Mai come negli ultimi il calcio è stato fonte di guadagno. Chi di noi non vorrebbe avere anche solo una piccola percentuale delle azioni di una società di Serie A? È inutile anche disquisire sul fatto che il calcio sia solo uno sport, un gioco e un’attività divertente e che girino troppi soldi. Rimbocchiamoci le maniche, lasciando perdere questi discorsi “da vecchi”, e proviamo a cambiare ciò che nel in questo sport non funziona molto bene. Concentriamoci su come migliorarlo in Italia a partire da questi 3 obiettivi:

1 - Rendere il tifoso un protagonista, non solo allo stadio
2 - Considerare i giovani la medicina del bilancio delle società
3 - Aumentare gli incassi derivanti dai social network

1) Perché rendere un tifoso un protagonista e non solo uno spettatore?
Il calcio senza i tifosi non può funzionare, ma allo stesso tempo bisogna incentivare il tifoso a contribuire alla storia della società, non solo intonando qualche coro e pagando il biglietto ma iniziando ad esserne direttamente proprietario. Tutti noi sappiamo con assoluta certezza che non possiamo ambire a possedere un’intera società, ma allo stesso tempo possiamo investire in questa industria, diventando tifosi-azionisti. Se quotare in borsa una società non basta, istituiamo degli incentivi per i tifosi. Questa idea non è una fantasia: il Fußball-Club Bayern München (forse complessivamente il miglior club sulla piazza in questo momento al quale ispirarsi) ma anche il Futbol Club Barcelona hanno molti tifosi-azionisti.
Forse il modo di porsi del tifoso-azionista potrebbe cambiare rispetto a quello attuale limitato che lo vede esprimersi, magari al bar, disquisendo su tutto e tutti quasi fosse un calciatore professionista o addirittura un famoso e competente allenatore. In verità, alcune scelte e posizioni del tifoso, organizzato o meno in gruppi, incidono già sulle posizioni delle società (per chi scrive spesso negativamente), d’altronde il tifoso è un cliente e quindi “ha sempre ragione”.

A mio avviso, Il principale problema del “tifoso comune” è che vuole tutto (vittorie e gloria per la sua squadra) e soprattutto subito. Pazienza, investimenti e progetti a lungo termine quindi sono spesso difficili da portare avanti dalle dirigenze qui in Italia. Ma se il tifoso potesse apprezzare i potenziali effetti di queste scelte a medio/lungo termine, magari nelle proprie tasche (aumento del valore delle azioni relative alla propria squadra del cuore) forse cambierebbe opinione?
Ispirandosi a modelli già in essere come quelli sopra citati, mi auguro che si possa assistere alla transizione dal “tifoso classico” al “tifoso-azionista/proprietario del club del cuore”. Personalmente in questo ipotetico nuovo ruolo sarei disposto ad investire nel calcio, nella mia squadra del cuore magari non aspettandomi nell’immediato un importante ritorno economico. Un tifoso-azionista si interesserebbe ai risultati molto di più, andrebbe allo stadio o, se impossibilitato, si abbonerebbe a piattaforme per seguire in diretta le partite, aumentando così il valore dei diritti TV che ormai rappresentano quasi il 60% degli incassi annui delle società di serie A.
Inoltre potrebbe accelerare il processo di privatizzazione delle strutture in particolare degli stadi. Non è certo un periodo in cui le società hanno tanti soldi da investire ma dobbiamo tenere conto che gli investimenti nelle strutture non è vincolato dalle norme del fair play finanziario, insieme al calcio femminile e ai settori giovanili.

