E’ il 10 luglio 2018 quando la notizia che già da giorni girava sempre più insistentemente sulla stampa, sui social e nei discorsi dei tifosi riceve la conferma ufficiale: Cristiano Ronaldo è della Juventus!
Esplosioni di giubilo per l’ingaggio di quello che è da tutti considerato uno dei primi due giocatori al mondo fra quelli in attività, ed uno dei migliori di sempre; è vero, non è più giovanissimo, ha compiuto già da sei mesi i 33 anni, ma tutti si affrettano a sottolineare come la sua maniacale preparazione fisica lo renda di fatto atleticamente più giovane di diversi anni, e come abbia viaggiato anche nella sua ultima stagione alla media di un gol a partita, di cui 15 in Champions inclusa la spettacolare rovesciata allo Stadium, Champions che per inciso ha appena vinto per la terza volta consecutiva, la quinta in totale.
Con un simile asso nella manica, pensano tutti o quasi, la squadra che ha portato a casa il settimo scudetto consecutivo e ha all’attivo due finali di Champions negli ultimi quattro anni non potrà che presentarsi come la favorita numero uno alla partenza della prossima Coppa con le orecchie.
Certo 100 milioni di cartellino più 17 all’agente, più 56 milioni lordi al giocatore per quattro anni fanno in tutto 341 milioni di euro, ossia un peso a bilancio di 85 milioni all’anno nel prossimo quadriennio, a fronte di ricavi che al netto delle plusvalenze sono stati nell’ultima stagione pari a 402 milioni, appare un impegno economico molto importante.

Sempre tenendo come riferimento l’ultimo bilancio pre-CR7, oltre il 20% dei ricavi non derivanti da plusvalenze di cessione verrebbero impegnati per coprire il costo di un singolo giocatore, ma lì per lì nessuno dà particolare peso alla cosa, perché secondo l’opinione (quasi) unica, “Ronaldo si ripagherà da solo”, fra i maggiori introiti per diritti TV, sponsorizzazioni e merchandising, maggiori incassi per tournée e amichevoli all’estero, e ovviamente maggiori premi derivanti dai risultati della Champions che saranno senz’altro migliori di quelli del passato.
In realtà una persona non convinta della bontà dell’operazione c’è, e non si tratta esattamente di un turista transitato casualmente dalle parti di Torino, ma – anche se questo si capirà dopo, benché ufficialmente non sarà mai confermato – dell’amministratore delegato della Juventus F.C., Giuseppe Marotta, che da uomo di conti più che di campo percepisce il rischio finanziario di un investimento così oneroso e allo stesso tempo aleatorio, e che va in contrasto con la proprietà fino a dover scendere dalla barca che aveva così ben condotto negli anni precedenti.
Ripeto, nulla è mai stato confermato in via ufficiale relativamente a questa ricostruzione, ma appare quantomai curioso che il massimo dirigente della società, sempre andato d’amore e d’accordo con gli azionisti, dopo l’arrivo di questo giocatore improvvisamente decida che è arrivata l’ora di cambiare strada senza che prima fosse mai trapelato il minimo segno che potesse far pensare ad una decisione del genere.
Comunque, Marotta o non Marotta, che comunque in quel momento ricopre signorilmente il suo ruolo e si presenta sorridente alla conferenza stampa, si assiste come detto fra fanfare e fuochi artificiali alla presentazione del giocatore, che a dire il vero in questa prima uscita pubblica appare un po’ freddino e con un’espressione non proprio entusiasta, ma che comunque rilascia tutte le dichiarazioni che ci si attendono, da “la Juve è una delle squadre migliori del mondo”, a “venire qui per me è stata una scelta facile” a “questo è un passo importante per la mia carriera”.
Tutto questo accadeva, come detto, a luglio 2018; ora, ad aprile 2021, trentatré mesi dopo, bisogna andare a tirare le somme e vedere se questo (colossale) investimento abbia portato o meno i risultati attesi e sperati.

