Se il calcio è il gioco più bello del mondo è anche perchè ci fa essere tutti allenatori.
"Ma come fa a farlo giocare ancora?" "Pensa solo a difendersi!" "Bisognerebbe passare alle due punte"... E così via, con discussioni infinite sulla partita del giorno prima, coi giocatori da promuovere e da bocciare e con una figura che inevitabilmente finisce per essere criticata per non dire addirittura processata.
Sì, il mister. Colui che ha il compito di scegliere e che quindi è predisposto a sbagliare. Perchè al novantacinquesimo conta solo il risultato e , come si suol dire, chi vince ha sempre ragione e il pareggio è una mezza sconfitta. Metodologia di allenamento e preparazione alla partita, formazione titolare, schemi, modulo. Già, il modulo: 4-4-2, 4-3-3, 3-5-2, 3-4-1-2 e chi più ne ha più ne metta e pazienza se poi nelle aule di Coverciano spiegano che in realtà questo dovrebbe chiamarsi sistema di gioco, mentre il modulo rappresenta l'intenzione di schierare la squadra a uomo, zona o zona mista. 

Il "profano" modulo è croce e delizia di ogni allenatore. La scelta di come predisporre i giocatori della rosa a disposizione sul rettangolo di gioco influisce inevitabilmente sui risultati della stagione e della carriera di un tecnico.
Partendo dalla concezione che il modulo perfetto non esiste, perchè ogni disposizione presenta vantaggi e svantaggi e che questi possono aumentare o diminuire a seconda del modulo cui si vanno a contrapporre, è normale che ogni mister abbia delle simpatie particolari per alcuni moduli. Credo che il bravo allenatore sia quello che riesce ad elaborare il modulo di gioco dopo aver analizzato bene le caratteristiche dei suoi giocatori e le dinamiche con cui questi vengono a rapportarsi tra loro; tuttavia osserviamo da sempre una contrapposizione tra quelli che sono più o meno integralisti.
Un grande esempio di allenatore integralista è Zdenek Zeman: 4-3-3 sempre e comunque, per un allenatore che ha divertito tanto e fatto parlare tantissimo di sé (Venditti gli dedicò anche una canzone) ma vinto oggettivamente poco.
Di contro un allenatore che fa della versatilità uno dei suoi punti di forza è Massimiliano Allegri, che ha utilizzato diversi moduli in carriera, sia durante la stessa stagione che alla guida di squadre diverse, e ha vinto oggettivamente molto. L'Allegri in versione bianconera ha avuto l'intelligenza di proseguire il lavoro di Antonio Conte improntato sul 3-5-2 e poi ha pian piano inculcato le sue idee nella squadra, cercando di ricamare il vestito adatto alla propria rosa. E' passato stabilmente alla difesa a 4 e ha utilizzato diversi moduli, dal 4-3-3 al 4-2-3-1, non disdegnando di schierare anche l'amato trequartista, riproponendo quel 4-3-1-2 che gli garantì la salvezza col Cagliari nel suo esordio in serie A. La questione non sta tanto nella bontà del modulo, quanto altresì nella scelta che se ne fa in relazione al contesto-squadra.

Giampaolo e Di Francesco sono due allenatori che recentemente hanno pagato caro il loro integralismo, fallendo in più occasioni e alla guida di club diversi. 
Marco Giampaolo era finito nel dimenticatoio dopo alcune buone stagioni che lo avevano fatto conoscere al grande pubblico. Aveva addirittura dovuto ricominciare dalla serie C alla Cremonese prima che un grande intenditore come il presidente Corsi si decise di puntare su di lui per dare seguito all'ottimo lavoro di Maurizio Sarri sulla panchina dell'Empoli. 4-3-1-2 il modulo da portare avanti: Giampaolo risponde alla grande, le invenzioni di Saponara per il duo Maccarone-Pucciarelli garantiscono ai toscani un'altra salvezza tranquilla e aprono le porte all'avventura sampdoriana del tecnico cresciuto a Giulianova. Alla Samp Giampaolo "esporta" il 4-3-1-2, gli viene data la possibilità di scegliere giocatori e tempo per costruire: la casa blucerchiata dopo tre anni è bellissima, con un centrocampo che abbina la qualità di Praet e Jankto alla fantasia di Ramirez, capace di innescare il temibile tandem Defrel-Quagliarella. Giampaolo è ora uno dei tecnici più in voga e fa gola alle grandi. Ci punta il Milan, ma la scelta di riproporre il 4-3-1-2 si rivela sbagliata e lo si capisce già dalle prime giornate di campionato. Suso non si trova a suo agio nel ruolo di trequartista e i risultati sono al di sotto delle speranze per un tecnico che aveva portato tante aspettative anche dal punto di vista del bel gioco. Giampaolo cestina tutto il lavoro del precampionato, corre ai ripari e passa al 4-3-3. La squadra mostra solo tanta confusione e per il "maestro" scatta l'esonero.
