Premesso che la Juventus ha vinto meritatamente, anche avendo messo in campo il "minimo sindacale", all'indomani della finale la domanda è: pesa di più perdere una finale o il non averla giocata
In effetti, il Napoli di Gattuso ieri ha dato l'impressione di non aver giocato la partita. Squadra troppo contratta e timorosa, che non verticalizzava mai, non attuava nessun cambio di ritmo e, sopratutto, non mostrava cattiveria agonistica. Eppure "Ringhio" ne ha giocate di finali, sia da giocatore che da allenatore, eppure nessuno dei suoi attuali "adepti" ha mostrato in campo la grinta che ha contraddistinto il Gattuso calciatore. In particolare, Insigne. Giocatore tanto talentuoso, quanto fragile sul piano emotivo. Nelle partite che contano "sparisce" e quando è chiamato direttamente in causa, calcia un rigore in una maniera tale che ricorda "il braccino del tennista".

Ecco, forse risiede tutta lì la spiegazione della partita del Napoli di ieri sera, nel "braccino del tennista". Nel braccio di ogni tennista si combatte una ferocissima battaglia fra due forze contrapposte: quella dell’Io inconsapevole, che cerca di tirare il colpo a tutta forza, e quella dell’Io consapevole che frena il colpo. Tradotto in termini calcistici, potrebbe dirsi che la finale di ieri sera ha avuto l'epilogo che ha avuto perchè il Napoli è formato da giocatori non abituati ad affrontare "finali", per i quali, dunque, potremmo parlare di sindrome della "gambetta del calciatore".