A mio modo di vedere, la risposta è, purtroppo, negativa.
L’analisi deve per forza di cose iniziare dall’aspetto che più interessa i tifosi, a cui in media poco importa dei numeri del bilancio (anche se il club da quelli dipende, ma questo è un altro paio di maniche), ossia da quello puramente sportivo.
Per allineare il confronto limitiamoci a paragonare le tre stagioni con Ronaldo (inclusa quella in corso, che ormai appare aver dato verdetti pressoché definitivi) alle ultime tre precedenti il suo arrivo.

Campionato: fra il 2015-16 e il 2017-18 sono arrivati a Torino tre scudetti su tre, vinti con una media-punti di 2,43, mentre fra il 2018-19 e il 2020-21 la media-punti è scesa a 2,24, e il terzo scudetto è da considerarsi una pura utopia, visti i dodici punti di svantaggio dall’Inter a otto giornate dalla fine. Per quanto riguarda la prolificità offensiva, dai 2,09 gol di media a partita dei tre anni “ante Ronaldo” ci siamo poi attestati, con CR7 in campo, a 1,97.

Coppa Italia: nei tre anni fra il 2015-16 e il 2017-18 tre Coppe su tre portate a casa, con 13 vittorie su 15 partite giocate; dopo, un’eliminazione ai quarti e una sconfitta in finale, più un’altra finale ancora da giocare ma che al massimo può portare il bottino ad un trofeo in tre edizioni.

Champions League: il terreno di caccia preferito del portoghese, la Coppa maledetta per noi juventini, il motivo principale per cui la società ha deciso di puntare tutte le sue “fiches” su Ronaldo. Risultati? Nei tre anni “ante Ronaldo”, una finale persa e due eliminazioni ai quarti di finale entrambe per il rotto della cuffia, contro Bayern e Real, facendo anche vedere notevoli sprazzi di bel gioco e anche momenti di dominio totale sia a Monaco che a Madrid. Con CR7, un’eliminazione ai quarti dall’Ajax e due agli ottavi da Lione e Porto, non esattamente l’elite del calcio europeo, e tutte e tre in maniera più netta e con un gioco più scadente e meno efficace di quello messo in mostra negli anni precedenti, con due soli picchi notevoli, i 3 a 0 all’Atletico nel 2019 e al Barça nel 2020, quest’ultimo però, è da evidenziarlo, giocando in un “Nou Camp” senza pubblico.
Non cito neanche la Supercoppa italiana che considero poco più di una partita amichevole.

Come possiamo vedere, quindi, in tutte le competizioni il rendimento della squadra dopo l’arrivo di Ronaldo è peggiorato, sia in termini di vittorie che in termini di gol segnati, fatto quest’ultimo ancora più sorprendente se si considera che il portoghese è ad oggi il giocatore più prolifico fra quelli in attività e il secondo “all time” nella storia del calcio mondiale.
Lo stesso Ronaldo ha però fin qui messo a segno, nel suo periodo di permanenza alla Juventus, la bellezza di 97 gol in 126 presenze, quindi se ci si limitasse a questi numeri si dovrebbe dire che senza ombra di dubbio “il suo l’ha fatto”.

Ma è davvero così?
Proprio dall’analisi dei numeri (di squadra, non del singolo) la conclusione che si trae è purtroppo ben diversa: è vero che Ronaldo ha segnato ad una media notevolissima, ma sostanzialmente si tratta degli stessi gol che negli anni prima del suo arrivo venivano ripartiti fra più giocatori, mentre il gioco d’attacco preso nel suo complesso non ne ha sostanzialmente beneficiato, anzi nell’ultimo anno “pre-CR7” solo in campionato erano state messe a segno ben 86 reti, quota che nelle stagioni successive non è più stata neanche avvicinata.
Inoltre, se andiamo a guardare nel dettaglio, tanto per fare un esempio, i 25 gol segnati nelle 30 partite finora disputate in questo campionato, vediamo come 18 di questi siano stati segnati a squadre dal decimo posto in giù e spesso non siano neanche risultati decisivi, mentre alla voce “gol segnati alle concorrenti dirette per la zona-Champions” leggiamo uno zero (non metto fra le concorrenti dirette le romane che di fatto non reputo in corsa).

