Per comprendere quali siano le priorità e gli interventi societari che le nuove cordate cinesi dovrebbero applicare alle società dovremmo effettuare un’analisi, sicuramente non del tutto esauriente, di molteplici aspetti sportivi, economici, emotivi e ambientali. Presupposto da cui partire per la realizzazione di qualsiasi obiettivo sarà sicuramente quello di rafforzare gradualmente prima la leadership a livello nazionale e, solo in seguito, cercare di riaffermarsi sportivamente e come marchio globale da esportare a livello internazionale. Le tre priorità su cui incentrare la rifondazione sono l’edificazione di uno stadio di proprietà, la ristrutturazione dei settori giovanili e il rapporto con i tifosi. Questi tre aspetti possono essere realizzati soltanto attraverso un management societario stratificato con ruoli ben definiti, che, alterni a manager di stampo economico sportivo, figure vicine o già interne alla società, capaci di comprendere la variabile emotiva ,emozionale e sportiva, al contrario di molti altri manager economici che non riescono a cogliere tale aspetto, e fare conseguentemente da collante dei rapporti tra società e tifosi. Lo stadio di proprietà sembra essere diventato ormai un aspetto fondamentale per rinsaldare il rapporto con la tifoseria e per avere inoltre delle entrate economiche che permettano di rinforzare la squadra. In questo ambito le due compagini dovrebbero pensare ad un’idea di stadio come creazione di un impianto innovativo ed efficiente oltre che economicamente sostenibile. Sul piano dell’innovazione lo stadio dovrebbe essere concepito come una struttura polifunzionale, che non funga solo da agglomerato per l’evento sportivo, ma che tenga conto di esigenze diverse; insomma, una struttura che intercetti le esigenze di un target variegato quali tifosi assidui ed occasionali, imprese, media, partners e gestori di attività commerciali. L’idea dovrebbe essere quella di fornire un impianto che soddisfi le esigenze di tutti i suoi utilizzatori, migliorando e rendendo ergonomiche le "seating structure "del tifoso medio, rendendo più accessibili i prezzi, ed offrendo servizi telematici gratuiti, quali il wifi o il dial4snax che permette di effettuare acquisti dalla propria postazione con immediata consegna. Per implementare la "corporate ospitality " sarebbe opportuno creare skybox, sky room, sky lounge e altri servizi per una clientela più selezionata o per i partener commerciali. Lo stadio deve inoltre essere inteso come un "asset" che produca introiti in ogni momento, un agglomerato di servizi, di attività e di avvenimenti di tipo commerciale e non solo. La possibilità di dotarlo di sale riunioni per eventi e di un museo adiacente aperto e visitabile, insieme all’impianto ,ogni giorno, lo trasformerebbero in una vetrina per investitori, partner e sponsee i quali sarebbero allettati dall’idea di accostarne il proprio nome anche a livello di naming rights. Il tutto sarebbe inoltre incrementato da eventi di fornitura e di servizi con la realizzazione di meeting, assemblee, mostre o fiere . Sul piano dell’efficienza si necessita di uno stadio compatto ( 60000 posti) caratterizzato da postazioni a ridosso del terreno di gioco, da un tetto retraibile, da maxi schermi che coinvolgano lo spettatore e soprattutto da un campo in erba naturale estraibile tale da permettere la conservazione e la sostituzione per determinanti eventi extracalcistici. Tutto ciò renderebbe lo stadio un asset che produce introiti, fidelizzi e allo stesso tempo sia autosostenibile economicamente ,e non la solita cattedrale nel deserto popolata per 3 ore alla settimana unicamente in vista dell’evento sportivo. Altro punto focale sono i tifosi. La grande società deve puntare innanzitutto a recuperare il rapporto con la tifoseria esistente ed autoctona e, in seguito, ad ampliarne il numero investendo su nuovi mercati. Il cambiamento radicale deve avvenire abbandonando l’idea che la tifoseria sia solo il terminale di decisioni e voci di entrate, e che, al contrario, diventi una tifoseria coinvolta , consapevole, responsabilizzata e partecipe. Il tutto deve svilupparsi facendo leva sull’individuazione di quei valori che la società vuole incarnare cercando un punto veicolare attraverso dei "focus group "in cui vengano intercettati e rielaborati i desideri, i malumori, le volontà e i valori della tifoseria su cui andare ad intervenire attraverso una politica di fidelizzazione personalizzata ,definita custom relationship management ,secondo la quale il tifoso si possa rispecchiare nelle scelte della società. Biglietti con costi variegati e maggiore