L'anno seguente cede alla corte di Cairo e diventa l'allenatore del Torino. La rosa è da tempo improntata su giocatori fisici, ci sono tanti esterni di qualità e i difensori sono abituati a giocare a 3. C'è poco tempo per preparare la stagione, di acquisti ne arrivano pochini e l'idea di riproporre il bel gioco e il 4-3-1-2 in una piazza che richiede alla sua squadra grinta e cattiveria si rivela sbagliata. Ben presto si ritrova nei bassifondi della classifica e troppo tardi si decide a modificare l'assetto, riproponendo quel 3-5-2 tanto caro alla causa granata, che garantirà la salvezza sotto la guida di Nicola. Giampaolo è ancora esonerato. 
Anche Eusebio Di Francesco rischia di aver rovinato, con le ultime negative stagioni, il grande credito di stima che si era guadagnato con gli addetti al lavoro. Figlioccio di Zeman, fa bene a Pescara prima di generare il gioiello Sassuolo, che porta dalla serie B alle porte dell'Europa. 4-3-3 il modulo d'ordinanza col tridente che ha dato lustro e fama a giocatori come Berardi, Zaza e Sansone, senza dimenticare Politano. Il Sassuolo del compianto presidente Squinzi diventa una certezza nella massima serie grazie soprattutto al lavoro del tecnico, capace di coniugare bel gioco e risultati. Lo chiama la Roma, dove c'è materiale per riproporre il 4-3-3 del fedelissimo Zeman: Nainggolan come interno di spinta, Dzeko da punta centrale e sugli esterni una batteria di tutto rispetto formata da Perotti, Under e El Shaarawy. Un'avventura che non si può considerare negativa in una piazza dove è difficilissimo far bene, se si considera che il mister pescarese porta i Lupacchiotti alla semifinale di Champions League dopo aver eliminato il Barcellona con una gara da urlo.
E qui mi piace mettere i puntini sulle i.
La Roma deve recuperare l'1-4 dell'andata e per compiere l'impresa Di Francesco cambia le carte in tavola, propone un 3-5-2 che manda a vuoto le iniziative di Messi&Co e regala al pubblico giallorosso un 3-0 che ha il sapore di storia. La domanda che ne consegue è lecita. Perchè la fantasia strategica mostrata per annientare i mostri blaugrana si deve scontrare con la tafazziana fermezza di voler imporre idee e modulo "storico" in contesti assolutamente poco consoni? Un errore schierare la Sampdoria col 4-3-3 facendo fare a Ramirez l'attaccante esterno e a un ormai anziano Quagliarella la punta centrale, lui che ha bisogno di dialogare con un compagno vicino per dare il meglio di sè. La storia si ripete a Cagliari. Il miglior giocatore della squadra, Joao Pedro, è una seconda punta e Difra lo imposta come esterno offensivo del tridente, di fatto allontanandolo dalla porta. La difesa è abituata a giocare a tre e lui la imposta a quattro. Il coronavirus fa il resto, a causa della pandemia c'è pochissimo tempo per preparare la stagione e azzardare cambiamenti pare essere la scelta meno intelligente. Di fatto due buchi nell'acqua e due stagioni, quelle del 2019/20 e del 2020/21 finite anticipatamente per la testardaggine di voler per forza costruire la squadra col 4-3-3 anche in mancanza di giocatori idonei.
A Verona, stagione attuale, prova a mettere da parte il modulo preferito per proseguire il lavoro di Juric, che ha stupito tutti con un gasperiniano 3-4-2-1. La rosa è pressoché la stessa e quindi l'idea di base è giusta, ma, un po' come quando non ti trovi a tuo agio nell'indossare le mutande di un altro, le cose non vanno benissimo e il mister paga con un altro esonero, stavolta decisamente frettoloso.

