È tutto molto strano, poiché, a mente fredda, inizia a sembrarmi tutto molto coerente. Diverse volte ho voluto ricordare (perdonerete l’immodestia) che lo “stile Juve” è qualcosa di strutturale e avvolgente, non riferibile a singole interpretazioni o sfaccettature. Poche polemiche, la (quasi) totale mancanza di svilimento dei meriti avversari, l’aplomb sono solo alcuni degli effetti dello stile Juve, non le cause.

Lo “stile Juve”, ma potrei dire tranquillamente “la Juventinità”, deriva da qualcosa di diverso rispetto a quanto dà origine alle caratteristiche tipiche dei tifosi delle altre squadre italiane ed europee. Sarò ripetitivo, ma lo stile Juve è e rimane la famiglia Agnelli. Il fatto che la Juventus abbia attraversato i suoi periodi più bui in termini di successi sportivi e di situazioni comportamentali senza un Agnelli al comando non è un caso, è statistica.

Ma che c’entra con il nuovo allenatore della Juventus, apparentemente quanto di più lontano possibile dal mondo Juve e dallo stile della famiglia Agnelli? È quanto mi sono detto sin dalle prime voci riguardanti la scelta di Maurizio Sarri. La tuta non c’entra nulla (figuriamoci, abbiamo l’ultimo CT campione del mondo in tuta ed era uno juventino DOC, ieri come oggi). Ma i mozziconi di sigarette, le polemiche, la grettezza in conferenza stampa, le scuse improbabili, il maschilismo, la barba incolta rappresentano tutti “outfit” del Sarri-personaggio che ci hanno abbagliati al contrario, facendoci pensare ad uno “stile” troppo diverso per conciliarsi con quello bianconero.

E allora perché Andrea Agnelli ha scelto (o, al più, avallato) la nomina di Maurizio Sarri? Cosa non mi torna, nella strategia atta a riaffermare la Juventus e la famiglia Agnelli nel calcio mondiale, che ormai tutti vediamo essere l’obiettivo di questo Agnelli (che come pochi prima di lui è quasi solo esclusivamente il Presidente della Juventus e non il gestore delle varie aziende del Gruppo)? Perché prende uno dei massimi esponenti dell’anti-Allegri pensiero, dopo aver ammesso pubblicamente quanto stimi quest’ultimo come uomo e come allenatore?

E allora ho cominciato a capire.

Innanzitutto, ritengo che Allegri fosse parzialmente menzognero quando parlava di calcio e di idee, perché si ergeva a proteggere i deficit strutturali della rosa bianconera (impossibile giocare un certo tipo di calcio senza certi centrocampisti). Questo dimostrerebbe che le componenti societarie fossero già ben consce dell’esigenza di un cambio di rotta sul prato verde. Poi, come ritengo corretto fare per comprendere il presente e cercare di prevederne l’evoluzione, sono andato a riguardare il passato.

E allora vi chiedo, umilmente: ma come avete fatto a pensare che fosse qualcuno di diverso da Sarri? Al massimo avrei capito… Di Francesco. Ma come ho fatto io stesso ad essere convinto di Guardiola? La Juventus, in 122 anni, solo una volta ha voluto, inseguito ed infine abbracciato uno sportivo più grande di lei: è successo l’anno scorso con l’acquisto di Cristiano Ronaldo. Per il resto, ditemi un solo nome di giocatore, dirigente, allenatore che sia mai arrivato alla Juventus con l’etichetta del grande ed indiscusso fenomeno. In tutti questi anni, solo tre nomi mi fanno venire il dubbio: 1) Sivori (con le proporzioni del tempo, ma in Argentina era già considerato un dio); 2) Pelé; 3) Riva. Ovviamente, gli altri due danno la prova di quello che qui sostengo: quando il campione era troppo grande per la valutazione della Juventus, la Juventus lo ha lasciato perdere.

Per il resto, scusate un attimo, tra Carlo Carcano e Raimundo Orsi, tra Charles e Boniperti, tra Trapattoni e Platini, tra Lippi e Del Piero, tra Zidane e Ancelotti, tra Ibrahimovic e Conte, tra Allegri e Dybala mi dite quando mai la Juventus ha tesserato qualcuno che al momento del tesseramento stesso era considerato un fenomeno assoluto (tutto ciò al netto, ovviamente, di situazioni come Pirlo, a fine carriera e considerato ormai calante da tutti, oppure Tevez considerato sì grande giocatore ma fumantino e poco rassicurante, tanto da costare… Solo 10 milioni, etc.)?

La Juve ha sempre scelto diamanti grezzi, da modellare e restituire al mondo del calcio splendenti ed indiscutibili. Possibilmente, italiani. È stato profondamente sbagliato credere che, dopo la secolare eccezione rappresentata da Ronaldo, la Juventus chiamasse un allenatore che oggi, per quello che nel marketing viene chiamato “posizionamento”, è “più grande di lei”, sottomettendosi ad antistoriche rivendicazioni salariali e di potere decisorio in merito al calciomercato. Per non parlare del fatto che fosse straniero (anche su questo, basta rileggere i nomi di 122 anni per capire quanto sia improbabile pensare ad uno straniero su quella panchina).

Quindi che scelta ha fatto la Juve? Colui che da tutti è considerato il più grande innovatore ma che molti considerano ancora (nonostante non sia più giovanissimo) acerbo, limitato, adatto solo in alcune situazioni e non in tutte, adatto a far divertire gli appassionati ma inconciliabile con pretese di successo a tutti i cosi, rude, rozzo, inelegante, “cafone”. La Juve ha individuato la necessità di un modo nuovo di stare in campo e giocare le partite, la necessità di dare una scossa all’ambiente probabilmente saturo (cinque anni nel calcio per un allenatore sono un’eternità. In Italia sono un’infinità). Ha individuato il malcontento dei tifosi. Ha percepito l’esigenza di rivalutare alcuni giocatori. Ha subodorato la sconfitta dietro l’angolo. E quindi ha scelto il più grosso diamante grezzo esistente tra gli allenatori del calcio europeo odierno. Per poter affermare che, come sempre, è stata la Juventus a fare grande per davvero il suo allenatore, e non il contrario.

Ovviamente, c’è un solo modo per riuscirci. E vale per la società e per Maurizio Sarri. Non c’è bisogno che ci diciamo di cosa si parla.

In bocca al lupo e benvenuto, Mister!