facilità nel reperirli e nel loro acquisto, partecipazioni a eventi, possibilità di poterli cedere in cambio di benefit o sconti nel caso in cui non vi si possa recare allo stadio, abbattimento delle barriere ed eliminazione delle distanze all’interno dello stadio, maggior coinvolgimento attraverso i social network, creazione di eventi e giornate appositamente dedicate a loro, concorsi dove regalare esperienze come il walk about o l’incontro con un giocatore nel terzo tempo, sconti o posti allo stadio, ed ancora la possibilità di dialogare a più livelli fino a quello di socio, l’organizzazione dei supporters club sparsi nel territorio e il loro maggiore coinvolgimento in questa operazione sono solo alcuni degli interventi da effettuare per far si che la società e i tifosi arrivino ad essere un tutt’uno. Arriviamo al terzo punto; la riorganizzazione e l’investimento sul prodotto sportivo interno attraverso un maggior spazio dei vivai. Ci rediamo conto della situazione generalmente desolante per tutte le società in questo ambito. Partendo dall’idea che la nostra situazione normativo-sportiva non consente una tutela appropriata e valorizzazione dei settori giovanili e primaverili. La riforma dovrebbe partire dal sistema sportivo adottando la politica dell’inserimento di squadre primavera all’interno della Lega Pro. Oltre a questo i recenti casi di giovani “esplosi” come Donnarumma e Locatelli, servono solo a tentare di mascherare una situazione desolante. Partendo dai dati del Cies notiamo che ,negli ultimi dieci anni, hanno solcato i campi della serie A solo 33 giocatori della primavera a cui aggiungiamo l inserimento tra le prime 20 squadre di nemmeno un settore tecnico giovanile delle nostre compagini. I dati del Cies affermano inoltre che soltanto l’8% dei giocatori dei nostri settori giovanili arriva in prima squadra benchè vengano molto spesso utilizzati solo come fonti di introiti nelle categorie dove si richiedono obbligatoriamente solo determinati giocatori e minutaggi per accedere ai benefit economici posti dalla federazioni, facendo si che la media di contratualizzazione dei nostri giovani non superi i 2 anni e mezzo in una società. Le squadre milanesi dovrebbero puntare, da un lato, ad una riorganizzazione del settore giovanile abbandonando strutture molto spesso fatiscenti o non di proprietà , nelle quali si allenano più categorie di ragazzi contemporaneamente su un unico campo e creandone di nuove includendole nello stesso centro sportivo dove si allena la prima squadra per permettere una crescita parallela, dall’altra dando attenzione ad un modello calcistico incentrato su un’idea di gioco uniforme , più che di interpreti, cosicchè i ragazzi , abituati sempre a giocare secondo gli stessi principi tattici e sportivi , non subiscano oltremodo il passaggio in prima squadra. Queste società dovrebbero maturare l’idea di avere un soggetto supervisore ,oltre che una rete provinciale di scouting,che coordini quindi tutte le categorie e faccia capo poi al manager , inteso come allenatore della prima squadra, o quantomeno strutturare un percorso sportivo ma anche educativo che segua i ragazzi sin da adolescenti accompagnandoli nella loro formazione, facendo capire che si vuole davvero investire su di loro, il tutto per evitare che poi scappino all’estero e firmino li il loro primo contratto da professionisti. I benefici si prevedono essere non solo quelli di vedere molti più giovani e italiani nelle nostre squadre e in Europa, ma anche di riscontrare un tornaconto economico, in quanto, dalla valorizzazione di un sistema di tipo "canterano",come già accade in Spagna, i giocatori acquisirebbero maggior valore al di la dell’ essere dei fuoriclasse o meno e sarebbero richiesti da tutti per il solo fatto di aver preso parte a quel sistema che in ogni caso garantirebbe loro un ottimo standard. Le società, in tal modo, potrebbero usufruire di futuri campioni da accorpare alla rosa principale o ,in caso contrario ,venderli all’estero monetizzando e avendo maggior liquidità per poter agire sul mercato. Insomma questa dovrebbe essere l’occasione per le due milanesi di affermare un nuovo concetto di vivaio e creare quel senso di appartenenza e di esportazioni di valori che inizi proprio dai giovani, senza tuttavia ricorrere sempre ad acquisti esteri di dubbio valore. Le due compagini cinesi hanno molte discrepanze ma anche la comune possibilità, forse ultima occasione, di fungere da apripista a un fenomeno di riavvicinamento delle nostre realtà sportive a quelle del calcio che conta e lasciarsi alle spalle gli errori delle stagioni passate.