Sarri è un passo indietro, ma la società è l’unica cosa che conta. D’accordo, dobbiamo ammetterlo: ci siamo un po’ stufati.
I circa dieci giorni di tam-tam mediatico del Ronaldo affaire erano stati estenuanti, ma colmi di adrenalina e speranza, oltre che paura in caso di buco clamoroso della notizia (se non subito, almeno dopo i 4-5 giorni di rimbalzi impazziti e senza smentite). Qualcosa di eccitante da vivere per uno juventino. Qualcosa di divertente e, a suo modo, stuzzicante per qualunque altro tifoso.

L’attesa per l’allenatore, invece, è tutta un’altra storia.
Innanzitutto, gli juventini non sono abituati: i più veterani ricorderanno che la Juventus arriva sempre dritta al punto in pochissimo tempo da sempre ed essi, ma ancor di più i giovani, hanno certamente i nervi non allenati da almeno 8 anni. Infatti, a parte i pochissimi giorni di vuoto tra Conte e Allegri (un lasso temporale accettabilissimo), è dalla diaspora di Delneri che lo juventino non si preoccupa realmente di chi siederà in panchina. Questa volta, ha avuto settimane, tante, lunghe, piatte.
La grande guerra di opinioni non è tanto tra chi sostiene sia fatta con Sarri e chi con Guardiola, quanto tra chi sostiene che la Juventus stia aspettando (l’ok di Abramovich, la sentenza UEFA sul City, qualunque cosa sia) e chi invece afferma stoicamente che non è per nulla immaginabile che il club non abbia già tutto pronto e impacchettato.

Questa è la cosa che ci deve interessare, dal mio punto di vista.
Poiché, davvero, in molti dei suoi cicli è la società che deve fornire garanzie di successo. Una Juve vincente si è sempre potuta avere grazie ad una società forte e preparata. E sfido chiunque a dire che questa non lo sia. Ragione per cui ritengo anch’io che il pacco sia già confezionato da tempo e che tutte le notizie degli ultimi giorni siano false o, al massimo, tardive.
La disquisizione prettamente tecnica su Sarri, cui assistiamo da giorni, è esercizio di stile e di retorica di poca importanza: io lo ritengo un notevole passo indietro.
Questo dal punto di vista della comunicazione, dello stile, dell’adattabilità a certi livelli (il Napoli ed il Chelsea, oggi, sono ottime squadre ma non Grandi Squadre), della gestione del gruppo e persino da un punto di vista del tanto decantato “bel giuoco” il quale, a parte nell’ultimo acuto con una Juventus sulle ginocchia (ma bastò una settimana per ribaltarlo “in albergo”), ha sempre prodotto zero contro il pragmatismo di Allegri (un conoscente, quando la Juventus vinse 0-1 al San Paolo con goal di Higuaìn nel 2017, mi disse a chiare lettere “ci fregiamo sempre di sbattervi in faccia possesso palla e numero di attacchi, ma ogni volta fate così e ci appoggiate i punti in testa. Come fa Sarri a non averlo ancora notato?”).

Tuttavia, come sostenni ringhiando a tutte le vedovelle di Conte quando abbandonò la nave indegnamente, è la Juve a fare grandi le persone. Non il contrario. L’unica eccezione, ad oggi, è stata Ronaldo (l’ho già scritto altrove).
Quindi mi aspetto che renderà grande anche Sarri, imponendogli una certa sobrietà ed un certo autocontrollo, imponendogli l’utilizzo della rosa e, chi lo sa, forse anche della camicia (ma su questo, in fondo, non sarei così talebano).

Posto tutto ciò, se dovesse arrivare Sarri, significherebbe che Agnelli ha fatto scegliere ai suoi consiglieri, dopo la discordia su Allegri (e probabilmente quella su Conte). Mettendo loro dinanzi alle rispettive responsabilità.

Ma se dovesse aver scelto Agnelli, potrete anche dimenticare Sarri. Perché, se Umberto in punto di morte disse a Moggi “per favore, prendete il migliore possibile”, costringendolo nell’anima a prendere l’impossibile Capello, non vedo come questo Agnelli, così ambizioso e determinato, si possa far sedurre da qualcuno di diverso da Guardiola e Klopp.

Ed infatti…