, Carboni, Deiola, vecchi leoni come Bruno Alves, Isla, Padoin e Nainngolan, non convince. Un azzardo eccessivo. Doppiamente eccessivo. Da una parte, la speranza che la nidiata juniores sia sempre proficua di nuovi “numeri 23”. Dall’altra, la stipula di contratti con cifre da big a ultra trentenni con la pancia piena e che già percorrono il loro personalissimo “sunset boulevard”. Il tutto, senza più Beretta a coadiuvare il settore giovanile. Un progetto perso, portato avanti con una testardaggine che non aiuta la squadra, ormai in balia di un padrone in altomare. Clamoroso, come lampante esempio, il prolungamento del contratto a un Di Francesco in crisi nera, puntualmente esonerato poche giornate dopo.

Ma se la mossa “vecchie glore + giovani promesse”  non ha del tutto funzionato, se i cambi di allenatori non sortiscono gli effetti sperati, se il tifo organizzato sembra aver girato le spalle alla proprietà, allora perchè continuare su questo sentiero pericoloso, senza resettare tutto? Perchè ostinarsi a rincorrere nuovi Caceres e Godin, tanto per citare gli epurati di Capozucca, e non calarsi dentro la dura realtà. Quella che vede un Cagliari ancora una volta a rischio Serie B, con una squadra che non sembra pronta per lottare per evitare l’incubo. Poca spada, troppo fioretto. Aggrappati al solo Mazzarri. Tanti nomi, scarsa concretezza. La fame di lottare un ricordo passato. La “garra”, quella dei Nandez dati in continua partenza e poi costretti a restare, dimenticata chissà dove. Il tutto, con un Giulini ormai assente.
Presidente passivo che sembra decidere di pancia e non di testa. Come un neofita del pallone che ormai non è più. Nè pugno duro, nè vicinanza alla squadra, mentre il “Casteddu” resta intrappolato dentro i bassifondi di una classifica che si fa sempre più letale.