La rivoluzione della comunicazione apportata dai Social network non poteva lasciare indifferente il teatro calcistico e i suoi attori. Mai come in questi ultimi anni infatti, i calciatori hanno abbandonato il ruolo semi-divino spesso attribuitogli dai fans (followers), scendendo dal piedistallo e avviando con questi ultimi un canale diretto di interazione attraverso i Social. Con un tweet, un post o una semplice fotografia accompagnata da un commento, le star del pallone si “umanizzano” e condividono le proprie emozioni e i propri pensieri con il mondo, così come fanno tutte le persone comuni. Ma proprio qui sorge il problema: i calciatori volenti o nolenti non sono persone comuni. Essi infatti fanno parte di un mondo che, se da una parte li ricompensa egregiamente dal punto di vista economico, dall’altra ne limita (o azzera completamente) la libertà di espressione e opinione. Da tempi immemori le interviste e le conferenze stampa sono teatro di risposte all’insegna del “copia e incolla” e dell’ipocrisia più totale, in un’ottica in cui l’ha sempre fatta da padrone il concetto del “non sputare nel piatto in cui si mangia”. Ovviamente (e fortunatamente), eccezion fatta per le meravigliose personalità più straripanti e meno inclini ad essere addomesticate (vd. Gascoigne, Cassano e gli altri ribelli per eccellenza). L’avvento dei Social ha quindi sicuramente contribuito ad aggiungere un po’ di pepe e genuità allo show calcistico, rendendo più vulnerabili coloro che muovono i fili dall’alto (società sportive, sponsor, procuratori e reti televisive), ai quali risulta a volte impossibile prevedere e censurare tempestivamente i comportamenti delle loro marionette milionarie. #LoveThisGame Nicola Materzanini @matinik87