Uno che viene tacciato di essere un allenatore radicale, una sorta di "talebano" per alcuni, è Maurizio Sarri. Tutti ricordano lo spettacolare 4-3-3 del Napoli dei piccoletti, il manifesto del Sarrismo. In pochi come ci si è arrivati. Sarri giunge a Napoli dopo l'annata di Empoli, che lo ha consacrato al grande calcio una volta ottenute promozione e salvezza alla guida dei toscani. 4-3-1-2 con la coppia Rugani-Tonelli dietro, la regia di Valdifiori e le giocate del trequartista Verdi a infiammare i sempreverdi Tavano e Maccarone, due che non hanno mai dimenticato come si bucano i portieri avversari. Sarri è convinto di esportare all'ombra del Vesuvio l'amato 4-3-1-2, ma qualcosa non funziona e il tecnico se ne accorge in tempo; Hamsik gioca troppo lontano dalla porta, Insigne trequartista non funge perchè lo scugnizzo ama partire da sinistra, Higuain è una punta centrale e quindi poco affine a spartirsi lo spazio con un attaccante vicino come Mertens e Callejon, e proprio quest'ultimo rende meglio come esterno offensivo. Così, dopo un precampionato balbettante e una manciata di partite di campionato poco convincenti, il mister cambia e così cambia anche la stagione dei partenopei.
E' il 17 Settembre 2015, Europa League. Il Napoli devasta 5-0 il Bruges col 4-3-3, tridente con Callejon, Higuain e Mertens (Insigne), e non si ferma più. Terzo posto finale e Higuain capocannoniere col record di 36 gol, ma soprattutto un gioco spumeggiante che fa divertire e innamorare i tifosi. L'anno seguente Higuain viene ceduto alla Juve e per sostituirlo viene acquistato Milik. Il polacco sembra trovarsi subito a suo agio, ma un brutto infortunio lo toglie di mezzo e Sarri deve inventarsi qualcosa: sposta Mertens nel ruolo di punta centrale e partorisce un'altra meraviglia. Il belga non smette più di segnare, le difese avversarie non sanno come affrontare questo tridente atipico dei piccoletti (Callejon Mertens Insigne) che porterà un altro terzo posto e poi addirittura a sfiorare lo scudetto l'anno venturo. 
Anche nelle esperienze future Sarri dimostra di sapersi adeguare alle situazioni e soprattutto ai giocatori migliori che ha a disposizione, pur senza rinunciare ai suoi concetti di gioco. Hazard al Chelsea e soprattutto Cristiano Ronaldo alla Juve, sono due giocatori che spostano gli equilibri e sono molto accentratori. Il mister mostra l'intelligenza e la capacità di non imbrigliarli nei fatidici schemi. Il gioco di londinesi e bianconeri non è lontanamente paragonabile a quello mostrato nel triennio di Napoli, ma in bacheca a fine stagione ci sono Europa League col Chelsea e scudetto con la Juve. Per uno che era abituato a divertire tanto e vincere poco un'inversione di tendenza non troppo fastidiosa.

Anche Antonio Conte, tanto per rimanere in tema di tecnici top, è un allenatore che ha saputo utilizzare più di un modulo alla guida di squadre diverse, sia in Italia che all'estero e anche nell'ambito di una Nazionale. Il suo modulo preferito è sicuramente il 3-5-2 e laddove c'erano le possibilità lo ha forgiato sulla rosa a disposizione, ma la sua intelligenza calcistica lo ha portato a fare scelte differenti e raramente ha fallito. Agli esordi in Serie B stupisce gli addetti ai lavori per il 4-2-4 superoffensivo con cui centra una doppia promozione alla guida del Bari prima e del Siena poi. I poker offensivi? Alvarez, Kutuzov, Barreto e Rivas per i pugliesi. Reginaldo, Calaiò, Caputo e Brienza per i toscani Chiamato a risollevare le sorti del suo grande amore, la Juve, capisce ben presto che questo sistema male si addice a Del Piero e compagni. In particolare mette Pirlo al centro di un progetto che per essere credibile deve presupporre un centrocampo a 3 che esalti le caratteristiche del faro del centrocampo bianconero, non più giovanissimo e quindi bisognoso di compagni che corrano anche per lui. Conte parte dal 4-3-3 dove l'ex rossonero è il fulcro di un centrocampo completato dal furore agonistico di Marchisio e Vidal. Davanti è spesso Matri la punta centrale, con Pepe e Vucinic ai lati. Strada facendo lo modifica in quel 3-5-2 che sarà alla base dei successi dei bianconeri, che con Conte vinceranno tre scudetti consecutivi. Dietro nasce la BBC, con Barzagli, Bonucci e Chiellini a non far passare nemmeno una mosca davanti a Buffon. E davanti proprio Del Piero avrà modo di trovare delle giocate vincenti nella sua posizione preferita.
L'ultima Juventus contiana, in particolare, raggiunge il prestigioso record di punti col tandem offensivo composto da Llorente e Tevez, mentre come interno di centrocampo comincia a trovare sempre più spazio un potenziale campione come Pogba.