Non evidenzio tutto questo per sminuire il giocatore in quanto tale, lungi da me questa intenzione, lo reputo in ogni caso uno dei grandissimi di tutti i tempi; semplicemente, non era il giocatore che serviva alla Juventus, e di sicuro non a quelle cifre.
La presenza di un elemento così importante, famoso, costoso e – possiamo dirlo – ingombrante sia a livello sportivo che a livello mediatico, ha determinato la rottura di equilibri ormai consolidati che avevano portato il club ad un rendimento costantemente medio-alto in tutte le competizioni, costringendo di fatto i vari tecnici che si sono avvicendati (anche questo un fatto che non ritengo sia esattamente una coincidenza) ad “inventarsi” sistemi di gioco che per forza di cose dovevano vedere Ronaldo come il fulcro pressoché unico di ogni manovra offensiva, portando per questa via sia alla necessità di costruire un centrocampo più muscolare che tecnico che gli fornisse la necessaria copertura (trattandosi di un giocatore del tutto nullo sul piano difensivo), sia allo spostamento in altri ruoli di quei giocatori che in qualche modo potevano pestargli i piedi e che quindi dovevano per forza di cose essere collocati in porzioni di campo dalle quali non “disturbassero” Sua Maestà.
Vittima principale di questa situazione è stato Dybala, costretto da una difficile compatibilità tattica con Ronaldo, colpevolmente non valutata in maniera adeguata dalla dirigenza all’atto della decisione di puntare sul portoghese, e tale per cui un giocatore che nel 2018 era considerato la stella più brillante del firmamento della Serie A si è ritrovato a girovagare per il campo in posizioni estranee al suo modo di giocare (addirittura a volte è stato schierato come centrocampista puro!), perdendo confidenza con la porta e cadendo in una sorta di “depressione sportiva” (mi si perdoni il termine improprio) che lo ha progressivamente immalinconito portandolo a 27 anni ad essere considerato una sorta di esubero di cui disfarsi senza troppi rimpianti (e consideriamo, come danno ulteriore, quanto questo declino abbia inciso sulla quotazione di mercato del giocatore stesso!).
Inoltre, da tre stagioni a questa parte la Juventus ha completamente rinunciato alla possibilità di fare gol su calcio piazzato, vista l’ostinazione di CR7 nel tirare tutti i calci di punizione da qualsiasi posizione, a scapito di giocatori più dotati di lui in questo importantissimo fondamentale, con lo “score” di un (!) gol in un triennio a fronte di decine e decine di opportunità sparate sistematicamente sulla barriera o sui seggiolini della curva.
Purtroppo poi non si può non notare come, benché il contributo del giocatore in termini realizzativi sia rimasto sempre elevato (pur dovendo come già detto considerare il livello dei bersagli), il suo apporto alla manovra si sia progressivamente ridotto e sembrino apparire i primi segni di difficoltà a livello atletico: quest’anno come mai prima abbiamo assistito parecchie volte a finte e dribbling non riusciti, a palloni persi banalmente, a controlli sbagliati, a passaggi e tiri fuori misura, segno questo che forse il fisico comincia a non rispondere più come una volta, cosa più che possibile per un atleta che ha compiuto 36 anni e che si trova ad affrontare avversari con 10 o anche 15 anni in meno sulla carta d’identità.
E’ ovvio che, essendo il calcio un gioco di squadra, un solo giocatore anche se fenomenale non può vincere le partite da solo, ma qui entra in gioco il secondo effetto determinato dall’arrivo di Ronaldo, ossia il suo fortissimo impatto sui conti societari che ha per forza di cose compresso tutti i “budget” destinati alle campagne acquisti.
Parlerò più avanti con maggiori dettagli del lato finanziario dell’operazione CR7 e dei suoi effetti sul bilancio, prima di tutto per smentire la leggenda secondo cui si sarebbe “ripagato da solo”, cosa assolutamente non vera, ma qui voglio mettere in evidenza come la necessità di contenere i costi per ingaggi e cartellini abbia determinato l’impossibilità di competere per quegli acquisti di grande spessore tecnico che sarebbero stati indispensabili per costruire una squadra all’altezza degli obiettivi posti dalla proprietà, costringendo a ricorrere a prestiti, cavalli di ritorno e cessioni dolorose ma obbligate; se a questo poi aggiungiamo che buona parte di quei soldi sono stati spesi per acquisti sbagliati e strapagati (vedi per fare due esempi eclatanti Rabiot e ancora di più Ramsey), e che la fregola di cambiare allenatore ogni anno ha portato ad avere in panchina una scommessa senza esperienza, ecco che alla fine è stata cucinata una pietanza non proprio gustosissima.

