Povera Italia. Certamente il pensiero che ci sfiora in quanto appassionati della maglia azzurra, alla vista di squadre ritenute inferiori sulla carta, che hanno invece il piacere di partecipare al torneo massimo - vedasi Panama, Iran, Costa Rica.

Seppur nel 6-1 rifilato dall'Inghilterra ai primi sopracitati faccia rumore l'ascesa nella classifica cannonieri di Harry Kane, rimane impressa l'immagine dei tifosi panamensi i quali all'unico gol segnato - per altro il primo nella sua storia nazionale - hanno sfoggiato una spensierata esultanza, ricca di entusiasmo, passione e devozione. Sentimenti che rendono il tifo qualcosa di superiore a dei semplici cori o applausi. "Cosa aveva da perdere d'altronde Panama alla sua prima scena mondiale?" Ci si potrebbe chiedere. Assolutamente nulla è la risposta. Ma se fosse proprio questo senso di appartenenza che manchi proprio alla nostra nazionale?

Di processi mediatici ne sono stati fatti a palate: si parlava di scaricabarile Tavecchio-Ventura, di giocatori sopravvalutati, di scarso potenziale, di poco aiuto dai club. Insomma tutti cercano delle scusanti senza focalizzarsi sul primo problema che va oltre la tecnica, il talento, la preparazione: la passione. Quella stessa che porta a esultare una nazione per un gol segnato a fronte di sei subiti.

Magari delle attenuanti andrebbero considerate nella disfatta italiana come poca concentrazione e determinazione dei giocatori, o le scelte di Ventura a straziare modulo e talenti con un 4-2-4 senza personalità e sbilanciato, con Insigne(una delle più grandi realtà del nostro movimento calcistico, fin qui troppo ignorato) relegato a centrocampo, e altro si potrebbe tirare in ballo. Ma quello che non si coglieva era la voglia di rendere un paese unito, di sovrastare chi ci considerasse sfavoriti  (Antonio Conte docet), di provare a vincere a tutti i costi con la forza del gruppo e non dei singoli. Insomma sono mancate l'appartenenza e l'umiltà di un ambiente troppo influenzato dall'ombra dei successi del 2006, dando spazio ad una eccessiva spocchiosità nell'affrontare squadre sulla carta inferiori.

Magari ripartendo dalla voglia di arrivare in alto sognando, e di essere una nazione spinta dalla passione con la coscienza di aver tanto su cui migliorare ma con delle solide basi da cui ripartire, l'Italia tornerà a fare la voce grossa nel mondo con la stessa spensieratezza di chi subisce sei gol e riesce a esaltarsi per farne almeno uno. 

Intanto si attende la rivoluzione del nostro movimento, senz'altro dovuta dalle circostanze; ma questa parte dal sentimento di rivalsa di ogni italiano: dal CT ai giocatori, dalla Federcalcio al popolo calcistico. La passione e il senso di appartenenza muovono un paese e lo rendono migliore, più unito. Forse è anche per questa mancanza che per tutti questi anni tutti gli altri aspetti del nostro paese non sono mai migliorati. Magari Panama sarà calcisticamente inferiore, ma ha tanto da insegnarci sui valori dello sport. 

Ripartire da zero, amando il nostro paese con tutte le sue controversie, con l'orgoglio di sentirsi italiani, ma non solo calcisticamente...