Sfilata di dirigenti della Juventus in procura nell’ambito dell’inchiesta che intreccia ultras e malavita organizzata. Ancora ieri, ne sono ascoltati due in veste di testimoni per spiegare relazioni e interessi comuni ai due mondi, e che sono al centro dell’ultima operazione antimafia della Dda piemontese. Uno «scenario preoccupante» è quello che emerge dalle carte dell’indagine. «Alti esponenti di una importantissima società calcistica (la Juventus, ndr) consentono, di fatto, un bagarinaggio abituale e diffuso come forma di compromesso con alcuni esponenti del tifo ultras»: scriveva il gip Stefano Vitelli nell’ordinanza di custodia cautelare che la scorsa settimana ha portato all’arresto di 18 persone indagate in prevalenza per associazione mafiosa. Nessuno di questi è un dipendente bianconero. Il gruppo della curva Scirea finito al centro dell’inchiesta dei pm Paolo Toso e Monica Abbatecola è quello dei “Gobbi”, nato nel 2013 quando Rocco e Saverio Dominello, referenti piemontesi del clan Pesce Belloccodi Rosarno, decidono di entrare nelbusiness del bagarinaggio. «Io voglio che voi state tranquilli e noi siamo tranquilli» dice Alessandro d’Angelo, il security manager della Juventus a Dominello il 21 febbraio 2014. Riassumendo in poche parole il «compromesso » accettato di buon grado dalla società per tenere a bada gli ultras. Ma nel caso dei “Gobbi” i proventi della rivendita dei biglietti, a prezzi anche triplicati, non finiscono nelle tasche dei tifosi. Secondo l’ipotesi d’accusa vanno direttamente nelle casse della ’ndrangheta. Il capo designato per i nuovi ultras, Fabio Farina, è intercettato proprio in quei giorni, e gli inquirenti registrano il suo palese disinteresse per la squadra quando parla al telefono con l’amico Giuseppe Selvidio, anche lui indagato. «Noi siamo dentro lo stadio dal 21, contro il Milan» annuncia Farina, mentre sono in corso le trattative per saldare i rapporti tra malavita e tifo. «Ma che fai vieni in curva tu il 21?» gli chiede Selvidio. «Eh se devo venire — risponde Farina — se prendiamo soldi sì, che cazzo me ne frega a me». «Conversazioni che dimostrano come il principale interesse — scrive il gip — non sia sportivo ma economico, e cioè quello di ottenere una quota dei biglietti delle partite più importanti e rivenderli a prezzi maggiorati». Compito della procura, adesso, è chiarire se i vertici della squadra sapessero con chi stavano trattando. Infatti nell’ordinanza si raccontano episodi che coinvolgono la società anche ad altissimi livelli. Come Giuseppe Marotta, l’amministratore delegato della Juve, che incontrò Rocco Dominello per organizzare il provino del figlio di un altro boss. O fece avere una busta di biglietti a Fabio Germani, il tifoso finito in carcere per aver introdotto i Dominello nel mondo Juve. Un testimone chiave su cui la procura contava per ricostruire i legami tra società, tifoseria e boss era Raffaello Bucci, il trait-d’union tra ultras e dirigenti, morto suicida il 7 luglio dopo essere stato ascoltato dai pm. Sulla sua misteriosa morte indagano le procure di Cuneo e Torino. Ma ieri l’autopsia non ha dato elementi nuovi utili per ricostruire le sue ultime ore. L’ex moglie ha raccontato agli investigatori che Bucci era finito nel mirino dei suoi ex compagni di stadio, i Drughi, dopo che la Juve lo aveva scelto come referente. Anche per raccontare la sua versione di questa vicenda sarà sentito il leader storico della curva bianconera, Dino Mocciola, che compare nelle carte dell’indagine come arbitro delle controversie tra gruppi.