Accantonata l'avventura in bianconero, Conte si getta a capofitto sulla possibilità di allenare la Nazionale. Un ruolo che male si addice a uno come lui, abituato a respirare l'aria di campo quotidianamente. Tuttavia i risultati saranno dalla parte del selezionatore, capace, col poco tempo a disposizione, di dare un'anima precisa e distinta a un 3-5-2 che davanti a Buffon e alla BBC può contare su giocatori decisamente poco altisonanti, come De Sciglio, Sturaro, Giaccherini o Pellè. Gli azzurri escono a testa altissima dall'Europeo del 2016, con la soddisfazione di aver eliminato la Spagna e aver giocato alla pari con la Germania, vittoriosa sugli azzurri solo ai rigori nei quarti di finale. Per Conte è il momento di scegliere la pista straniera.
Approda in Premier e sulla panchina del Chelsea vince il campionato al primo colpo. Il tecnico leccese estrae dal cilindro il 3-4-3: Diego Costa è il terminale offensivo di una manovra che beneficia della corsa di Kante in mezzo al campo, e delle giocate fantasiose di Willian e Hazard tra le linee. Una campagna acquisti deficitaria e qualche frizione di troppo con la presidenza metterà fine alla sua permanenza alla guida dei londinesi; Conte torna in Italia nel 2019 e sceglie l'Inter, che lo convince a suon di milioni e con una campagna acquisti che segue i suoi dettami. L'obiettivo è scippare il trono alla Juventus pluriscudetata. Conte si affida al proverbio: nel primo anno semina, portando comunque la squadra al secondo posto in campionato e in finale di Europa League, e nel secondo raccoglie, riportando lo scudetto nella Milano nerazzurra. Riscopre l'amato 3-5-2 e crea una squadra che gioca a memoria, con Brozovic lanciato stabilmente da play, le scorribande di Hakimi sulla fascia destra, l'immarcabile coppia Lautaro-Lukaku. Un lavoro eccezionale che un dirigente di grandissima intelligenza calcistica come Marotta ha deciso di portare avanti scegliendo Simone Inzaghi sulla panchina nerazzurra. Quest'ultimo, reduce da ottime stagioni alla guida della Lazio, ha proprio nel 3-5-2 il suo cardine e ha approcciato molto bene la sua avventura interista, pur con una squadra modificata in qualche interprete e con una tattica caratterizzata da meno schemi e maggiore libertà di pensiero.

Un altro nome che spendo volentieri è quello di Alessio Dionisi. Giovane ma già protagonista di una bella gavetta, la scorsa estate è sulla bocca di tanti dopo aver riportato l'Empoli in serie A. Modulo? Manco a dirlo è il 4-3-1-2, marchio di fabbrica della società toscana, e il condottiero Dionisi si contraddistingue per aver dato un'impronta precisa a una squadra piuttosto giovane che gioca a memoria. La spunta il Sassuolo, che cerca un degno sostituto per proseguire l'ottimo lavoro di De Zerbi, nel contempo emigrato in Ucraina. Il capitano Berardi, il lucido talento ancora inespresso di Boga, Raspadori e Scamacca, un trequartista di ruolo come Djuricic.  Dionisi studia il modo di farli coesistere senza perdere l'equilibrio di squadra. Lascia da parte il 4-3-1-2, lavora sul 4-2-3-1 Dezerbiano ma anche sul 4-3-3, si guadagna il ruolo di ammazzagrandi facendo bottino pieno a San Siro col Milan e all'Alianz con la Juve, con una squadra sempre propositiva che mette in mostra quei ragazzi terribili che a fine stagione verranno presumibilmente ceduti a delle "big". E'l'approccio a fare la differenza, la lucida capacità di cogliere se un opportunità possa fare al caso delle idee dell'allenatore chiamato in causa. Ed è palese che la versatilità giochi un ruolo importante nell'innalzare le possibilità che questa avventura si riveli proficua. Sono in pochi gli allenatori che possono beneficiare di acquisti mirati alla costruzione di un modulo di preferenza. La maggior parte si deve adeguare con il parco-giocatori che c'è e chi si dimostra più abile nell'amalgamarli con un modulo idoneo di solito fa più strada e raccoglie maggiori riconoscimenti.

Un grande uomo di calcio, col torto di non essere famoso, diceva ai suoi giocatori di chiudere gli occhi e poi di andare ad occupare sul campo una posizione. L'istinto li avrebbe portati nella loro zona di competenza, là dove potevano mostrare il meglio delle loro capacità.
Il calcio è talmente meraviglioso che sa essere nello stesso tempo complesso e semplice: metti i giocatori al loro posto e vedrai che sei già a buon punto...