2) Giovani: medicina dei bilanci dei club?
Già molte società, anche in Italia, investono nei settori giovanili. Atalanta, Milan e molti altri, solo per portare alcuni esempi. Alcuni sposano il modello “Milan” (ringiovanire “la rosa”, dare spazio in prima squadra ai giovani e abbinarli a giocatori di esperienza come Ibrahimovic e Mandzukic). Altri club invece preferiscono investire sui ragazzi ma solo per guadagnare una semplice plusvalenza, senza concedere loro spazio in partite ufficiali. L’Inter, per esempio, ha un settore giovanile non indifferente e ha da sempre formato grandi campioni; allo stesso tempo non lascia spazio ai giovani, preferisce farli giocare in prestito con altre squadre e poi venderli o tenerli in panchina. Pinamonti ed Esposito sono due esempi di gioiellini del vivaio Inter: Esposito, ora in prestito al Venezia, si è appena sbloccato in serie B segnando contro il Monza; vedremo se il prossimo anno potrà crescere in prima squadra con l’Inter e ci auguriamo che anche Pinamonti possa trovare spazio magari quest’anno (positivo in ottica nazionale).

Per i giovani serve tempo e lavoro, ma se emergono sono una risorsa importante e, secondo me, è necessario investire su di loro risparmiando così tra stipendi e acquisti nel mercato. Un giovane non dà la stessa sicurezza e le stesse prestazioni di un top player, ma può sostituire un giocatore discreto e migliorare magari diventando un top player lui stesso. Non sto criticando l’operato dell’Inter, anche perché hanno dato fiducia ad alcuni giovani, come per esempio Bastoni il quale sta migliorando molto, oltre ad aver acquistato giocatori come Barella e Hakimi, che sono molto giovani e preziosissimi già adesso.
Sto dicendo che bisogna “aprire” la prima squadra alle fasce giovani, anche se ciò è difficile per le big come per esempio l'Inter, e diventa complicato farle giocare nelle competizioni europee dove il livello è ancora più alto e la pressione è una costante. Le squadre che non sono favorite per il titolo in Italia dovrebbero puntare di più sui giovani del vivaio o fare delle campagne acquisti mirate in tal senso.

Un’altra idea potrebbe essere istituire (come in Spagna) una serie B formata dalle primavere delle squadre di serie A anziché dalle squadre attuali di serie B. In modo che la sezione primavera diventi molto importante e che i riflettori siano puntati sulle giovani promesse delle squadre le quali potrebbero regalare partite molto più interessanti di quelle attuali in serie B. Di tutto ciò ne beneficerebbe anche la Nazionale Italiana la quale potrebbe tornare a brillare sotto la bandiera tricolore come nel 2006.

3) Perché i social potrebbero cambiare la situazione attuale?
Ormai i social sono gli ambiti più gettonati dove farsi conoscere superando addirittura la televisione (in testa fino agli ultimi anni). I social non sono utilizzati da tutti e quindi con una pubblicità non puoi arrivare a tutte le fasce d’età, ma potresti raggiungere la fascia più giovane la quale in media passa ore e ore sui social ogni giorno e guarda sempre meno la televisione, ormai sostituita dalle piattaforme come Amazon Prime e Netflix, i quali potrebbero in un futuro prossimo comprare addirittura i diritti TV della seria A.
Tralasciando quest’ultimo aspetto, invito a immaginare come sarebbero le pagine delle società di calcio se investissero di più in questo settore. I contenuti molto spesso banali e non troppo interessanti potrebbero arricchirsi di codici promozionali con degli sconti per comprare prodotti delle aziende che fanno da sponsor al club. Potrebbero inserire dei quiz dove il vincente vince un biglietto allo stadio aumentando così le visualizzazioni delle pagine e incentivando a seguire le novità dei club che hanno pochissimi follower rispetto ai calciatori e agli altri personaggi famosi. Da aggiungere magari semplici sondaggi attraverso i quali interpellare i tifosi, i quali esprimerebbero l’opinione sul merchandising o sulle prestazioni dei calciatori. Questo renderebbe gli utenti-tifosi dei protagonisti e quindi aumenterebbero, oltre che le visualizzazioni anche i follower, i quali sarebbero più interessati nel seguire la pagina del club. Ancora, si potrebbe pensare a interviste esclusive ai calciatori del club, sia in attività che ritirati, e molto altro.
Ecco alcune idee per aumentare gli incassi anche dai social.

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