Certo non è colpa di Ronaldo se Bernardeschi inciampa sul pallone, se Ramsey gioca mezz’ora al mese o se Pirlo schiera la squadra a casaccio, ma l’avere in rosa certi giocatori (e certi tecnici) piuttosto che altri dipende in buona misura del fatto che il costo del portoghese è troppo alto e blocca qualsiasi altro investimento serio. Prendere Ronaldo senza essersi preventivamente accertati che ci fossero le condizioni finanziarie per costruirgli intorno un organico adeguato è stato, per dirla in termini semplici, un passo più lungo della gamba.
A tutto questo si potrebbe anche, con una certa fatica, passare sopra, se nel frattempo fossero arrivati trionfi a ripetizione soprattutto in Europa; visto però che, come già detto, le ultime tre stagioni sono state ben più avare di successi delle precedenti, il consuntivo non può che essere in perdita.

Passiamo ora al secondo aspetto, più tecnico e senz’altro più noioso per chi legge, dovendo qui per forza fornire una serie di numeri: quello del bilancio societario.
Come detto in precedenza, uno degli assunti di base per i quali l’arrivo di Ronaldo era stato considerato un successo “a prescindere” era quello secondo cui si sarebbe di fatto ripagato da solo il proprio costo; è stato davvero così? L’analisi dei dati, anche qui, dice cose diverse.
Prendiamo come termine di confronto il bilancio dell’ultima stagione “ante CR7”, ossia il più volte citato 2017-18: i ricavi per abbonamenti, biglietteria, diritti TV, sponsorizzazioni, merchandising e in generale per tutti i proventi diversi dalle plusvalenze di cessione dei calciatori sono stati pari a 402,3 milioni, contro un costo per il personale tesserato, inclusivo di ingaggi e ammortamento dei cartellini, pari a 253,4 milioni, ossia il 63% dei predetti ricavi.
Nel primo anno di Ronaldo, il 2018-19, i ricavi sono saliti a 464,3 milioni, ma i costi del personale tesserato sono ugualmente cresciuti a 316,8 milioni, con un’incidenza rispetto ai ricavi aumentata fino al 68,2%, benché questo, essendo appunto il primo anno del portoghese, avrebbe dovuto far segnare i maggiori effetti positivi sul piano del merchandising e dei vari contratti di sponsorizzazione; parliamo altresì di una stagione in cui ancora non si era avuto alcun effetto negativo dovuto alla pandemia Covid.
Nel 2019-20, in cui invece gli effetti in questione (seppur limitati agli ultimi tre mesi) si sono fatti sentire, i ricavi sono scesi a 401,4 milioni, ossia allo stesso livello di due stagioni prima, con i costi per i tesserati che sarebbero stati ancora in salita fino a 320,8 milioni (incidenza 79,9%), ma ridotti a 290,3 milioni (con un’incidenza sui ricavi comunque del 72,3%) grazie al rinvio all’esercizio successivo di alcune mensilità di stipendio dei calciatori.
Infine, la semestrale al 31 dicembre 2020 vede, a fronte di ricavi per 249,8 milioni, i costi dei tesserati passati a 206,1 (ovviamente, le mensilità rinviate nell’esercizio precedente pesano sul successivo), quindi un’incidenza costi dei tesserati/ricavi che raggiunge addirittura l’82,5%.
Tutto questo dimostra che, sul piano economico, a livello societario nel suo complesso non c’è stato nessun “effetto Ronaldo”, almeno non nel senso che il suo arrivo abbia determinato un qualche tipo di profitto per la società.
