Difficile è il compito di chi, come si dice in gergo, “fa il lavoro sporco”: ostacoli, sudore e fatica sono all’ordine del giorno, presenza e attenzione devono essere costanti, il dispendio di energie fisiche e mentali cospicuo per controbilanciare abilità e mezzi tecnici carenti. Il riconoscimento? Spesso e volentieri di gran lunga inferiore ai risultati raggiunti. Nello sport, così come nella vita di tutti i giorni, figure come queste capitano spesso di fronte agli occhi: gente adombrata dalla classe e dalla spavalderia dei più capaci, ma col fuoco negli occhi e il cuore colmo di passione e volontà. Doti non indifferenti, che aiutano a superare le difficoltà e i limiti, a ritagliarsi uno spazio di tutto rispetto nella memoria di chi guarda e giudica. Il gregario nel ciclismo; la seconda guida in una scuderia di Formula 1; il mediano nel calcio. Nel gioco da molti definito il più bello del mondo, dove ci si lascia facilmente incantare da un colpo ad effetto, da un dribbling funambolico in velocità o da un gol da cineteca, il mestiere del ruba-palloni è quello meno visibile, meno spettacolare, meno sponsorizzato. Il centrocampo è regno di artisti, di maestri, di professori, di profeti, di geni che accarezzano il pallone e ne fanno quel che vogliono. Ma è anche regno di combattenti e guerrieri, magistrali interpreti di un calcio tutto muscoli, corsa, ardore agonistico, voglia di lottare e di vincere. Sacrificio è la loro parola d’ordine; rompere il gioco avversario ciò che gli riesce meglio; lo stadio un’arena dove esaltarsi, sfidare a viso aperto gli altri contendenti e primeggiare, guadagnandosi il favore della folla. La giocata che risolve la partita non spetta, il più delle volte, al mediano: lui è un distruttore più che un costruttore, un corridore più che uno slalomista. A inventare ci pensa il compagno dai piedi fini, quello che dà del tu al pallone, a cui affidare subito la sfera dopo averla rabbiosamente recuperata. La storia del calcio italiano ci ha regalato numerosi esempi di come sia fondamentale nell’economia del gioco di una squadra questo ruolo spesso bistrattato e poco considerato. Due splendidi esempi sono stati Giuseppe Furino e Gabriele Oriali. Furino trascorse la sua carriera tra Savona, Palermo e Juventus. In maglia bianconera collezionò ben 361 presenze, mise a segno 8 reti e fu un punto di riferimento insostituibile per oltre un decennio, vincendo 8 scudetti - record ancora oggi imbattuto – 2 Coppe Italia, una Coppa Uefa e una Coppa delle Coppe. Soprannominato la “Furia” dai suoi tifosi, abbinava grande forza fisica e resistenza a caparbietà e capacità di marcatura fuori dal comune. Oriali fu pilastro interista degli anni 70 e campione del mondo a Spagna 1982 con la Nazionale Italiana. Connubio perfetto di determinazione, intelligenza tattica e senso di posizione, si guadagnò l’appellativo di Piper dal giornalista Gianni Brera per la sua capacità di svariare ed essere presente in ogni zona del campo “come una pallina d’acciaio”, oltre che una menzione nella canzone “Una vita da mediano” di Luciano Ligabue, rocker italiano e tifoso dell’Inter. Interditori di gran forza e carisma possiamo ammirarli ancora oggi. Citazioni meritano due recenti campioni del mondo come Daniele De Rossi e Gennaro Gattuso. Il primo è il fulcro del centrocampo romanista, capace anche di giocare da difensore centrale. Il secondo un ex grintoso mediano del Milan, dove vinse due scudetti, due Champions League e un Mondiale per Club. Detto “Ringhio” per la sua caparbietà e personalità, era un indiscusso leader dello spogliatoio rossonero e un idolo per i tifosi milanisti e della Nazionale. Ma il ruolo di mediano ha subìto un’evoluzione nel corso degli anni. Anche se molti calciatori rinnovano la tradizione degli interditori vecchio stampo, nel calcio odierno, sempre più frenetico e senza soste, che predilige uno svolgimento dell’azione corale e che invita alla partecipazione attiva tutti i componenti di una formazione, si affermano giocatori maggiormente poliedrici, che possono ricoprire più ruoli e sanno abbinare nel migliore dei modi la fase difensiva alla presenza in zona gol. Il mediano di oggi deve necessariamente essere un giocatore eclettico, in grado di interpretare le due fasi di gioco in maniera completa e, soprattutto, continua. Non serve solo recuperare palloni: bisogna essere in grado di avviare l’azione, farsi trovare pronti sottoporta e avere la freddezza di realizzare gol pesanti. Se prima ci si affidava spesso e volentieri all’ala o all’attaccante per finalizzare il gioco, ora i mediani devono avere sia capacità d’interdire l’avversario, sia essere veloci e puntuali negli inserimenti: punte, esterni e addirittura terzini vengono utilizzati come appoggi per sponde e scambi utili a liberare al tiro i centrocampisti. Corsa, resistenza e grinta restano caratteristiche fondamentali, ma necessarie sono anche classe, precisione e velocità nei passaggi brevi e nelle triangolazioni, potenza di tiro e piedi educati. Per descrivere questo nuovo modo di interpretare il ruolo di mediano si usa di frequente un neologismo che è quasi una forzatura linguistica: il “tuttocampista”, emblema del calcio totale dove saper far tutto è diventato essenziale. E perfetto esempio di codesta categoria è Arturo Vidal, jolly inamovibile e tra i maggiori artefici della rinascita juventina del dopo Calciopoli. Tre scudetti e due Supercoppe Italiane in tre anni; 43 gol finora in maglia bianconera, un'enormità. Grazie alle sue doti tecniche e al suo senso di posizione e di anticipo, può ricoprire diversi ruoli, dal difensore, al mediano, al trequartista. Dedizione, sacrificio, esuberanza fisica, capacità di saltare l’uomo, corsa, tiro da fuori: calciatore tra i più completi nel panorama mondiale. Il “Guerriero” ha conquistato i tifosi della Juventus per la sua umiltà, il suo temperamento, i suoi sacrifici e il suo attaccamento alla maglia. Il cileno è l’incarnazione del centrocampista tuttofare. La figura del “tuttocampista” infiamma i sostenitori e richiama l’attenzione dei media, che ne decantano le gesta al pari dei giocatori di maggior caratura tecnica e talento. E’ quindi cambiata anche la concezione che si ha del lavoro del mediano e oggi l’importanza di tale ruolo, grazie anche alla sua evoluzione, viene sottolineata in maniera più netta rispetto al passato. Tuttavia, il mediano resta sempre simbolo di grinta e di passione, di volontà e di fatica. Un simbolo in cui tutti, di fronte alle difficoltà e alle sfide della vita, si possono rispecchiare e possono trarre insegnamento per superarle e uscirne più forti. Fabio Mangione