In questi giorni si svolge a New York il torneo di Flushing Meadows, l’Open degli Sati Uniti, quarta ed ultima prova stagionale del grande slam. L’attenzione di tutti, naturalmente, è rivolta in primis al tabellone maschile. Cinquantatré anni esatti dopo Rod Laver, Novack Djiokovic potrebbe infatti completare il grande slam, massima impresa nel mondo del tennis. In attesa di vedere se il grande Nole avrà successo (un grande in bocca al lupo al campione serbo) o la next generation riuscirà a fermarlo, è stato però il tabellone femminile ad attirare con insistenza la mia attenzione. Accanto alle “solite”, già note protagoniste, sono infatti emerse prepotentemente due nuove figure, Emma Raducanu (18) e Leylah (Annie) Fernandez (19).
Entrambe le ragazze, giovanissime, hanno impressionato non solo per la freschezza ed il talento, ma anche per la personalità da vere campionesse. Emma, britannica ma nata in Canada (a Toronto) da padre Rumeno e madre cinese è approdata alle semifinali del torneo avendo disputato anche le qualificazioni e vincendo, pertanto 8 partite sin qui. Tale impresa non era riuscita in precedenza a nessuna, e solo due giocatrici, poi divenute numero uno del mondo, Billie Jean King e Kim Clijsters, raggiunsero le semifinali con una classifica superiore al numero 100, come Emma oggi. Della Britannica mi hanno impressionato la completezza del gioco (dritto, rovescio bimane e servizio già notevoli) ed il gioco di gambe che le permette un timing eccellente, con anticipi costanti. E’ capace di “sedersi” pur di non indietreggiare, come la miglior Agnieszka Radwańska. Ha anche grande personalità e piglio da campionessa vera, con i quali ha letteralmente sopraffatto la neocampionessa olimpica Bencic nei quarti. Non aver concesso neppure un set in 8 incontri è segno non solo, ovviamente, di qualità generale ma anche di grande solidità mentale.

Leylah è fresca diciannovenne e la sua performance sin qui a New York ha impressionato non meno di quella di Raducanu. Canadese di origini ecuadoriane e filippine, ha stupito con il suo gioco, la personalità e la velocità di gambe. Il dritto mancino ad aprire il campo, seguito dal micidiale lungolinea ha fatto impazzire un’ottima Svitolina (numero 5 del mondo) nei quarti. Nel corso della partita, ha giocato un rovescio lungolinea slice in corsa (tecnicamente difficilissimo, grado 9 nella scala Mercalli del Tennis, come avrebbe detto il grande Rino Tommasi) che, onestamente, non vedevo sui campi femminili da molti anni. Superare Osaka, Kerber e Svitolina, sempre al terzo set, denota classe e temperamento, nonché una maturità fisica già sorprendente.

Entrambe riescono a giocare un gran tennis senza gemere o grugnire (finalmente!), non perdono tempo con l’asciugamano e sfoggiano un sorriso irresistibile. Non credo sia difficile pronosticare per loro una luminosa carriera ma provo a sbilanciarmi. Punteranno entrambe al vertice del ranking molto presto. Sperando di trovarle entrambe domani in finale (non me ne vogliano Sakkari e Sabalenka, loro avversarie) di sicuro, glielo auguro di cuore, come penso faranno tanti appassionati.

A New York è nata una stella… anzi, due.