E’ ovvio che l’incremento nel costo del personale tecnico non dipende solo da Ronaldo, altri ingaggi pesanti hanno contribuito a far lievitare questo dato (e purtroppo alcuni di questi con risultati sportivi mediocri), ma se aumentiamo il livello di dettaglio e analizziamo la singola voce “sponsorizzazioni e merchandising”, ossia quella in cui maggiormente si sarebbe dovuto sentire questo effetto positivo, possiamo vedere come anche qui l’incremento in termini di ricavi è stato largamente meno che proporzionale rispetto al costo del giocatore.
Nel 2017-18 questa voce valeva 114,7 milioni, nel 2018-19 è passata a 152,8, quindi con un incremento di 38,1 milioni, di cui 16,2 relativi al solo merchandising; considerando che il costo annuale a bilancio di Ronaldo è, come detto in precedenza, di circa 85 milioni, è evidente che se anche per assurdo ascrivessimo al giocatore il merito dell’intera variazione in aumento (cosa ovviamente impossibile), si avrebbe comunque un saldo negativo di 47 milioni, il che significa che anche nell’ipotesi più favorevole non avrebbe coperto il suo costo neanche per metà.
Nel 2018-19 l’importo si è attestato a 161,3 milioni, ma se a questi sottraiamo l’aumento del corrispettivo di sponsorizzazione da parte di Jeep (marchio “di famiglia”, quindi da considerarsi svincolato nelle sue decisioni dalla presenza di Ronaldo in squadra) pari a 20,8 milioni, è in realtà sceso a 140,5 milioni, con il merchandising in calo di oltre 12 milioni, e anche la semestrale al 31 dicembre 2020 vede numeri sostanzialmente in linea ad 86,1 milioni, sempre considerando il peso del contratto Jeep.
Se anche a questi valori volessimo sommare una parte dei diritti TV, attribuendo il loro incremento al medesimo “effetto Ronaldo”, saremmo sempre ben lontani dal poter dire che il giocatore abbia ripagato da sé l’investimento fatto su di lui.

Tralascio per non dilungarmi troppo l’impatto sul piano finanziario (cassa e indebitamento netto) determinato dal giocatore, ma sono ben noti a tutti i problemi di disponibilità che la società sta sperimentando e che di fatto impongono, come già detto più volte, l’effettuazione di un mercato “al risparmio” dove certi investimenti anche importanti (gli ultimi De Ligt, Kulusevski e Chiesa) hanno richiesto grossi sacrifici e termini di pagamento più dilazionati possibili, e altri benché praticamente indispensabili sul piano tecnico (di sicuro una punta centrale di alto livello e un paio di centrocampisti che sappiano giocare a calcio, e magari anche un allenatore di esperienza) sono stati di fatto preclusi proprio per mancanza di cassa.

In definitiva, come ho già precisato in precedenza non posso che parlare bene di Ronaldo come giocatore in senso assoluto, ma rimango del parere che la Juventus con il suo ingaggio si sia piazzata dentro casa una bomba ad orologeria che è scoppiata facendo parecchi danni, esattamente come una persona che si mettesse sulle spalle un mutuo molto più alto di quello che il suo reddito le permetterebbe di sostenere, per poi vedersi costretta a tagliare tutte le altre spese per evitare di vedere il suo appartamento venduto all’asta.