Insulti territoriali, insulti razziali e persino un morto. Il bilancio di una partita di calcio. O forse no. Non vorrete certo sostenere che un’ascia centri qualcosa con un pallone, vero? La verità è che al mondo d’oggi non c’è più connessione tra ambiente e sostanza, la crisi di valori diventa perdita di contesto. E così ci ritroviamo a sentire che il calcio è diventato "uno schifo" e che per questo non bisogna più seguirlo, né tanto meno andare allo stadio. Gli scontri di Inter – Napoli, come ogni notizia e situazione, vanno approfonditi e se abbiamo coscienza dobbiamo dire tutto, proprio tutto. Siete davvero sicuri che quei “tifosi” che hanno insultato Koulibaly, non siano razzisti al di fuori della Scala del Calcio? E quanti fingono di non esserlo per poi sputare tutto l’odio in una partita di calcio? E allora il problema non è il calcio, signori miei, il problema è che non ci stiamo capendo niente. Né di calcio, né di politica, né di principi umani. Oggi o sei razzista o sei petaloso, ma anche no, grazie. Noi dobbiamo sentirci liberi di dire le cose come stanno. Allo stadio si può andare, ma certamente non per fare la guerra, al concerto si può andare ma certamente non per spruzzare lo spray al peperoncino, su un ponte ci puoi passare, ma certamente non per morirci. Tutte le volte che ci facciamo accecare dal contesto facciamo un favore alla falsità e al male. Mettiamo in secondo piano le persone, demonizziamo il contesto, troviamo capri espiatori, solo e soltanto per toglierci le responsabilità. Come quando non diciamo che vendiamo le bombe per fare le guerre e ci lamentiamo degli sbarchi. Li assumiamo a nero e immediatamente smettiamo di essere razzisti. Asamoah la salva sulla linea e immediatamente lo adoriamo.